Nell’impostare il mio insegnamento di Didattica generale a Tor Vergata ho dovuto innanzitutto scontrarmi con un problema di quantità, problema piuttosto diffuso nelle aule universitarie: gli studenti che dovevano (e che devono) sostenere il mio esame si aggirano di solito intorno ai 120-130. Un numero non altissimo, ma ragguardevole se affrontato da solo. A questa difficoltà, se ne aggiunge un’altra, anche essa comune: come valutare l’apprendimento dei miei studenti? Visti i numeri si sarebbe portati a propendere per qualcosa di strutturato, come un test a risposta multipla, ma certo la qualità della valutazione ne risentirebbe in modo sostanziale. Ultima, ma non meno importante, una questione legata alla motivazione degli studenti, non facilmente “manipolabile”, ma in buona misura dipendente dal grado di partecipazione previsto nel loro percorso di apprendimento. Tre sono dunque le questioni principali che hanno guidato le mie scelte progettuali.
La difficoltà di gestione di numeri elevati mi ha condotto a due decisioni. La prima, di carattere tecnologico, è stata l’uso sistematico di un ambiente di formazione online che mi ha consentito di potenziare e supportare la dimensione comunicativa, quella informativa e quella valutativa dell’impianto didattico. L’uso di un ambiente online offre uno spazio di interazione molto più ricco di quanto è concesso nell’ambito ristretto di una lezione universitaria: le due ore di lezione, ripetute ad una certa distanza nell’arco di un certo periodo, spesso non bastano a dedicare sufficiente attenzione ad approfondimenti, chiarimenti, riflessioni degli studenti, e non lasciano il tempo per una loro partecipazione attiva[1]. Inoltre, è possibile rendere disponibili materiali didattici anche per chi non ha potuto frequentare e chi era assente in certi giorni di lezione.
La seconda decisione è stata invece metodologica, e prende spunto dalle teorie costruttiviste e dal cooperative learning. L’idea di una didattica trasmissiva, basata su una comunicazione quasi esclusivamente unidirezionale (docente > studente), e figlia di una cornice mediale (la stampa) ormai sopravanzata da almeno altre due cornici (elettricità/audiovisivo e digitale), è da molti anni in crisi[2]: la società è cambiata, è cambiata la cultura, la tecnologia, l’economia, la modalità relazionale tra le persone. Se la rete è oggi al tempo stesso metafora ed infrastruttura portante di queste dimensioni umane, l’ambito educativo/istruttivo (dalla scuola all’università) fatica a restare al passo, ancorato ad una concezione libresca dell’insegnare. Credo sia importante non sostituire e sovvertire completamente questo impianto, ma accompagnarlo con altro sì, farlo dialogare con un’impostazione che dia spazio e voce alle conoscenze già possedute dagli studenti, in modo che possano vivificarsi, confrontarsi, scontrarsi, in una prospettiva di costruzione comune del sapere[3]. La scelta di far lavorare in gruppo gli studenti, almeno quelli frequentanti, facilita da un lato lo scambio e la condivisione tra di essi, e dall’altro il lavoro del docente, richiamato a supervisionare, suggerire, sollecitare, gestendo non cento individui, ma dieci, quindici, venti insiemi.
All’egida costruttivista appartiene anche il concetto di apprendimento significativo, concetto che deve buona parte della sua efficacia anche al grado di partecipazione lasciato allo studente nella selezione dei contenuti di apprendimento (se si vuole che egli/ella reputi carico di significato un contenuto deve poterlo introdurre nel suo contesto esistenziale). Per accogliere questo concetto ho provato a mettere in relazione l’ambito educativo con quello ludico, e più precisamente videoludico. Che tra educazione e gioco ci siano forti assonanze è opinione ampiamente accolta e studiata[4]. Una delle game designer più note, Jane McGonigal, ci dice che 4 sono gli elementi costitutivi di un gioco: un obiettivo ben definito da raggiungere, delle regole da rispettare, un sistema di feedback che restituisca continue informazioni sull’andamento del gioco e la volontarietà della partecipazione[5]. Tre di questi elementi tipicamente ludici sono in realtà anche tipicamente didattici: ogni docente deve precisare degli obiettivi, determinare alcune regole (cosa fare, quando farlo, con chi farlo, come farlo, etc.) e definire un sistema di valutazione che dia feedback allo studente sulla qualità del suo apprendimento. Su questa affinità ho impostato l’articolazione del mio corso nell’ambiente online. Al di là delle slides delle lezioni in aula, tutti i materiali didattici messi a disposizione (ipertesti di sintesi di cinque dimensioni della didattica, articoli e saggi di approfondimento) sono stati pensati come non obbligatori: ognuno può decidere cosa approfondire, cosa studiare, venendo incontro a quella libertà di esplorazione tipica dei videogiochi, per cui esistono missioni principali e missioni secondarie, e non è necessario svolgere tutto per poter concludere il gioco.
Questa scelta ne ha comportata un’altra, di carattere docimologico. Il voto finale doveva tener conto di tutto questo percorso, e l’unico modo per farlo era quello di ripensare la logica del voto in trentesimi. Più che un ripensamento c’è stata una vera riflessione: perché 30? Qual è il motivo di questo voto? Personalmente non me l’ero mai chiesto, e facendo qualche ricerca ho trovato che si trattava della somma di tre voti distinti, dati dai tre professori che esaminavano – fino agli anni ’70 del ‘900 – gli studenti universitari. La fonte trovata[6] non è di particolare autorevolezza, in quanto non fornisce dati né altre fonti di supporto, ma mi ha comunque permesso di ragionare sul fatto che quel 30 non è semplicemente l’espressione esclusivamente soggettiva di un giudizio, ma un qualcosa di composito, che tiene insieme diversi punti di vista. Sempre in linea con l’orizzonte videoludico, ho allora scomposto il mio impianto didattico in tanti elementi in grado di fornire una quota del voto finale: ad ogni prova di verifica, e ad alcune attività, è stato assegnato un punteggio, diverso a seconda della difficoltà e dell’impegno richiesto. Anche le prove sono state diversificate: due test a risposta multipla di 30 domande sulle lezioni e sui libri in programma (due tentativi a disposizione per ogni test); un test a risposta multipla per ognuno degli approfondimenti, di 5 domande (1 tentativo secco da rispondere in 5 minuti). Queste le prove in comune tra frequentanti e non frequentanti. Poi, a seconda dei casi, due prove di gruppo o due prove individuali.
I frequentanti, suddivisi in gruppi, hanno avuto un mese di tempo per presentare una ricerca su un tema scelto tra quelli caratteristici del corso e che io non ho avuto modo di approfondire durante le lezioni: un primo lavoro è consistito nella stesura di un report sulla ricerca svolta; il secondo lavoro è stato la presentazione al resto dell’aula dei risultati della ricerca, attraverso una modalità libera (c’è chi ha preferito il classico Power Point, chi ha girato un video drammatizzando il tema, chi ha girato un video di interviste, chi ha fatto una sorta di performance teatrale occupando l’intero spazio dell’aula). Il voto al report è stato assegnato da me, quello sulla presentazione è stato invece l’esito di una valutazione intersoggettiva: il mio voto ha infatti fatto media con quello che ogni gruppo ha dato agli altri gruppi, facendo sì che la valutazione di un gruppo fosse l’espressione di circa 70-80 persone: qualcosa di abbastanza vicino all’asintoto dell’oggettività. Nel caso degli studenti frequentanti si è giunti alla produzione e alla valutazione attraverso una negoziazione durante tutte le fasi del processo: gli argomenti da approfondire sono stati infatti individuati grazie ad un confronto collettivo (ho chiesto a tutti gli studenti di indicare due argomenti chiave del corso, procedendo poi ad una sorta di spoglio delle preferenze); il voto assegnato da ciascun gruppo è stato invece il risultato di una rubrica valutativa costruita insieme, dove sono state identificate le aree, i criteri, gli indicatori: ogni gruppo sapeva insomma da subito, da prima di procedere nella ricerca, come sarebbe stato valutato, e anzi ha contribuito attivamente alla definizione di quel come. È a mio avviso fondamentale andare oltre l’opacità del voto, spesso poco comprensibile, per farne emergere il senso e la logica attributiva: sapere sin dall’inizio su cosa si sarà valutati aiuta a prendere responsabilità e consapevolezza verso il proprio apprendimento[7].
Il lavoro dei non frequentanti è invece stato pensato nella logica individuale, sia per andare incontro alle disponibilità di tempo che spesso impediscono ad alcuni studenti di frequentare, sia per consentirmi una gestione più agevole di un’utenza meno controllabile di quella frequentante. Le tipologie dei due lavori sono state però mantenute: una prova scritta, da caricare online, su un tema concordato con me (anche qui, dunque, un minimo di negoziazione); una prova orale, basato in parte sulla ricerca e in parte sul resto del corso.
A chiusura di questa complessa articolazione ho introdotto anche un forum di discussione, aperto per due mesi, in cui sia frequentanti che non frequentanti sono stati chiamati a dibattere su temi lanciati da me con cadenza periodica (circa uno a settimana). Il ruolo del forum è duplice: innanzitutto è il luogo del confronto per eccellenza, in cui gli studenti possono dare libero sfogo alla propria volontà di espressione e di partecipazione (non tutti ovviamente, anzi molti hanno partecipato solo perché in qualche modo richiesto da me); inoltre, attraverso la scrittura degli interventi ho avuto la possibilità di avere dati aggiuntivi sui singoli partecipanti, ovvero la capacità argomentativa, la capacità di scrittura, la correttezza ortografica, l’originalità: tutte informazioni che mi hanno consentito di sciogliere dubbi su alcune valutazioni finali, riservandomi dunque un minimo di discrezione sulla logica ferrea della somma matematica dei vari punteggi.
In sintesi, l’articolazione dei punteggi è riassumibile nelle seguenti tabelle:
Due note esplicative: la prima riguarda la voce Lezioni online. Si tratta delle raccolte ipertestuali in cui vengono sintetizzati alcune aree tematiche riguardanti la Didattica generale, e che riprendono – approfondendole – molte delle cose dette a lezione. Per poter avere un minimo di controllo sull’effettiva visione da parte dello studente, sono state impostate in modo che al loro interno si trovino di tanto in tanto delle domande di controllo: se si risponde bene si prosegue altrimenti si ritorna alla pagina precedente. Sono, in fondo, versioni attualizzate delle teaching machines comportamentiste, e svolgono dunque anche la funzione di autoregolare il grado di concentrazione e di attenzione dello studente.
La seconda nota ha a che fare con la somma finale dei punteggi, che eccede il 30 come massimo dei voti. Come detto, allo studente è lasciata la possibilità di decidere entro un certo limite cosa fare, se e cosa approfondire: può scegliere di non fare la tesina, o non fare l’orale, o non partecipare al forum, o fare solo alcuni dei test: ovviamente, più saranno le prove a cui si sottoporrà, più alta sarà la possibilità di ottenere un buon voto. E questo voto, lo ripeto, sarà l’esito di diverse dimensioni valutative (oggettiva, soggettiva e – per i frequentanti – intersoggettiva), di diverse tipologie di prove (strutturate, semistrutturate, aperte), di diverse modalità (individuale e collettiva, scritta e orale).
Tutto questo non sarebbe possibile senza uno strumento di gestione come un ambiente online, che vada oltre lo spazio/tempo fisico dell’aula e tenga traccia dell’attività di chi sta studiando, ed è frutto – a diversi gradi e a seconda dei casi – di un confronto continuo con gli studenti.
Riferimenti bibliografici
Carletti A., Varani A., Didattica costruttivista. Dalle teorie alla pratica in classe, Trento, Erickson, 2005
Castoldi M., Valutare le competenze: percorsi e strumenti, Roma, Carocci, 2009
Ceccherelli A., Le piattaforme di e-learning nell’era 2.0. Manualetto teorico-pratico sull’opportunità di un ambiente formale di apprendimento online, Roma, Edicampus, 2012
Maragliano R., Pireddu M., Storia e pedagogia nei media, Roma, Garamond Didattica Digitale, 2014
McGonigal J., La realtà in gioco. Perché i giochi ci rendono migliori e come possono cambiare il mondo, Milano, Apogeo, 2011
Rosati N., Pedagogia e didattica del gioco, Roma, Multidea, 2011
Staccioli G., Il gioco e il giocare. Elementi di didattica ludica, Roma, Carocci, 2008
- Ceccherelli A., Le piattaforme di e-learning nell’era 2.0. Manualetto teorico-pratico sull’opportunità di un ambiente formale di apprendimento online, Roma, Edicampus, 2012 ↩
- Maragliano R., Pireddu M., Storia e pedagogia nei media, Roma, Garamond Didattica Digitale, 2014. Edizione Kindle ↩
- Carletti A., Varani A., Didattica costruttivista. Dalle teorie alla pratica in classe, Trento, Erickson, 2005 ↩
- Rosati N., Pedagogia e didattica del gioco, Roma, Multidea, 2011; Staccioli G., Il gioco e il giocare. Elementi di didattica ludica, Roma, Carocci, 2008 ↩
- McGonigal J., La realtà in gioco. Perché i giochi ci rendono migliori e come possono cambiare il mondo, Milano, Apogeo, 2011 ↩
- http://www.ilvivipadova.it/voto-trentesimi-uneredità-del-passato ↩
- Castoldi M., Valutare le competenze: percorsi e strumenti, Roma, Carocci, 2009 ↩