Introduzione
La trattazione sviluppa il tema dell’incontro/scontro con le tematiche dell’alterità nell’orientamento sessuale alla luce della Terza Missione universitaria, attraverso l’esposizione di alcuni lavori pedagogici con cui si è contribuito all’analisi del fenomeno gender a scuola, svolti presso l’Università Tor Vergata di Roma e in collaborazione con altre università italiane.
Quanto verrà illustrato potrà apparire auoreferenziale e quindi limitato perchè originatosi da una serie di ostacoli che presenta ancora oggi la trattazione su base scientifica di argomenti connessi con ‘l’educazione e il genere’ all’interno della scuola ; vuole peraltro costituire un invito, rivolto ad accademici e a tutte le componenti del sistema scolastico, a dismettere timori e paure, per lanciarsi in una sfida appassionante e di grande spessore etico: una risposta adeguata alle stimolazioni del gender e di tutte le sfaccettature che ne connotano la complessità, appare doverosa e caratterizzante l’attività accademica, nonostante la asserita delicatezza del tema, spesso richiamata come elemento ostativo all’analisi del fenomeno e delle sue implicazioni, che va superata attraverso una speculazione rispettosa, ma critica.
L’Università ha il dovere di contribuire all’analisi del fenomeno e delle sue implicazioni a tutti i livelli, come parte della Terza Missione, in un clima che lascia troppo spazio alle polemiche e al clamore mediatico, per cui vale la pena di rimarcarne il ruolo incoraggiando la creazione di reti universitarie volte al fronteggiamento sereno di questa emergenza, avendo come chiaro punto di riferimento il rifiuto di ogni strategia discriminatoria e il valore intrinseco di ogni persona, insieme al criterio guida del superiore interesse del fanciullo in ogni questione che lo riguardi, unitamente al valore imprescindibile della famiglia che costruisce – insieme alla scuola – lo sviluppo armonioso del minore.
La cornice di riferimento: le parole di Francesco
Come presupposto di questa analisi ci si vuol riferire alle parole del Santo Padre Francesco – nel 2017 in visita all’Università di Roma Tre[1] – in relazione al valore della ricerca scientifica nella creazione di una cultura umanistica.
Francesco mette a tema la ricerca « del bene del vero e del bello » come fondamento euristico, a stretto contatto con la realtà: ogni ricerca oggettiva e soggettiva ha necessariamente da confrontarsi con la realtà, per non cadere nel solipsismo speculativo. Accade di frequente però, soprattutto per i giovani, cui il Pontefice si rivolge, che il confronto con una realtà contraddittoria sempre più difficile da comprendersi e poi da gestirsi, possa ingenerare scoraggiamento e perdita di speranza nello sforzo del singolo che si sente piccolo e incapace di incidere sul reale; il Pontefice asserisce invece che la rinuncia a ogni tentativo di comprensione della realtà con l’assunzione di un atteggiamento di passività ed eterodirezione, rappresenti la porta larga che apre alla ricerca dell’effimero, al conformismo sociale e la caduta in «veri labirinti esistenziali ».
La ricerca, che porta a confrontarsi con l’alterità, qualunque essa sia, va condotta secondo i criteri suggeriti da Francesco: «riflessione e discernimento, senza pregiudizi ideologici, senza paure o fughe».
E il cambiamento, anche se doloroso, apre a «nuove possibilità ed orizzonti di bene», purché il centro di ogni ricerca, di ogni innovazione, sia e rimanga la persona e la sua dignità inalienabile.
«I grandi cambiamenti chiedono di ripensare i nostri modelli economici, culturali e sociali, per recuperare il valore centrale della persona umana».
Una cultura infatti non decadente, che produce frutti che si trasmettono alla posterità, è una cultura che ha una visione chiara dei propri principi e valori per cui riesce ad aprirsi alla ricerca, all’accoglimento e alla condivisione dei valori dell’altro, rifugge dall’appiattimento valoriale, non rifiuta aprioristicamente, include.
«vivere l’Università come ambiente di vero dialogo, che non appiattisce le diversità e neppure le esaspera, ma apre al confronto costruttivo, […] superando le tentazioni dell’indifferenza e del timore».
Università e Terza Missione
Questa premessa esorta ad una ricerca libera dal timore e dall’indifferenza, qualificata da un carattere dialogico che – per altri versi e certamente con altri fini – compare sul versante Università nei rapporti con il territorio, già dal 2004 quando l’ANVUR richiede agli atenei italiani di confrontarsi con attività che costituiscono la Terza Missione dell’Università oltre a quelle consolidate di ricerca e insegnamento.
«Per Terza Missione si intende l’insieme delle attività con le quali le università entrano in interazione diretta con la società, affiancando le missioni tradizionali di insegnamento […] e di ricerca […]. Con la Terza Missione le università entrano in contatto diretto con soggetti e gruppi sociali ulteriori rispetto a quelli consolidati e si rendono quindi disponibili a modalità di interazione dal contenuto e dalla forma assai variabili e dipendenti dal contesto»[2].
Non è questa la sede per discutere sulle rilevazioni ANVUR, oggetto di acceso dibattito, ma giova ricordare che la terza missione può essere distinta in due filoni: quello della mera valorizzazione economica della conoscenza, e quella di una terza missione culturale e sociale: quest’ultimo filone è quello che più si addice a discipline di stampo socio-psico-pedagogico e filosofico, che da sempre elaborano e sviluppano beni immateriali i cui risultati speculativi hanno spessore etico, esistenziale, che concorre al benessere generalizzato, all’equità e al rafforzamento della coesione sociale.
Gli Atenei italiani hanno sviluppato le indicazioni ANVUR in maniera personale e creativa.
Nel 2014, l’attuale Rettore dell’Università Tor Vergata di Roma, il prof. Giuseppe Novelli, redige con il collega prorettore Maurizio Talamo un dossier dal titolo: La Terza Missione per l’Università Italiana Una nuova occasione per crescere?[3]
La Terza Missione universitaria si attua nella creazione di iniziativa e valore, e per la comunità accademica si condensa in una significativa metafora, nell’«uscire dalle sue stanze del sapere»[4] per incontrare il territorio, le culture, gli stili di vita.
La metafora si riferisce ad una interazione paritaria tra università e territorio che deve superare definitivamente la logica della gerarchizzazione dei saperi, a favore di una logica del tipo bottom-up improntata al dialogo, finalizzata all’integrazione della conoscenza con la tecnologia e l’etica per
«giungere ad una soluzione di impatto sociale, in grado di migliorare la qualità della vita delle persone»[5].
La pretesa di neutralità nell’epistemologia, ragione principale del mancato dialogo tra università e territorio, si è infatti rivelata un’aspirazione chimerica, all’origine di danni ambientali come conseguenza di uno sviluppo scientifico che procede senza criteri etici, con ricadute drammatiche su uomini e donne reali a livello mondiale. Una conoscenza senza etica costruisce impianti ideologici dai contorni inquietanti in cui si rischia di perdere di vista la persona, la sua formazione, e la tutela della sua inalienabile dignità.
Per questo motivo – concludono Novelli e Talamo – il rapporto fra gli estensori della conoscenza scientifica e dei suoi possibili fruitori
«Dovrà essere non più unilaterale, ma […] dovrà essere una modalità flessibile, dinamica e strutturata di scambio di conoscenze ed esperienze con la società civile nell’ottica della reciproca crescita. In particolare, l’Università deve essere per i giovani un punto di riferimento, non solo culturale, ma anche sociale.»[6]
Appare qui il carattere laico dell’Università pubblica, che vuole ricomporre la frattura tra le prime due missioni e il territorio attraverso l’individuazione di un’idea che si traduce in conoscenza e miglioramento del benessere delle persone che si approssima, in chiave laica, a ciò che nel linguaggio cristiano è il servizio.
Un altro documento recente in cui i docenti cattolici delle Università italiane si esprimono relativamente a questo nuovo modo di intendere ruolo e funzioni degli Atenei, costituisce una sintesi più ampia e condivisa relativa alla Terza Missione.
Il Giubileo degli Universitari celebrato nel corso del Giubileo della Misericordia voluto da Francesco nel 2016, coniugava Conoscenza e Misericordia attraverso l’icona del Buon Samaritano che si fa vicino alla vittima dei banditi e mette a disposizione del malcapitato oltre ai suoi poveri mezzi, quello che sa, tutto quello che può fare per lui. Conoscenza al servizio dei poveri, degli oppressi, come insegna Francesco, come attuato da Freire, al servizio di coloro che portano le ferite inferte dal progresso sociale economico e tecnologico come indica Mollenhauer[7], sono tratti che risplendono in questa icona, ancora una volta, come cifre costitutive dell’Accademia.
Lo sforzo di compenetrare saperi alti e il bene dell’altro come bene comune, alla luce di un’analisi preoccupata e lucida del mondo contemporaneo susciterà la Carta di Roma del 2016[8] presentata all’Università Lateranense nell’appuntamento annuale del Simposio degli Universitari, svoltosi nella cornice giubilare, in cui la Terza missione verrà precisata attraverso l’indicazione di azioni chiave che costituiranno gli elementi portanti nella presentazione dei lavori svolti.
La Carta di Roma si propone come documento dal respiro universale che richiama gli accademici nella loro veste di cittadini del pianeta, rimarcando la necessità di porre la persona al centro di ogni atto universitario speculativo e di realizzazione sperimentale con specifico riferimento alla Terza missione dell’Università.
La consapevolezza di un futuro incerto per il destino dell’umanità, quindi per la precarietà sempre insita nella condizione umana, ma oggi fonte di particolare preoccupazione, costituisce il primo passo verso una ricerca di aggregazione sociale, di crescita economica sostenibile, di risoluzione dei conflitti, come possibile soluzione allo stato permanente di ansia per il futuro in cui versano soprattutto le giovani generazioni.
Gli estensori del documento manifestano tutta la loro preoccupazione per l’accelerato sviluppo tecnologico che pone tanti individui ai margini del progresso, soprattutto nel Sud del mondo, concentrando la fruizione di ricchezze immense nelle mani di pochi, impedendo il consolidamento della pace. Anche i progressi in campo medico sono ben lungi dall’essere di pubblico dominio, strumentalizzati da interessi finanziari che snaturano la nobile funzione della cura, che per sua natura non fa distinzioni di provenienza né di ceto sociale. Pure l’acquisizione di un maggiore generalizzato benessere, non ha prodotto pacificazione nei rapporti umani, al contrario le normali difficoltà relazionali esitano troppo spesso in una violenza dalle proporzioni preoccupanti, arrivando oggi a colpire quotidianamente il cuore della famiglia e il rapporto di coppia quando non travolge anche i figli, vittime innocenti di un vivere insensato che segue impulsi senza controllo.
Diviene sempre più necessario ricucire la lacerazione tra l’uomo e il suo simile, come pure tra l’uomo e la natura.
Dunque – procedono gli estensori del documento – diviene necessario
«diffondere criteri di lavoro funzionali alla elaborazione di proposte scientifiche e culturali innovative per un nuovo umanesimo fondato sulla centralità della persona»[9].
Tra i criteri proposti, risultano particolarmente calzanti all’analisi che seguirà i seguenti punti:
1. «educare al rispetto della vita in ogni sua fase di sviluppo, promuovendo la cultura dell’incontro e non dello scarto»
2. «sostenere attivamente l’integrazione fra le persone ed il dialogo interculturale»
3. «adottare sistemi di comunicazione sociale incisivi e scevri da ogni forma di autoreferenzialità e di emarginazione dalla realtà»
4. «educare attivamente ed appassionatamente gli studenti alla responsabilità sociale ed ambientale»
5. «raccordare le istanze della società con le attività svolte dalle Università, dai Centri di Ricerca e dalle Accademie di Alta Formazione»
6. «rinnovare l’impegno per rafforzare la Terza Missione dell’Università, che dovrà rendersi capace di interpretare pienamente la realtà sociale nelle sue diverse manifestazioni»[10].
Dopo aver illustrato sinteticamente le origini del gender nella sua accezione più problematica per la coesione sociale, si procederà come indicato alla luce di questi criteri, consapevoli che nella ricerca essi non riescono a rimanere distinti, sfumando l’uno nell’altro; obiettivo finale di tale ricognizione è la messa a fuoco della fattibilità della Terza Missione universitaria, che trova la sua principale ragion d’essere proprio nell’approccio scientifico anche nei confronti di temi spinosi, alla ricerca di un modello che coniughi pluralismo e rispetto verso le persone omosessuali, per tutti i bambini, ponendosi come leva per un cambiamento culturale a favore della pace sociale.
Gender e ideologia: spunti critici
La tematica relativa alla considerazione degli influssi culturali nel processo di attribuzione/assunzione dei ruoli sessuali, la dimensione di gender/genere, affiora dalle Conferenze Internazionali ONU sulle Donne, del Cairo e di Pechino, fin dagli anni Novanta.
L’introduzione del termine si deve all’antropologa Gayle Rubín nel 1975, che chiarisce la dinamica nelle relazioni tra sesso maschile e femminile e realtà sociale attraverso l’utilizzo dell’espressione sex-gender system che compare in The Traffic in Women: Notes on the ‘Political Economy’ of Sex[11].
L’espressione prospettiva di genere mira a precisare la distinzione tra la differenza sessuale ed i ruoli sociali che si costruiscono a partire da detta differenza. Il principale obiettivo di Rubín è il conseguimento dell’uguaglianza di diritti ed opportunità tra uomo e donna.
Fu il femminismo radicale avvalendosi dei contributi del decostruzionismo e del post strutturalismo, ad esasperare le tensioni tra i concetti di sesso e genere: l’impostazione marxiana della teoria del conflitto di classe consentiva la riduzione dei rapporti tra maschio e femmina alle stesse dinamiche di potere e oppressione presenti in qualunque altra forma di lotta sociale; la maternità vi appariva come lo strumento di oppressione del genere maschile sul femminile; secondo questa impostazione «la stessa differenza di genere costituisce intrinsecamente una realtà sociale oppressiva»[12].
Il problema della subordinazione della donna doveva quindi essere scardinato a partire dal contrasto dell’attività riproduttiva.
Il tema del superamento dei ruoli di genere viene dunque a ricongiungersi a quello più ampio e complesso dei nuovi diritti umani dall’impronta spiccatamente individualista, che li lega indissolubilmente al contrasto di qualunque forma di binarismo ed eterosessismo.
Su questo tema va ricordata la massima esponente del femminismo postmoderno, la filosofa J. Butler: il pensiero di Butler è molto articolato, ma è lei stessa a postulare la necessità di una lotta accesa contro l’eteronormatività:
«solo assumendo il punto di vista dell’universale e dell’assoluto, lesbizzando effettivamente il mondo intero si può distruggere l’ordine obbligatorio della eterosessualità (…) soltanto una strategia di guerra le cui proporzioni rivaleggino con quelle dell’eterosessualità obbligatoria riuscirà a contrastare efficacemente la sua egemonia epistemica»[13].
Ciò permette di giustificare le preoccupazioni sul tema per arrivare al punto di partenza delle analisi e ricerche che verranno illustrate di seguito; va ricordata ancora l’aspirazione di Butler a postulare un genere libero da vincoli di carattere biologico:
«Il genere è la costruzione culturale variabile del sesso, la miriade di possibilità aperte del significato culturale a partire da un corpo sessuato»[14].
Cui farà eco la proposta sconcertante di D. Halperin che parla di una possibilità di esistenza queer, intesa come puro nomadismo identitario: “identità senza essenza”[15].
Non è la prospettiva di genere, dunque, e gli studi ad essa riferibili a costituire un problema pedagogico e sociale, ma è l’ideologia di genere, con le inevitabili ricadute a livello di coesione sociale, a costituire un formidabile spunto di riflessione e critica pedagogica, soprattutto quando si traduce in progetti che premono e in molti casi sono riusciti ad entrare all’interno della scuola nel ciclo primario e dell’infanzia; diviene urgente pensare a soluzioni alternative in cui comprensione e rispetto per scelte e stili di vita noneteronormati si coniughino con la salvaguardia dello sviluppo armonioso del minore e con l’antropologia debole che caratterizza l’ambiente scolastico, garanzia di accoglienza e pluralismo .
Gender e Pedagogia alla luce della terza missione secondo la Carta di Roma
Procediamo quindi all’analisi di alcuni lavori pedagogici effettuati all’interno dell’Università di Roma Tor Vergata, anche in collaborazione con altri Atenei, riconducendoli ai criteri della Carta di Roma.
1. Educare al rispettodella vita in ogni sua fase di sviluppo
Questo primo criterio di lavoro rinvia ad alcuni concetti divulgati nella scuola primaria e dell’infanzia, a partire dalla diffusione del documento OMS Europa del 2011, Standard per l’educazione sessuale in Europa. La necessità oggettiva di introdurre nella scuola forme di educazione alla sessualità ben strutturate, non limitate cioè alla semplice igiene sessuale finalizzata alla prevenzione di gravidanze indesiderate e di IST, viene declinata dall’agenzia tedesca BzGA e tradotta in Italia dall’Istituto Beck di Sessuologia[16] in una linea interpretativa della sessualità che valorizza gioia e piacere nella fruizione delle possibilità corporee, dando particolare enfasi alla pratica masturbatoria . Il testo si presenta prescrittivo nello stile espositivo[17], e tendenzialmente semplificativo della complessità della sessualità: offre una visione positiva e piacevole dell’interazione con l’altro, il più delle volte priva di considerazioni problematiche, come appare in una finestra dedicata alla cittadinanza intima, di cui si sottolinea l’importanza per relazioni paritarie e rispettose, senza un adeguato approfondimento dei risvolti etici in tema di protezione dei minori, e dei rischi provenienti dal web; la sessualità non viene affrontata come relazione che implica una responsabilità verso l’altro, o meglio, si assiste ad una oscillazione tra diritto alla fruizione del proprio piacere e necessità di rispetto dell’altro e delle sue propensioni, senza che sia ben chiaro il collegamento etico.
Il documento ha suscitato un acceso dibattito anche tra esperti del settore, che ne hanno sottolineato l’impostazione cognitivo-comportamentale, non sempre soddisfacente quando si tratta della complessità dei rapporti umani; nella sua attuazione pratica nelle scuole europee è stato interpretato in maniera tale[18] da costringere gli autori del documento a pubblicare l’anno successivo, ulteriori linee guida chiarificatrici delle modalità con cui attuare un progetto pedagogico[19], segno evidente della necessità di una formazione insegnanti adeguata e degli sconfinamenti che si creano quando scelte e stili di vita degli adulti si trasferiscono strumentalmente nell’educazione dei minori, per attuare una strategia ideologica senza una adeguata considerazione della loro delicata fase di sviluppo e dei possibili esiti educativi.
2. Sostenere attivamente l’integrazione fra le persone
Nonostante tentativi francamente approssimativi di attuare un superamento delle emarginazioni e discriminazioni di persone di diverso orientamento sessuale, questa emergenza rimane al vertice degli interessi sociali e pedagogici, tanto nella scuola quanto nella società nel suo complesso, con un coinvolgimento pari agli sforzi profusi per l’integrazione delle minoranze etniche e culturali e delle persone diversamente abili; tuttavia con i presupposti ideologici presentati e l’approssimazione degli interventi, il tema all’interno della società e della scuola rimane divisivo, soprattutto tra la componente genitoriale e la dirigenza scolastica. Infatti, secondo quanto auspicato dalla traduzione in prassi del gender mainstreaming, all’interno del tessuto sociale[20], ma soprattutto nella scuola, si è cercato di spingere verso l’accettazione della condizione omosessuale non tanto attraverso un lavoro pedagogico di comprensione e rispetto della natura composita della condizione omosessuale e sul rigetto di ogni discriminazione, e l’accoglimento della persona n quanto tale, ma attraverso una strategia complessa e pianificata tra cui spicca la vittimizzazione, la creazione di una contraddizione interna agli individui e una pervasiva esposizione allo stimolo in modo da creare un sorta di assuefazione[21]: sono stati proposti alle scuole spettacoli teatrali che hanno girato tutta Italia, volti a considerare normale il passaggio a giorni alterni, da un orientamento sessuale maschile ad uno femminile in un bambino di otto anni, con il lieto fine che alla famiglia non rimanga che adeguarsi e divertirsi un mondo a scambiarsi abiti e ruoli[22]; è stata data per acquisita la parità educativa tra famiglie eterogenitoriali e omogenitoriali, anche come esiti scolastici e di benessere psicologico dei figli di queste coppie, fatto che necessita ancora di approfondimenti[23]; è stata data ampia diffusione al fatto che l’atteggiamento delle persone eterosessuali sia ‘naturalmente ostile’ nei confronti degli omosessuali, come in alcuni video del progetto Niso[24]; non si vuole neppure trascurare la cosiddetta omofobia che al di là del significato originale dato al termine, si traduce – il più delle volte – in un timore ad affrontare criticamente le statuizioni delle lobby LGBT.
Ciò che viene a mancare è la possibilità di un dialogo vero ed efficace tra le componenti scolastiche, in cui la famiglia soprattutto, che pure figura come prima agenzia educativa nel Diritto Internazionale oltre che nel nostro Ordinamento, viene realmente estromessa dall’esercizio delle sue funzioni anche all’interno degli organi collegiali, in contraddizione con quanto auspicato dal Patto educativo di corresponsabilità (PEC) normato in un’apposita legge nel 2007[25].
Obiettivo prioritario, anche se apparentemente fuori fuoco, è dunque favorire innanzitutto l’integrazione tra le diverse componenti scolastiche e rendere possibile un vero dialogo tra genitori ed insegnanti /dirigenti all’interno della scuola; si è dunque avviata una riflessione in un piccolo gruppo di ricerca costituito da dottorandi provenienti da università pontificie e pubbliche italiane, volta all’analisi delle modalità comunicative attraverso cui il gender si esprime nelle scuole di ogni ordine e grado. Dalla riflessione comune è scaturita una rubrica di valutazione dei progetti editoriali, teatrali e video, dedicati rispettivamente a scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, e secondaria di secondo grado.
L’idea principale era di mettere intorno ad uno stesso tavolo, genitori e insegnanti nella valutazione critica e congiunta di tali proposte, mediante una base forte e aggregativa identificata nella Convenzione Internazionale sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza del 1989, da cui è stata tratta la base proposizionale della rubrica valutativa. Il riferimento alla Convenzione ha consentito la costruzione di uno strumento basato su criteri oggettivi, contenutisticamente pregnante, dotato di statuizioni universalmente condivise, pacifico, per la natura stessa della Convenzione che la pone al di fuori delle contese ideologiche sul tema. Una prima esperienza di lavoro con la rubrica, è stata effettuata nell’ambito di un convegno svoltosi a Roma, Sapere per educare, Relazioni, differenze, famiglia e bellezza organizzato dall’istituto di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum il 12 marzo 2016. L’esperienza ha ottenuto il gradimento dei partecipanti, (50 nel complesso tra genitori ed insegnanti) come espressione della possibilità di riflettere insieme sul tema poter operare scelte oculate a favore dei minori in un’ottica di corresponsabilità e cooperazione.
3. Adottare sistemi di comunicazione sociale incisivi – Educare attivamente ed appassionatamente gli studenti alla responsabilità sociale
La prima ricerca svolta a Tor Vergata sul tema in oggetto, nel 2014[26], ha coinvolto 116 insegnanti in formazione e in servizio provenienti da tutta Italia, iscritti al TFA presso la Scuola IaD, attraverso un breve questionario lanciato dalla piattaforma Moodle in cui si chiedeva la disponibilità di partecipare ad un forum, e il forum appositamente formulato: si volevano sondare gli aspetti contenutistici del dialogo tra gli insegnanti sul tema dell’integrazione di persone omosessuali, nella scuola superiore, sulla necessità di cambiamento nel linguaggio, sulla conduzione di discussioni in classe rispetto al contrasto tra famiglie eterosessuali e omosessuali, nel momento in cui si discuteva in Parlamento sulle Unioni civili, nonché il livello informativo rispetto a questi temi.
Il risultato più eclatante della ricerca è stato il mancato utilizzo del forum, come luogo di scambio di idee e di co-costruzione di saperi; nonostante una iniziale disponibilità, (oltre l’80% si dichiarava favorevole a parteciparvi), il forum è stato trattato come un questionario, segno evidente delle difficoltà ad affrontare il tema in modo dialogico. Altro risultato notevole, il generalizzato livello di disinformazione: nelle risposte nessuno ha riportato dati e conoscenze precise anche se oltre la metà (circa il 60%) dei partecipanti si è dichiarato a conoscenza delle statistiche riguardanti la tematica del bullismo omofobico in Italia.
Ricerca e disseminazione dei risultati appaiono come componenti strutturali del lavoro accademico e lo sforzo, in riferimento al tema gender, quando orientato verso una autentica cultura del rispetto, va sostenuto con passione anche nella docenza basandosi proprio su questa diffusa disinformazione da contrastarsi attraverso la presa in considerazione di contributi scientifici costantemente aggiornati, alcuni dei quali di indubbio interesse[27] che, pur appartenendo al mondo LGBT, tendono a suscitare riserve rispetto ad un processo di decostruzione spinto, che nel caso dei transessuali operati, rischia di danneggiare le persone mettendo in crisi identità faticosamente e dolorosamente acquisite.
Il lavoro di sensibilizzazione e di creazione di una coscienza critica va quindi portato avanti con cura e determinazione, e nella docenza la metodologia di lavoro trasmessa deve necessariamente fondarsi su pacatezza ed incisività a favore della formazione di nuove generazioni perchè si concentrino su questi temi con uno sguardo disincantato e aperto.
4. Raccordare le istanze della società con le attività svolte dalle Università, che dovrà rendersi capace di interpretare pienamente la realtà sociale nelle sue diverse manifestazioni.
L’ultimo contributo e anche il più recente, costituisce un’attività di ricerca su scala nazionale che ha visto la cooperazione tra l’Università di Roma Tor Vergata e del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano: si è inteso approfondire ulteriormente il tema della corresponsabilità educativa come strumento adeguato per il fronteggiamento del bullismo e delle discriminazioni (comprese quelle di genere).
La corresponsabilità educativa nei rapporti tra scuola e famiglia nella scuola primaria e secondaria di primo grado va implementata in ordine al conseguimento della parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni. Per l’attuazione di questo processo è necessario preliminarmente, individuare le componenti del costrutto corresponsabilità e verificare gli atteggiamenti nei confronti delle sue dimensioni costitutive principali presso genitori e insegnanti; è necessario peraltro individuare la presenza di eventuali dimensioni del costrutto meno conosciute e praticate.
Fenomeni di bullismo e di marginalizzazione di individui fragili, anche attraverso la rete e l’utilizzo di tecnologie, sono in aumento, e ciò è la spia da un lato, di un ritiro delle famiglie da forme attive di coinvolgimento nella vita scolastica e nella progettazione educativa, e dall’altro, del conferimento alla scuola di una delega educativa sempre più estesa che diviene problematica per gli insegnanti e le famiglie stesse.
La ricerca coinvolgerà le scuole sul territorio nazionale a livello di primaria e secondaria di primo grado e i genitori che partecipano ad associazioni accreditate presso il MIUR e associazioni di genitori che costituiscono il comitato Difendiamo i Nostri Figli (DNF) oltre quelli che compongono gli organi collegiali. Questi ultimi costituiranno il gruppo di controllo diversamente dal gruppo sperimentale costituito dai genitori che partecipano ad associazioni; lo strumento per la rilevazione è un questionario on line disponibile su di una piattaforma dedicata dell’Università di Tor Vergata; le risposte verranno esaminate tramite analisi multivariata. Il confronto nelle risposte al questionario tra genitori non ‘coinvolti’ in associazioni e comitati e gli altri, permetterà di valorizzare le modalità partecipative in ordine agli obiettivi di ricerca. Individuazione di buone prassi.
La ricerca intende individuare i principali caratteri che costituiscono la corresponsabilità in unità di senso e di azione; valutare le opinioni e gli atteggiamenti di insegnanti e genitori soprattutto in relazione ad azioni positive di contrasto rispetto a fenomeni di violenza e discriminazione di genere.
In particolare si ipotizza che i genitori coinvolti nei movimenti no gender siano tendenzialmente più presenti nella vita scolastica e tendenzialmente più sensibili ai temi concernenti l’indagine, che pratichino la corresponsabilità pur senza conoscerla, che vivano la partecipazione ai comitati e alla vita scolastica non solo come esercizio di un diritto di veto, ma anche in modo propositivo, come desiderio di essere interpellati e tenuti in considerazione nelle scelte che riguardano l’educazione dei loro figli.
Conclusione
La Carta di Roma ha avuto il pregio di riunire 57 rettori provenienti da università disseminate in altrettanti paesi nel globo[28] sul fondamentale tema della costruzione della pace tra le nazioni e all’interno della società abbattendo le barriere ed ogni forma di esclusione e marginalizzazione; diviene quindi espressione di una sintesi di ricerca planetaria volta ad esprimere il rapporto dell’università con il territorio nella produzione di cultura sociale .
Le categorie secondo le quali si è voluto classificare il lavoro svolto sui temi del gender suggeriscono di progredire in una ricerca che va portata avanti con rigore e serenità senza timore di urtare sensibilità diverse perché radicata (non solo apologeticamente) su di un atteggiamento orientato a favore di un ben-essere inclusivo e della ricerca di una verità che «prevede che il soggetto si modifichi, cambi posizione divenga cioè, in una certa misura e fino ad un certo punto, altro da sé, per avere diritto di accedere alla verità. La verità è concessa al soggetto solo alla condizione che venga messo in gioco l’essere stesso del soggetto … non può esserci verità senza una conversione o una trasformazione del soggetto»[29].
La sfida aperta oggi dalla ‘questione gender’ sembra concentrarsi su due elementi principali: la creazione di un paradigma pedagogico condiviso che accompagni l’accoglienza e le pratiche inclusive nella scuola e nella società e l’altro, ancor più determinante, dell’incontro con le persone omosessuali e le coppie omogenitoriali, sui temi dell’educazione al rispetto e il contrasto alla marginalizzazione. Solo da questo indispensabile confronto può scaturire la creazione di un modello concertato che prestando ascolto, tenga conto delle istanze altrui, che non vuol dire abbassare la guardia su temi etici non negoziabili, ma evitando il rischio dell’autoreferenzialità, e di una marginalizzazione soft ma persistente, crei le migliori condizioni a favore di una crescita armoniosa di tutti i bambini per i quali si realizzi uno ‘star bene insieme a scuola’[30] divertendosi e imparando, arricchendosi della presenza dell’altro.
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Scarpinato G. Fa’afafine- mi chiamo Alex e sono un dinosauro.
Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS, BZgA (Federal Centre For Health Education), Standard per l’Educazione Sessuale in Europa Guida alla realizzazione, Edizione italiana, curatore e revisore scientifico: Piero Stettini, Traduzione: Laura Barnaba, Savona, Marco Sabatelli Editore, aprile 2014.
Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS, BZgA (Federal Centre For Health Education, Colonia 2010), Standard per l’Educazione Sessuale in Europa. Quadro di riferimento per responsabili delle politiche, autorità scolastiche e sanitarie, specialisti, Edizione italiana promossa e finanziata dalla Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica, 2011, Edizione 1.1.9.10.
Sitografia (attiva al 20 gennaio 2018)
Discorso del Santo Padre Francesco all’Università Roma Tre Venerdì, 17 febbraio 2017, Venerdì, 17 febbraio 2017, https://w2.vatican.va/content/…/papa-francesco_20170217_universita-romatre.html
Giubileo delle Università – World Conference of University Rectors web.uniroma2.it/module/name/Content/newlang/italiano/navpath/HOM/…/22338
Giubileo delle Università e dei Centri di Ricerca e delle Istituzioni dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica, Carta di Roma 2016. Instrumentum laboris per il Giubileo delle Università e dei Centri di Ricerca e delle istituzioni dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica, web.uniroma2.it/module/name/Content/newlang/italiano/navpath/HOM/…/22338
- Discorso del Santo Padre Francesco all’Università Roma Tre Venerdì, 17 febbraio 2017, https://w2.vatican.va/content/…/papa-francesco_20170217_universita-romatre.html ↩
- ANVUR, Rapporto sullo stato del sistema universitario e della ricerca 2013, ANVUR 2013 , p. 559. ↩
- G. Novelli, M. Talamo, La Terza Missione per l’Università Italiana Una nuova occasione per crescere?Med. Chir. 61. 2739-2746, 2014. ↩
- G. Novelli, M. Talamo, op. cit, p. 2745. ↩
- Ivi ↩
- Ibidem ↩
- K. Mollenhauer, Handbuch der Sozialpädagogik. Beltz Verlag, Weinheim and Basel, 1964. ↩
- Giubileo delle Università e dei Centri di Ricerca e delle Istituzioni dell’alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica, Carta di Roma 2016. Instrumentum laboris per il giubileo delle università e dei centri di ricerca e delle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, web.uniroma2.it/module/name/Content/newlang/italiano/navpath/HOM/…/22338 ↩
- Giubileo Delle Università E Dei Centri Di Ricerca E Delle Istituzioni Dell’alta Formazione Artistica, Musicale E Coreutica , cit. p. 2. ↩
- Ivi, p. 3. ↩
- G. Rubin, The Traffic in Women: Notes on the ‘Political Economy’ of Sex, in Rayna Reiter (ed.), Toward an Anthropology of Women New York, Monthly Review Press, 1975. ↩
- A. M. González, Género sin ideología, Nueva Revista, 124 (2009), p. 38. ↩
- J. Butler, Questione di genere, il femminismo e la sovversione dell’identità, Roma-Bari, Laterza, 2013, p. 171. ↩
- J. Butler, op.cit., p.158. ↩
- Cfr. D.M. Halperin, Saint Foucault: Towards a Gay Hagiography. New York: Oxford University Press. 1995. ↩
- Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS, BZgA (Federal Centre For Health Education, Colonia 2010), Standard per l’Educazione Sessuale in Europa. Quadro di riferimento per responsabili delle politiche, autorità scolastiche e sanitarie, specialisti, Edizione italiana promossa e finanziata dalla Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica, 2011, Edizione 1.1.9.10. ↩
- Cfr. E. Lozupone, Standard per l’educazione sessuale in Europa: un’analisi critica alla luce del pensiero montessoriano, dalla parte dei minori, in Fondazione Montessori Italia (a cura di), «MoMo» (Mondo Montessori) Dicembre 2015, n. 4, Maria Montessori nel XXI secolo, Interventi dal congresso Internazionale: Maria Montessori e la scuola dell’infanzia a nuovo indirizzo (20-24 febbraio 2015, Università pontificia lateranenese), numero monografico, Roma, Fondazione Montessori Italia, pp. 36-39. ↩
- In Europa: in alcune scuole dell’infanzia in Svezia, si invitano i bimbi a rivolgersi gli uni agli altri usando hen, il pronome neutro. In Francia, spot pubblicitari televisivi di cui è stata bloccata la diffusione, mostrano bambine e bambini prepuberi davanti allo specchio, che fanno per radersi (le une) e per truccarsi (gli altri). Lo slogan è: «Lui/Lei: non scegliere, non oggi, non ancora, almeno».
https://www.youtube.com/watch?v=B7zd1XSQ6LE ; https://www.youtube.com/watch?v=K3lPebtHRno (ora non più disponibile sul web).
In Italia Avvenire, 30 Novembre 2014, Il fatto. Il Comitato Articolo 26: «Coinvolgere le famiglie nei progetti sulla sessualità»; 1 dic. 2014, Gender a scuola La protesta dei genitori di Paola Proietti, https://www.romasette.it/gender-a-scuola-la-protesta-dei-genitori/; Il Tempo, 13 novembre 2014 http://www.iltempo.it/roma-capitale/2014/11/13/gallery/lezione-di-famiglie-gay-ai-bimbi-dellasilo-nido-959947/; 14 Novembre 2014, Mio figlio costretto ad andare a scuola con specchio e rossetto di Chiara Pelizzoni http://www.famigliacristiana.it/articolo/mio-figlio-costretto-ad-andare-a-scuola-con-rossetto-e-specchio.aspx, solo per citarne alcuni. ↩
- Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA, Standard per l’Educazione Sessuale in Europa Guida alla realizzazione, Edizione italiana, curatore e revisore scientifico: Piero Stettini, Traduzione: Laura Barnaba, Savona, Marco Sabatelli Editore, aprile 2014. ↩
- Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari Opportunità, Ufficio Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), Consiglio d’Europa, Strategia nazionale LGBT. Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere 2013-2015, Roma, L.G. Soc. Coop., 2013. ↩
- M., Kirk,, H. Madsen , 1989, After the ball. How America will conquer its fear & hatred of Gays in the 90’s,Penguin Books, London. ↩
- Fa’afafine- mi chiamo Alex e sono un dinosauro di Giuliano Scarpinato. ↩
- E. Canzi, Omogenitorialità, filiazione e dintorni. Un’analisi critica delle ricerche, Quaderni del Centro Famiglia, 29, Milano, Vita & Pensiero, 2017. ↩
- www.nisoproject.eu ↩
- DPR n. 235 del 21 novembre 2007 Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, concernente lo statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria (GU n. 293 del 18/12/2007). ↩
- Lozupone, E., De Angelis, M., 2016, Tra i banchi di scuola e nei corridoi: identità di genere tra scontro e conoscenza, in I. Volpicelli, C. Cappa, G. Sellari (Eds) Quale formazione per gli insegnanti oggi? Prospettive italiane e internazionali, Universitalia, Roma, pp 91-122. ↩
- J.Payne, Queer and trans collisions in the classroom: a call to throw open theretical doors in social work education in S. Hillock, N. J. Mulé, Queering Social Work Education, UBC Press, Vancouver , Canada, 2016; Pyne riporta le riflessioni di J. Kaufmann, costretta a confrontarsi con il pianto di una studentessa trans che la accusa di averle tolto l’identità faticosamente costruita nel corso degli anni – anche a seguito dell’intervento – durante una lezione sulla ‘decostruzione del genere’ quando – secondo la studiosa- era suo intento decostruire il genere e non cancellare (erase) la sua identità. ‘How did I make such a mess?’ si domanda costernata. ↩
- Giubileo delle Università – World Conference of University Rectors web.uniroma2.it/module/name/Content/newlang/italiano/navpath/HOM/…/22338 ↩
- M. Foucault, L’ermeneutica del soggetto. Corso al Collège de France 1981- 1982, trad. dal francese di Mauro Bertani, Feltrinelli, Milano 2003, p.17. ↩
- D. Francescato, A. Putton S. Cudini, Star bene insieme a scuola Strategie per un’educazione socio-affettiva dalla materna alla media inferiore, Roma, Carocci, 2017. ↩