Numero 13/14 - 2017

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Claudio Baldoni, L’insegnamento del Disegno nella scuola italiana postunitaria. L’istruzione scientifica. L’istruzione tecnica nel settore costruzioni, Roma, Aracne, 2006

di Rodolfo Maria Strollo

Presentazioni di Diego Maestri e Aurelio Simone
Roma, Aracne, 2006, pp. xxvi – 152

La questione della didattica del Disegno nella scuola secondaria è, da tempo, un punto dolente nella situazione culturale di questa disciplina. Presso molti “esperti” di educazione, infatti, alla vecchia tendenza di considerare questo insegnamento più in chiave artistica ed espressiva che conoscitiva – con il corollario del luogo comune per cui disegnare sarebbe attività riservata a pochi predisposti – si è più recentemente aggiunta la presunzione che il Disegno debba essere sostituito dalle applicazioni della grafica informatizzata (e che il luogo per l’apprendimento di queste sia l’insegnamento dell’informatica). Tale idea si basa evidentemente sull’aver implicitamente identificato la disciplina con una serie di procedimenti applicativi, trascurando del tutto la necessità di sviluppare gli specifici processi mentali che consentono di governarli: fraintendimento che, significativamente, non si è riscontrato – almeno a quanto ci risulta – a proposito di alcun altro ambito disciplinare.
Conseguenza ne è stata che una notevole quantità di studenti esce da non pochi percorsi formativi senza aver ricevuto alcuna specifica formazione in proposito e quindi senza essere in grado di gestire consapevolmente le molteplici forme di comunicazione visiva del mondo contemporaneo.
L’Autore di questo volume ha una lunga esperienza sia nell’insegnamento in diversi indirizzi dell’istruzione secondaria superiore sia nella ricerca in ambito accademico, con particolare relazione proprio alla didattica del Disegno: l’opera è frutto anche delle sue esperienze svolte presso il Dipartimento di Rappresentazione e Rilievo (oggi Radaar) dell’Università di Roma La Sapienza, con la partecipazione a varie attività di ricerche coordinate dal prof. Cesare Cundari, e successivamente nelle attività della Scuola IaD (e-Learning) dell’Università di Roma Tor Vergata.
Il volume, dopo le presentazioni dei professori Aurelio Simone e Diego Maestri, contiene un’introduzione metodologica nella quale viene efficacemente illustrato lo specifico contributo che il Disegno offre (o piuttosto potrebbe offrire) alla formazione secondaria. L’esposizione seguente è divisa in due parti. La sintesi storica contenuta nella prima parte presenta le vicende di quelle che oggi definiamo “discipline della rappresentazione” nella scuola italiana, dalla legge Casati del 1859 sino alle vicende che portarono, tra il 1961 e il 1972, alla liberalizzazione dell’accesso alle facoltà universitarie. La seconda è dedicata all’esame specifico di due periodi: quello tra il 1868 e il 1876 – che viene approfondito rispetto alla trattazione della prima parte – e quello costituito dagli ultimi decenni, con un inquadramento delle diverse proposte di riforma susseguitesi (vicende delle quali l’Autore ha, almeno in parte, diretta esperienza per aver partecipato, a suo tempo, ai lavori della “Commissione Brocca”).
Nella prima parte risulta interessante osservare come le nuove idee provenienti dall’istruzione scientifica e tecnologica sviluppatasi negli anni precedenti in Paesi europei più avanzati, abbiano all’epoca prodotto nuovi punti di vista sul Disegno anche in Italia, a partire dall’unificazione nazionale e con l’istituzione dell’Istruzione tecnica nei livelli secondario (scuole e istituti tecnici) e universitario (politecnici). Tutto questo processo di rinnovamento, che aveva condotto a risultati anche interessanti pur seguendo un andamento alterno, sembra essersi arrestato con la riforma Gentile del 1923; questa tuttavia – pur nella concezione idealista cui era ispirata – aveva lasciato uno spiraglio coincidente con l’insegnamento di Disegno nel liceo scientifico; occasione meglio caratterizzata nel 1936 dai programmi ministeriali nella cui redazione ebbe un probabile influsso – secondo una verosimile ipotesi adombrata dall’Autore – Gustavo Giovannoni.
Le successive vicende di questo insegnamento, che rappresenta tuttora l’unica presenza di una disciplina riconducibile alla Scienza della Rappresentazione in tutta l’istruzione secondaria non specialistica, non sono tuttavia particolarmente confortanti, tanto che esso è a forte rischio di sparizione in una eventuale futura riforma.
Particolarmente interessante è l’analisi dedicata al lasso temporale tra il 1868 e il 1876, periodo nel quale si tentò di porre le basi per un percorso educativo tecnico che si sviluppasse dal primo grado dell’istruzione secondaria (scuole tecniche) sino all’istruzione superiore (politecnici). In tale contesto, l’insegnamento del Disegno avrebbe dovuto assumere un ruolo centrale, secondo l’intendimento delle personalità – alcune delle quali assai rilevanti (come Domenico Berti, Giuseppe Colombo, Pietro Selvatico Estense, Quintino Sella) – che posero mano al progetto di riforma. Purtroppo, per una serie di motivi ben illustrata nel volume, tale progetto si attuò solo parzialmente, non senza dar luogo, tuttavia, a due esiti editoriali di rango quali i trattati di geometria proiettiva di Luigi Cremona e di Ferdinando Aschieri.
L’ultima parte del volume, nell’esporre le vicende più recenti, evidenzia come non si sia ancora conseguita, al livello secondario, una chiara consapevolezza epistemologica degli insegnamenti della Rappresentazione, mostrando come alcune proposte di qualità nel settore dei programmi disciplinari siano emerse quasi a forza e grazie all’iniziativa di alcuni singoli, in un quadro complessivo tutt’altro che confortante e tale da lasciare serie preoccupazioni per il futuro. Come giustamente osserva l’Autore, tuttavia, non bisogna abbandonarsi alla sfiducia, «perché un’idea giusta finisce sempre, a lungo termine, per dimostrare la propria validità». E l’idea che l’insegnamento del Disegno offra un contributo insostituibile alla formazione giusta lo è di certo, tanto che inizia ormai a recuperare spazio nella coscienza comune, anche se ancora stenta ad affermarsi presso talune autorità scolastiche.

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