Numero 13/14 - 2017

  • Numero 4 - 2011
  • Ricerca & Tecnologia

Apprendimento significativo mediato dalla tecnologie

di Barbara Bevilacqua

Abstract

Le continue e complesse trasformazioni che caratterizzano la “liquidità” della società attuale, generano, rispetto al passato, nuovi valori e stili di vita, che determinano un cambiamento delle modalità conoscitive e comunicative dell’individuo.

In questa nuova prospettiva sociale la visione costruttivista del sapere, in particolare quella del costruttivismo socio-culturale, fornisce una risposta affinché l’individuo possa divenire protagonista responsabile della sua crescita personale e sociale, attraverso un impegno durevole per tutto l’arco della vita.

Il modello di apprendimento significativo presentato in questo contributo intende proporsi come una via praticabile nel contesto formativo e scolastico, per promuovere nello studente la competenza intesa come “saper agire, reagire e co-agire pensando”, per aprirsi responsabilmente all’apprendimento del futuro e costruire e co-costruire una cittadinanza consapevole.

In un’ottica europea è la competenza dell’imparare a imparare, che può essere sollecitata in percorsi formativi learning centered, attenti a tutte le dimensioni della personalità dell’apprendente (cognitiva, metacognitiva, pratico-operativa, affettivo-motivazionale, relazionale-sociale). È la competenza che viene alimentata in ambienti di apprendimento che valorizzano i saperi naturali dello studente e danno enfasi al suo ruolo attivo e riflessivo nei processi di costruzione, co-costruzione e condivisione di conoscenza e significato. Sono contesti “autentici”, in cui l’interazione comunicativa e sociale si realizza con altri soggetti, i pari e gli adulti (insegnanti, esperti) facilitatori, coaches e counselors, ma anche con le tecnologie. Queste ultime, dalle più tradizionali alle digitali e telematiche, fino alle moderne tecnologie sociali (web 2.0), sono “partner intellettuali” che aiutano a pensare. La classe diventa knowledge-building community, in cui tutti i membri sono impegnati in compiti autentici, che incoraggiano l’interdipendenza, nell’apprendimento efficace, tra saperi formali, informali e non formali.

Il clima di cooperazione e complicità positiva tra i membri del collettivo, sostenuto dall’utilizzo consapevole e intenzionale delle tecnologie, concorre a promuovere quell’imparare a imparare che si configura come chiave di volta per costruire oggi la cittadinanza digitale consapevole e, conseguentemente, ridurre il digital divide, importante causa del knowledge divide.

1. L’apprendimento significativo nella cornice teorica del costruttivismo socio-culturale

Il concetto di apprendimento significativo nasce all’interno del paradigma costruttivista della conoscenza e si sviluppa in molteplici correnti teoretiche, tra cui il costruttivismo socio-culturale.

La conoscenza è un processo di costruzione di significato da parte del soggetto, che rielabora in maniera personale e in parte arbitraria saperi già acquisiti, sensazioni ed emozioni. Questo processo, però, non rimane circoscritto alla sfera privata: nella consapevolezza che anche l’altro costruisce la propria conoscenza in modo soggettivo, si orienta all’accettazione e alla comprensione di prospettive multiple, [1] mediante forme di interazione comunicativa.

La comunicazione, che sta alla base dell’interazione sociale, è negoziazione di significati, che consente all’individuo di costruire in modo condiviso nuove conoscenze.

In quest’ottica la concezione costruttivista dell’apprendimento sottolinea la centralità del soggetto apprendente, che attivamente e intenzionalmente cerca e costruisce la propria conoscenza, riflette sulla sua azione e osservazione in un contesto reale e “autentico”, in cui interagisce con gli altri, con le risorse informative e con le tecnologie.

Il processo formativo abbandona la logica dell’insegnamento (teaching centered) a favore dell’apprendimento (learning centered).

L’insegnante non è più considerato un “disseminatore d’informazione”, [2] depositario indiscusso di un sapere universale, astratto e decontestualizzato. È piuttosto un facilitatore, un tutor, un coach e counselor, che guida l’allievo a riconoscere con consapevolezza e a ridefinire in modo riflessivo la trama delle sue competenze.

Lo studente, spinto da personali interessi e motivazioni, costruisce attivamente una propria concezione della realtà attraverso un processo di integrazione di molteplici prospettive, che derivano non solo dalla trasmissione di saperi codificati, ma anche dalle conoscenze ed esperienze pregresse, in una dimensione dialogica in cui l’“interscambio dialettico” ha lo scopo di ottenere una “costruzione di con-senso”[3]. Lo sviluppo della conoscenza è un’“impresa sociale”, [4] frutto della comunicazione interpersonale, del confronto e dello scambio all’interno della comunità di appartenenza, della condivisione e negoziazione di significati espressi da una comunità di interpreti.

Da qui il modello di apprendimento significativo oggi ampiamente condiviso nell’ambito formativo, che vede David Jonassen [5] tra i più illustri sostenitori.

2. Caratteristiche dell’apprendimento significativo

D. Jonassen, nella sua progressiva riflessione sul paradigma costruttivista socio-culturale, giunge a una definizione di apprendimento significativo fondata  su alcuni attributi: attivo, costruttivo, intenzionale, autentico e cooperativo. [6]

L’apprendimento è attivo se coinvolge attivamente l’apprendente nella costruzione della sua conoscenza in contesti significativi, mediante la manipolazione di oggetti, l’osservazione e l’interpretazione dei risultati dei suoi interventi.

Papert, [7] a tal proposito, parla di “artefatti cognitivi”, strumenti che consentono al soggetto in situazione di apprendimento di addentrarsi in un’esplorazione in cui costruire da solo i propri progetti, provare schemi e manipolare nozioni e idee, modificando lo status di “consumatore” di informazioni in quello di “produttore” di conoscenza. [8]

L’apprendere è quindi un processo alimentato dal fare pratico, necessario ma non sufficiente per generare apprendimento significativo.

L’azione, infatti, si traduce nell’imparare attraverso un fare costruttivo, che richiede la comprensione del compito, delle consegne e procedure, la riflessione cognitiva e metacognitiva sulle esperienze in corso, la comprensione del “perché” e del “come” della propria azione. Riflettendo su una situazione dubbiosa, gli studenti integrano le nuove esperienze e informazioni ricevute dall’esterno con la loro precedente conoscenza del mondo, in una sorta di negoziazione interna volta a trovare un senso a ciò che osservano. Iniziano costruendo i propri e semplici modelli mentali attraverso cui spiegano ciò che analizzano. Con l’esperienza e la riflessione tali modelli diventano sempre più complessi e richiedono, pertanto, una rappresentazione mentale più articolata, l’utilizzo di diversi processi di pensiero.

L’apprendimento avviene in modo significativo anche quando implica eventi consapevoli, intenzionalmente diretti al raggiungimento di un obiettivo e carichi emotivamente. Quando gli studenti intendono attivamente e deliberatamente conseguire un obiettivo cognitivo, pensano e imparano di più perché stanno realizzando un’intenzione. Ciò consente loro di utilizzare più efficacemente le conoscenze che hanno costruito in nuove situazioni, governando il cambiamento e le circostanze imprevedibili. La consapevolezza dello scopo da perseguire promuove la capacità di effettuare scelte e compiere decisioni e, conseguentemente, rafforza la convinzione di possedere le necessarie abilità, gli indispensabili strumenti e schemi d’azione per raggiungere le mete prefissate. Entrano così in gioco gli aspetti motivazionali, estremamente determinanti nel favorire lo sviluppo di processi di apprendimento significativo. Se lo studente sviluppa un sentimento di autostima e accresce la propria autoefficacia (self efficacity), [9] maggiori sono la disponibilità, l’attenzione e l’impegno profusi nel compito e più matura la motivazione ad apprendere.

Jonassen mette in evidenza come l’apprendimento significativo sia anche autentico, cioè contestualizzato e complesso. Gli studenti imparano di più e meglio se sono impegnati in “compiti autentici” [10], emergenti da “contesti autentici”, strettamente correlati al mondo reale, in cui si affrontano “problemi autentici”, quelli che si incontrano normalmente nella vita di tutti i giorni, dimostrando di essere in grado di risolverli utilizzando e applicando in modo intelligente le conoscenze e le abilità acquisite in nuove situazioni.

Il contesto, secondo Jonassen, è rappresentato dalle comunità di apprendimento e di costruzione di conoscenza, in cui le persone apprendono in forma cooperativa, imparando a considerare criticamente differenti e varie prospettive per affrontare e risolvere problemi. La cooperazione richiede la conversazione tra i partecipanti. Gli allievi che lavorano in gruppo devono necessariamente negoziare una comprensione comune del compito, concordare la scelta di metodologie adeguate per realizzarlo. La classe si fa comunità di apprendimento, «comunità di cui lo studente diviene membro cosciente e legittimo, attraverso un’accresciuta identità (dell’io attraverso il noi) che gli dà coscienza sociale, senso di responsabilità, spirito d’iniziativa, capacità critica, spirito di solidarietà». [11]

In questa dimensione sociale dell’apprendimento le comunità di studenti sono considerate, in un’ottica vygotskijana, molteplici “zone di sviluppo prossimale”, dove il mutuo tutoraggio tra pari, alimentato dallo scaffolding cognitivo (“sostegno” dei compagni esperti, dell’insegnante, dell’esperto), crea “coreografia di squadra”, [12] che orienta senza dirigere le teorie ingenue dell’allievo. Questi è così guidato a rivisitare il suo sapere e a riflettere sulle sue esperienze; è facilitato nella soluzione di problemi in una situazione di impasse; è sostenuto nei processi di costruzione della conoscenza, di sviluppo di abilità e competenze utili al conseguimento di obiettivi formativi centrati sui suoi bisogni. I processi interattivi tra gli agenti della comunità diventano motore che promuove la comunicazione e la condivisione di conoscenze, abilità, expertise, nonché l’apertura nei confronti di prospettive multiple. La varietà di conoscenze, esperienze e competenze all’interno di un collettivo di lavoro rappresenta un potenziale per un’azione più ampia e ricca, mediante la valorizzazione di tutti i tipi di intelligenza e dei talenti personali; nel contempo tale varietà facilita la legittimazione delle diversità e la comprensione delle differenze.

Ecco allora che il sostegno non si realizza solo sul piano cognitivo, ma anche su quello affettivo-motivazionale e relazionale-sociale. Lo scaffolding affettivo stimola, incoraggia, approva lo studente nel suo avvicinarsi alla pratica esperta. Sollecita la partecipazione attiva, l’interesse e la creatività, agendo positivamente sul senso di fiducia, sui sentimenti di autostima ed autoefficacia, sull’empowerment [13] finalizzato all’impegno e alla responsabilità, quindi sulla motivazione ad apprendere.

3. Apprendere in modo significativo nella società della conoscenza per costruire e gestire competenze individuali e collettive

La concezione di apprendimento significativo fin qui descritta risponde a «una visione del processo educativo capace di dispiegare le potenzialità individuali, in armonia con le richieste sociali e in corrispondenza con le esigenze del mondo del lavoro e con il mercato della conoscenza e del sapere». [14]

Nella società post-industriale, infatti, si vengono affermando nuovi valori, modelli e stili di vita rispetto al passato. Al modello sociale industriale, fondato sui beni materiali, tangibili, succede un modello sociale in cui la ricchezza deriva da risorse immateriali, dalla conoscenza, tanto da giungere a coniare il termine knowledge society (società della conoscenza), attribuendolo all’odierna società. Nella knowledge society «la conoscenza […] è una ricchezza privata e collettiva in grado di assicurare al singolo una migliore qualità della vita e di garantire rapporti sociali basati sui principi di uguaglianza, rispetto, inclusione e produttività. In questo senso, la conoscenza è un bene comune e come tale va perseguita, preservata e condivisa». [15] Ma la conoscenza è anche un bene individuale «che si inserisce fra quei diritti fondamentali della persona di cui nessun uomo e nessuna donna dovrebbero essere deprivati». [16]

Parallelamente al modello sociale sta mutando anche il modello economico-produttivo, che, influenzato dalla rivoluzione tecnologica, va via via attribuendo importanza all’aspetto “immateriale” del lavoro, legato alle relazioni interne ed esterne, alla comunicazione, alle capacità metodologiche e strategiche di ideazione e progettazione, alla responsabilità individuale e alla condivisione dei valori aziendali. [17]

Ecco allora che nella « “società dell’informazione e della comunicazione”, che ha poi trovato il suo apice nella “società della conoscenza»,[18] sta cambiando radicalmente il modo di elaborare l’informazione e condividere il sapere.

La continua creazione di conoscenza tende a configurarsi come un vantaggio competitivo all’interno delle sfide aperte dalla società e dall’economia della globalizzazione. Questo modello dinamico, però, dovrebbe poter mettere la persona nelle condizioni di accedere liberamente alla ricchezza di saperi in continuo movimento. Nella “società liquida” [19] del terzo millennio, dove si vivono situazioni che si modificano prima ancora che il suo agire riesca a consolidarsi in abitudini e procedure, sorge più che mai l’esigenza non solo di “sapere” e “saper fare”, ma principalmente di saper e voler agire e reagire con efficacia e efficienza in contesti “liquidi”, imprevisti, incerti, complessi, trovando equilibrio nel movimento.

L’individuo, quindi, per contribuire attivamente e consapevolmente alla costruzione della conoscenza, deve poter sviluppare metacompetenze, che gli consentano, in un’ottica europea, [20] di muoversi con consapevolezza riflessiva in contesti sempre meno regolati.

Ne deriva il modello formativo di seguito rappresentato. [21]

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Figura 1. Modello formativo fondato sul concetto di competenza

Esso evidenzia come, per ciascun individuo, sia centrale l’apprendimento, lungo tutto l’arco della vita, delle cosiddette otto competenze chiave, per la realizzazione e lo sviluppo personali, la costruzione della cittadinanza attiva e l’inclusione sociale, l’ottenimento di un’occupazione.

L’acquisizione di queste competenze consente l’adattamento alle nuove situazioni, favorisce l’incremento della motivazione e della soddisfazione sul lavoro, migliorandone la qualità, permette di far fronte in maniera consapevole e responsabile al nuovo mondo digitale, comprendendone a fondo le opportunità e le sfide, ma anche le questioni etiche connesse alle nuove tecnologie.

La competenza è un modo di essere, di agire e reagire in progress della persona, a seconda delle situazioni in cui si trova ad operare. «Implica una visione olistica dell’individuo e del suo apprendimento: i saperi, i saper fare, i sa­per essere devono sintetizzarsi nel soggetto e dare origine ad atteggiamenti sia speculativi che operativi, nella consapevolezza dei processi attuati e nella capacità di controllo e valutazione del processo stesso». [22]

Da tutto ciò si evince che una competenza può dirsi raggiunta quando saperi, saper fare e saper riflettere diventano patrimonio di ciascun individuo e vengono spontaneamente, consapevolmente e responsabilmente ap­plicati alla soluzione di problemi di varia natura, emergenti da contesti di vita, di studio e di lavoro liquidi, reali e autentici.

L’individuo, però, non agisce mai da solo. Per poter rispondere efficacemente alle sempre più complesse e fluide esigenze della società in cui vive, è necessario saper interagire e co-agire con i soggetti sociali: «la risposta competente dovrà essere una risposta di rete e non solo una risposta individuale». [23]

«Come le due facce di una medaglia, ogni competenza comporta due dimensioni indissociabili: individuale e collettiva». [24] Oggi più che mai «la natura altamente relazionale della network society richiede anche di saper mettere in relazione, in rete, conoscenze, persone, processi» [25], per cui difficilmente è possibile essere competenti da soli, rimanendo isolati.

La “liquidità” dell’odierna network society coinvolge in particolar modo le nuove generazioni, i “nativi digitali” [26], nati e cresciuti in un ambiente fortemente marcato dalle tecnologie digitali. I giovani d’oggi sono “multitasking”, abituati a ricevere e a gestire rapidamente e simultaneamente informazioni da più fonti multimediali; perennemente connessi alla rete, con un accesso random alla conoscenza, senza più limiti spazio-temporali; impegnati nella produzione e co-produzione di contenuti mediante approcci ipertestuali e processi bottom up, che richiedono una capacità di riadattabilità in progress, «costantemente in “armonia” con un sistema la cui imprevedibilità, al momento, è l’unica certezza». [27]

Ecco allora che, in un’ottica costruttivista socio-culturale, la produzione-gestione-diffusione responsabile-consapevole-condivisa della conoscenza rappresenta, nell’attuale liquid modernity, una (forse “la”) strategia in grado di rispondere alle rinnovate sfide socio-economiche della knowledge society, così come emerge dai riferimenti europei in materia di competenze chiave per l’apprendimento permanente.

«Alla scuola e al mondo della formazione si chiede di preparare studenti e persone in grado di padroneggiare linguaggi e metodologie di carattere generale e specifico, capaci di raggiungere una maturità intellettiva e comportamentale che consenta loro di cogliere la dimensione unitaria del sapere, di sviluppare il senso della responsabilità personale e di assumere un atteggiamento critico di fronte alla realtà»; [28] studenti e persone capaci di apprendere in forma significativa per «vivere nelle rinnovate condizioni sociali ed economiche senza […] perdere di vista i valori umani fondamentali della crescita del sé, dell’autosviluppo e della solidarietà e inclusione sociale»; [29] studenti e persone in grado «di concretare un “empowerment” e un self-empowerment che possano favorire la “cittadinanza attiva” come `partecipazione sul piano culturale, politico/democratico e/o sociale dei cittadini alla società nel suo complesso e in seno alla collettività´». [30]

Tutto ciò richiede all’individuo di essere protagonista responsabile della sua crescita personale e sociale attraverso un impegno durevole per tutto l’arco della vita (life long learning), che lo guidi alla maturazione delle competenze chiave europee per “saper agire, reagire [31] e co-agire pensando”, nella complessità, provvisorietà e liquidità della nostra knowledge society.

L’apprendimento significativo può rispondere a tali esigenze contribuendo a formare un cittadino attivo oggi, responsabilmente e consapevolmente aperto al domani.

4. Apprendere in modo significativo è imparare a imparare

Apprendere in modo significativo per costruire e gestire competenze individuali e collettive diventa, dunque, una priorità educativa nella complessa, flessibile e dinamica società della conoscenza. Priorità riconosciuta anche dall’Unione Europea che, nel raccomandare le competenze chiave per l’apprendimento permanente, considera come trasversale a tutte le competenze l’imparare a imparare.

Si tratta di una competenza metodologica, utile a tutti i processi di apprendimento significativo, come si evince dalla definizione contenuta nel riferimento europeo: «Imparare a imparare è l’abilità di perseverare nell’apprendimento, di organizzare il proprio apprendimento anche mediante una gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello individuale che in gruppo. Questa competenza comprende la consapevolezza del proprio processo di apprendimento e dei propri bisogni, l’identificazione delle opportunità disponibili e la capacità di sormontare gli ostacoli per apprendere in modo efficace. Questa competenza comporta l’acquisizione, l’elaborazione e l’assimilazione di nuove conoscenze e abilità come anche la ricerca e l’uso delle opportunità di orientamento. Il fatto di imparare a imparare fa sì che i discenti prendano le mosse da quanto hanno appreso in precedenza e dalle loro esperienze di vita per usare e applicare conoscenze e abilità in tutta una serie di contesti: a casa, sul lavoro, nell’istruzione e nella formazione. La motivazione e la fiducia sono elementi essenziali perché una persona possa acquisire tale competenza». [32]

Imparare a imparare è apprendimento attivo e intenzionale, perché implica l’impegno costante ad organizzare il proprio bagaglio culturale, individuando, scegliendo ed utilizzando strategie, modalità, strumenti e fonti di  informazione e formazione anche in funzione dei contesti operativi, dei tempi disponibili, del personale metodo di studio e di lavoro, dei propri bisogni ed obiettivi. Emerge qui il riconoscimento degli apprendimenti non formali e informali, in grado di contribuire, accanto a quelli formali, a costruire e gestire la competenza individuale e collettiva.

Nella vita quotidiana, al lavoro, in famiglia, nel tempo libero (contesti di apprendimento informale), così come accade in contesti educativi extrascolastici (contesti di apprendimento non formale), si ricorre abitualmente a risorse, strumenti e informazioni disponibili nell’ambiente in cui si opera, per far fronte a problemi o svolgere compiti anche in situazioni di imprevedibilità. Spontaneo e naturale è pure il ricorso al supporto di persone più esperte (scaffolding) che concorrono, attraverso processi dialogici di scambio e confronto di saperi, nonché di dinamiche relazionali basate sulla collaborazione e negoziazione di significati, alla graduale interiorizzazione di nuove conoscenze.

Si tratta dunque di creare anche a scuola, o comunque in ambiti istituzionalizzati, contesti di apprendimento sociali, significativi, dinamici, autentici, in cui sia «possibile trasformare il sapere da disciplinare in un processo di costruzione e di interazione fra saperi stabili e competenze liquide. […] Contemporaneamente, condividere con gli altri i processi conoscitivi in un percorso collettivo di costruzione del sapere, sollecita prospettive multiple della realtà e, perciò, un’attitudine al pluralismo come base fondamentale per l’integrazione e l’inclusione». [33]

Conseguentemente imparare a imparare è anche apprendimento costruttivo e cooperativo: costruttivo perché è la competenza che favorisce processi e metaprocessi di apprendimento, che stimola capacità cognitive e sostiene analisi metacognitive in progress, nel corso dell’azione [34], incoraggiando una continua pratica riflessiva, una sempre maggiore comprensione (e non solo conoscenza) della realtà, un progressivo miglioramento delle proprie strategie cognitive, ma anche del lavoro comune. Imparare a imparare si fa così anche apprendimento cooperativo, perché è la competenza grazie a cui è possibile  sviluppare non solo un agire e reagire, ma anche un co-agire consapevole e responsabile, che alimenta positivamente la motivazione ad apprendere e facilita la costruzione e lo sviluppo di competenze collettive.

5. Progettare ambienti di apprendimento significativo[35]

Un ambiente di apprendimento è un ambiente pensato specificatamente a fini didattici; è la risultante dell’integrazione, in un sistema organico e coerente, di una molteplicità di elementi implicati nel processo di apprendimento.

L’allievo è coinvolto attivamente nella costruzione della conoscenza, partendo dall’identificazione e comprensione di situazioni di problem solving concrete e autentiche, rilevanti nel mondo reale, capaci di valorizzare tutti i talenti e le intelligenze multiple. L’individuazione consapevole di strategie risolutive richiede la capacità di saper applicare una vasta gamma di conoscenze ed elevate abilità di pensiero, di saper “agire-pensando”, dimostrando ciò che effettivamente si sa fare con ciò che si sa. [36]

La progettazione di contesti di esplorazione e manipolazione di artefatti materiali, cognitivi, dialogici e concettuali [37], di quelli che Jonassen definisce cognitive tools o mind tools, “strumenti” in grado di facilitare e arricchire i processi formativi, assume un’importanza fondamentale per promuovere il transfer dell’apprendimento dal contesto scolastico alla vita reale e viceversa, e migliorare le abilità cognitive e metacognitive.

In quest’ottica l’apprendistato cognitivo può sostenere processi di apprendimento significativo. Si tratta di un approccio che, muovendo dal concreto verso l’astratto, orienta, senza mai dirigere, lo studente all’azione riflessiva in progress sia sui contenuti appresi sia sui processi attivati; lo incoraggia a ragionare con criticità sulla realtà da molteplici prospettive, favorendo lo sviluppo del pensiero divergente e creativo e promuovendo la competenza nel dominio della pratica.

In questa prospettiva il docente si fa facilitatore, coach e counselor.

È innanzitutto esperto disciplinare, perché una didattica attiva non rigetta i contenuti in toto, ma solo quelli che producono conoscenza inerte. I contenuti vanno «trasmessi nel contesto di un problema da risolvere, di una attività da svolgere e selezionati sulla base della loro utilità ad affrontare quelle situazioni», perché sarà anche possibile far sì che le persone apprendano ciò che noi vogliamo, ma in futuro ricorderanno e useranno solo ciò che ha un senso per loro. [38]

Il docente diviene anche esperto di apprendimento, in grado di facilitare gli studenti nei processi di codifica delle conoscenze chiave irrinunciabili e di attivazione dei saperi naturali, della loro organizzazione, mappatura e trasferibilità da un dominio a un altro. Incoraggia l’interdipendenza tra saperi formali, informali e non formali. Con strategie di debriefing (“interrogare a fondo”) accompagna l’allievo lungo la strada della metacognizione, sollecitando la presa di coscienza dei punti di forza e di debolezza del suo percorso di apprendimento. Stimola processi di rielaborazione e trasferibilità di quanto appreso in contesti specifici: lo studente impara a stabilire dei ponti (bridging) tra i saperi acquisiti e le nuove situazioni in cui potrà reinvestirli e comunicarli socialmente.

In qualità di esperto attento alla sfera intra e interpersonale dell’apprendente, il docente tende altresì a perseguire un clima di dialogo, ascolto, accettazione e sostegno reciproci, di relazioni positive, di sperimentazione di sé, fornendo scaffolding non solo cognitivo ma anche affettivo e favorendo modalità di apprendimento a mediazione sociale come il peer tutoring (insegnamento reciproco) e la peer collaboration (collaborazione tra pari).

Ecco allora che un ambiente di apprendimento costruttivista diviene knowledge-building community, [39] comunità di apprendimento in cui gli agenti sono in relazione tra loro e imparano attraverso processi dialogici, che promuovono la condivisione di saperi, abilità, expertise, la cooperazione nei processi di co-costruzione di conoscenza e significato, l’apertura nei confronti di prospettive multiple.

In questo contesto «il Cooperative Learning considera esperto l’insegnante che sa gestire e organizzare esperienze di apprendimento condotte dagli stessi studenti e, insieme, sviluppare obiettivi educativi di collaborazione, solidarietà, responsabilità e relazione, riconosciuti efficaci anche per una migliore qualità dell’apprendimento». [40]

Il clima cooperativo e positivo dell’ambiente di apprendimento favorisce un maggiore coinvolgimento di tutti gli allievi nella condivisione consapevole e intenzionale di obiettivi, scopi, strategie, nonché un graduale superamento di pregiudizi e barriere comunicative interpersonali. Un ambiente ricco socialmente, organizzato in gruppi di cooperazione, in cui sia possibile, attraverso la distribuzione e alternanza dei ruoli e della leadership, esplorare domini di conoscenza insieme ai compagni e all’insegnante, consente ai partecipanti di operare reciprocamente all’interno delle proprie zone di sviluppo prossimale, ottenendo risultati più avanzati di quelli conseguibili nelle normali attività individuali.

Se ciascuno studente si sente accettato e valorizzato nel gruppo per quello che è, ha modo di rafforzare i sentimenti di autostima e autoefficacia, elementi che esercitano un forte peso sulla motivazione ad apprendere. Questi fattori emotivo-motivazionali sono strettamente connessi con la creazione di una cultura di empowerment e di self-empowerment, volta a far acquisire agli allievi un senso di potere, di forza e di fiducia nelle proprie capacità, tale da modificare positivamente i risultati dell’apprendimento e da accrescere competenze intra e interpersonali.

Un ambiente di apprendimento costruttivista, in definitiva, promuovendo percorsi formativi learning centered, attenti a tutte le dimensioni del soggetto apprendente (a quella cognitiva, metacognitiva, pratico-operativa, ma anche a quella affettivo-motivazionale e relazionale-sociale), sostiene processi di sviluppo di competenze individuali e collettive, favorisce la crescita personale e la cittadinanza attiva e consapevole nell’attuale contesto della knowledge society.

6. Il ruolo delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione e delle Tecnologie Sociali emergenti

Nella cornice teorica costruttivista socio-culturale, ambienti di apprendimento significativo in cui poter costruire, co-costruire e condividere un modello di conoscenza che tenga conto delle caratteristiche della knowledge society, possono essere supportati dalle tecnologie digitali e telematiche e da quelle sociali emergenti.

Le ICT (Information and Communication Technology) possono diventare artefatti, tools, strumenti di apprendimento significativo, se forniscono agli studenti opportunità di imparare con le tecnologie e non dalle tecnologie. [41]

Il rischio infatti è di servirsi delle tecnologie, in primis del computer con tutte le periferiche e i software annessi e connessi, in un’ottica di insegnamento tradizionale e trasmissivo, come strumenti, cioè, che presentano, conservano e distribuiscono informazioni agli studenti. Non si dovrebbe utilizzare la “tecnologia come insegnante” e repository di informazioni, perché in questo modo non produce alcuna differenza significativa in termini di apprendimento. Si dovrebbe, piuttosto, considerare la tecnologia come “partner intellettuale” che aiuta a pensare. [42] Gli studenti apprendono in maniera significativa se sanno padroneggiare consapevolmente l’uso delle tecnologie, dimostrandosi in grado di utilizzarle anche in forma creativa per organizzare e rappresentare ciò che conoscono e che stanno imparando, per creare prodotti e risolvere problemi ancorati alla vita reale, per riflettere su contenuti e processi.

Le tecnologie, definite opportunamente da Jonassen “collaboration tools”, possono promuovere  la collaborazione, la cooperazione e la distribuzione di conoscenza nelle knowledge-building communities; rendere possibile e supportare i processi dialogici, quindi la conversazione, la discussione, il confronto produttivo, la negoziazione di significati, la costruzione di consenso, implicando da parte di tutti l’impegno a riflettere criticamente in un’ottica “progressista”, di  miglioramento della conoscenza.

Al tempo stesso le tecnologie concorrono a promuovere nell’allievo lo sviluppo di atteggiamenti che caratterizzano la sfera affettivo-motivazionale, diventando un importante partner in grado di offrire scaffolding, un’impalcatura nello sviluppo di conoscenze e abilità (scaffolding cognitivo) e nella maturazione di competenze anche a livello intrapersonale (scaffolding affettivo). Le “zone di sviluppo prossimale”, infatti, includono non solo le persone (insegnanti, esperti, compagni più capaci), ma anche le tecnologie, sia quelle tradizionali, sia quelle digitali e telematiche, fino alle più recenti tecnologie sociali, che possiedono le potenzialità per diventare motori in grado di agire positivamente sulla motivazione ad apprendere, l’interesse, la partecipazione, l’impegno.

La rete, il web 2.0, pensati come “partner intellettuali”, possono fornire all’insegnante un valido apporto per la predisposizione di ambienti learning centered capaci di sviluppare “la competenza” dell’imparare a imparare, senza trascurare la tipicità delle forme, degli stili e dei contesti di apprendimento dei bambini e giovani d’oggi.

Nella complessità dell’odierna società, infatti, la quotidianità degli studenti è molto diversa da quella degli adulti. Se la quotidianità di questi ultimi è fatta di pre-tecnologie digitali e telematiche o comunque di tecnologie concepite nell’ottica dei “migranti digitali”, che «hanno sempre un piede nel passato, nella loro terra d’origine» [43], quella dei bambini e giovani d’oggi è imbevuta di tecnologie. Videogiochi, computer, Internet, telefoni cellulari, tablet e ogni altra sorta di dispositivo simile, sono “vissuti” dai “nativi digitali” multitasking, come «estensioni fisiche del proprio corpo», come presenza normale e naturale nei propri luoghi di vita, elementi costanti incorporati simultaneamente, spontaneamente e con estrema naturalezza nelle pratiche personali e sociali. [44]

L’esplosione di Internet e la globalizzazione della rete, la diffusione dei Social Network e dei Social Software del web 2.0, stanno sempre più orientando gli screen-agers [45] verso forme di apprendimento informale, autodiretto, partecipativo. Attraverso un sistema paritario di sviluppo e condivisione di contenuti, i giovani assumono il nuovo ruolo di prosumer, produttori e co-produttori di conoscenza e significato mediante processi bottom-up, piuttosto che top-down, e strumenti decentralizzati controllati da loro stessi, piuttosto che dall’istituzione scolastica.

«Le tecnologie sociali consentono alle persone di raggiungere informazioni, conoscenza e altre persone che non sarebbero in grado di trovare off-line, sorpassando quindi qualsiasi intermediario come scuole, postini, agenzie di viaggio e mezzi di comunicazione per incontrarsi. Il web sta diventando il più grande luogo di convergenza degli esseri umani»[46], si sta trasformando in un “villaggio” attraente e seducente, in cui soprattutto i giovani d’oggi si incontrano e «cercano nella velocità e nelle relazioni a distanza la loro identità che forse nelle “città” in cui abitano normalmente non trovano più».[47]

Il luogo dell’apprendimento cambia, non è più situato ma distribuito, «diventa il prodotto dei fattori spazio-tempo-modi-strumenti, è dentro e fuori ognuno, è lo spazio virtuale della cittadinanza digitale iperconnessa».[48] Le relazioni sociali tessono una trama sempre più liquida e fluttuante, in cui la serendipity [49], l’interazione accidentale fra individui, può creare una sorta di “terzo spazio”, che si aggiunge, a volte sostituendosi, ai luoghi frequentati fra la casa (primo spazio) e il lavoro o la scuola (secondo spazio) e in cui le persone possono interloquire in maniera significativa, mediante riflessioni durante e a seguito dell’azione, che consentono di allargare individuali e ristrette visioni, concepite attraverso esperienze pregresse. [50]

È in questo “villaggio” o “terzo spazio” che il giovane d’oggi, l’Homo contextus (“connesso”) [51], vive la stragrande maggioranza delle situazioni di apprendimento, attivando continuamente meccanismi cognitivi in interconnessione costante con gli altri e il contesto. Egli evade le limitazioni fisiche della connettività mediante le moderne tecnologie di rete, che, esercitando un forte potere di fascinazione, stimolano una pluralità di esperienze ed esaltano forme multiple e collaborative di conoscenza e comunicazione.

È ciò che avviene nelle attuali comunità del web (Social Network) aperte tutto l’anno (quella di Facebook o di Twitter solo per citarne due tra le più famose o la più recente di Google+) o frequentate solo in occasione di eventi particolari (barcamps, world cafè e unconferences). Sono comunque “luoghi” capaci di connettere “serendipicamente” tempo, spazio e interessi di centinaia e centinaia di persone. Sono spazi partecipativi, caratterizzati da eventi bottom-up e da forme di auto-produzione e auto-pubblicazione di contenuti, mediante il recupero e l’embedding di risorse socialmente condivise e il cosiddetto mashup, «la “poltiglia” ricombinatoria di elementi esistenti». [52]

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Figura 2.  Un esempio di “MashUp” in un percorso di apprendimento ( Scuola Primaria) [53]

Questo “villaggio” o “terzo spazio”, in cui l’accesso alla cultura e alle relazioni non conosce più limiti spazio-temporali, rischia però di trasformare l’Homo contextus in un “gadget” [54] privo di individualità e di coscienza, permettendogli «di sguinzagliare il […] lato più sadico e oscuro. L’anonimità che la Rete garantisce, tramite diversi canali, consente a milioni di persone di sfogare senza filtro tutto il nero che hanno dentro, inquinando di fatto quello che potrebbe (e dovrebbe) essere una piazza straordinariamente ampia dove scambiarsi opinioni e costruire idee». [55]

C’è anche chi denuncia il pericolo, insito nei new media e nel web 2.0 in particolare, di indebolimento di «quei canoni di serenità, autorevolezza, vivacità, impegno, buona volontà, dibattito, critica che sono da sempre trade mark della libertà, dell’onestà, della ragione» [56], che potrebbe via via determinare un appiattimento e svuotamento dei contenuti on-line, nonché la svalorizzazione della creatività intellettuale e della potenzialità di creare “pensiero nuovo”.  La «poltiglia di informazione amorfa, generata continuamente in rete dal basso, rischia di distruggere le idee, il dibattito, la critica». [57]

Consapevoli delle potenzialità, così come dei rischi e pericoli connessi all’utilizzo delle tecnologie, diventa importante riflettere su uno dei compiti prioritari della scuola e della comunità di formatori ed educatori in genere:  guidare tutti i soggetti in situazione di apprendimento, in particolare gli studenti, a sviluppare le competenze per costruire una cittadinanza digitale attiva e responsabile nella crescente liquidità dell’era contemporanea.

Pensando alle tecnologie come a valide opportunità per mobilitare tutta la gamma delle capacità umane, «non solo gli individui avrebbero un miglior rapporto con se stessi stimandosi più competenti; ma probabilmente si sentirebbero anche più impegnati e capaci di unirsi al resto dell’umanità per lavorare al bene comune»[58] e costruire senso con il proprio “agire pensando” in interazione sociale.

Le tecnologie, in quest’ottica, possono realmente contribuire ad assolvere a quell’importante compito di diffusione a livello universale della conoscenza, intesa come bene comune, così come evidenziato nella parte iniziale di questa argomentazione.

Le tecnologie digitali e telematiche, le tecnologie sociali emergenti, quindi, vanno pensate come strumenti capaci di abbattere le barriere tecnologiche e economiche, di abbattere il digital divide che è la causa del knowledge divide, per l’effettiva globalizzazione del sapere. [59]

Da questi presupposti è nato il progetto “3T: Tessere Tanti Testi” (http://progetto3t.wordpress.com/info/), che, con la recente evoluzione “3T: Tessere Tanti Testi… con ALADINO” (http://progetto3t.wordpress.com/abstract-del-progetto-3t-tessere-tanti-testi-con-aladino/), rappresenta un tentativo di sperimentazione in classe di un percorso di apprendimento significativo mediato dalle tecnologie, secondo le peculiarità del modello pedagogico, metodologico e didattico qui analizzato.

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Sitografia

I link sono stati verificati in data 4 luglio 2011.

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http://ec.europa.eu/education/lifelong-learning-policy/doc42_en.htm

Portale della Commissione Europea dove sono pubblicati i documenti ufficiali relativi alla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio (2006) e al Quadro di riferimento europeo (2007) per le competenze chiave per l’apprendimento permanente (The European Framework for key competences)

http://www.apprendimentocooperativo.it/

Sito sull’apprendimento cooperativo del Ce.Se.Di (Centro Servizi Didattici) della Provincia di Torino, dove sono pubblicati, tra l’altro, numerosi contributi Prof. Mario Comoglio

http://www.costruttivismoedidattica.it/didattica/gruppi/gruppi.htm

File del saggio di Mario Comoglio, Una risorsa cruciale per l’integrazione: i gruppi cooperativi di apprendimento, 2000

http://www.educationduepuntozero.it/speciali/pdf/specialeagosto.pdf

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Un articolo di Gianni Riotta, in “Il Sole 24ORE.com” (10/01/2010), in cui commenta il libro di J. Lanier, Tu non sei un gadget

http://www.marcprensky.com/writing/

Il sito di Marc Prensky, dove sono pubblicati i file degli articoli: Digital Natives Digital Immagrants, in On the Horizon, MCB University Press, Vol. 9 N. 5, ottobre 2001 e Digital Natives Digital Immagrants, Part II: Do they really think differently? in On the Horizon, MCB University Press, Vol. 9 N. 6, dicembre 2001

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File dell’articolo di Peter Litturi, Gianni Marconato, Conversazione con David Jonassen, Pubblicato su Sistemi & Impresa N.9, novembre 2005

http://www.scribd.com/doc/24475078/Emergenza-educativa-e-nuove-tecnologie-Stimoli-per-una-riconsiderazione-della-questione

Articolo di Gianni Marconato, Emergenza educativa e nuove tecnologie. Stimoli per una riconsiderazione della questione, pubblicato in Rassegna CNOS, Anno 25/N.3, 2009

http://www.slideshare.net/fiorluis/parole-strumenti-esempi-nel-web-20

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Articolo di L. Vanin e S. Cacciamani, Knowledge Building Community in classe: progettazione, realizzazione e valutazione, pubblicato nella rivista del CNR di Genova TD Tecnologie Didattiche, N. 47, n.2, anno 2009

  1. Cfr. H. Gardner, Intelligenze multiple, traduzione dall’inglese di I. Blum, Edizioni Anabasi, Milano, 1994; Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento, Erickson, Trento, 2005; Cinque chiavi per il futuro, Feltrinelli, 2007.
  2. A. M. Varisco, Costruttivismo socio-culturale. Genesi filosofiche, sviluppi psico-pedagogici, applicazioni didattiche, Carocci Editore, Roma, 2002, p. 32.
  3. Cfr. ivi, p. 18.
  4. Il termine “impresa sociale” è utilizzato da R. Lesh, H. M. Doerr, in Beyond the constructivism, LEA, Mahwah, NJ, 2003.
  5. David Jonassen è Distinguished Professor presso l‟Università del Missouri – Columbia, Scuola di Scienze dell‟Informazione e delle Tecnologie per l‟Apprendimento. Il sito personale è visitabile all’indirizzo: http://web.missouri.edu/jonassend/
  6. Cfr. D. Jonassen et alii Meaningful Learning with technology, Pearson Education,  Upper Saddle River – New Jersey – Columbus – Ohio, 2008.
  7. Il matematico sudafricano Seymour Papert, uno dei pionieri dell’intelligenza artificiale, è considerato un costruzionista perché sottolinea il ruolo importante che nell’apprendimento attivo rivestono gli “artefatti cognitivi”, oggetti e dispositivi che facilitano lo sviluppo di specifici apprendimenti (in primis il computer).
  8. Cfr. M. Capponi, Un giocattolo per la mente. L’“informatica cognitiva” di Seymour Papert, Morlacchi Editore, 2009, p. 47.
  9. Cfr. G. Le Boterf, Costruire le competenze individuali e collettive. Agire e riuscire con competenza. Le risposte a 100 domande, Edizione italiana tradotta da  M. Vitolo et alii, A. Guia Editore, Napoli, 2008, pp. 130-131.
  10. Cfr. H. Gardner, Intelligenze multiple, op. cit., pp. 117 e 126-131.
  11. A. M. Varisco, Costruttivismo socio-culturale. Genesi filosofiche, sviluppi psico-pedagogici, applicazioni didattiche, op. cit., p. 92.
  12. Cfr. G. Le Boterf, Costruire le competenze individuali e collettive. Agire e riuscire con competenza. Le risposte a 100 domande, op. cit., p. 201.
  13. Per approfondire il concetto di empowerment cfr. ivi, op. cit., p. 213.
  14. A. Spinelli, Un’officina di uomini. La scuola del costruttivismo, Liguori Editore, Napoli, 2009,  p. 28.
  15. Ivi, p. 25.
  16. Ivi, p. 26.
  17. Cfr. F. Da Re et alii, Formare giovani autonomi e responsabili: la didattica per competenze in Veneto, Pubblicazione del MIUR – USR del Veneto, Grafiche Serenissima, 2009, p. 40.G. Le Boterf, Costruire le competenze individuali e collettive. Agire e riuscire con competenza. Le risposte a 100 domande, op. cit., p. 22.
  18. A. Spinelli, Un’officina di uomini. La scuola del costruttivismo, op. cit. pp. 11-12.
  19. Per “Società liquida”, “modernità liquida”, “vita liquida”, “liquidità”, cfr. Z. Barman, Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari, 2000 e Vita liquida, Laterza, Roma-Bari, 2008.
  20. Cfr. Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18-12-2006 (2006/962/CE) e  Quadro di riferimento europeo (2007).
  21. Cfr. M. Fierli, V. Gallina, Perché le competenze?, in Speciale – A scuola di conoscenze e competenze, Editoriale di Education 2.0, agosto 2010, p. 3. Nella fig. 1. risultano cinque competenze chiave. L’autore non spiega il motivo di tale “restrizione”, ma l’interpretazione di chi scrive questa nota è di una possibile “fusione” di competenze affini. Ad es. le due competenze relative alla “comunicazione” (“nella madrelingua” e “nelle lingue straniere”) possono essere state unificate; le competenze “spirito di iniziativa e imprenditorialità” e “consapevolezza ed espressione culturale” possono essere state raggruppate sotto la voce “competenze sociali e civiche”.
  22. S. Pea, La scelta del curricolo per competenze, , in Speciale – A scuola di conoscenze e competenze, op. cit., p. 9.
  23. G. Le Boterf, Costruire le competenze individuali e collettive. Agire e riuscire con competenza. Le risposte a 100 domande, op. cit, p. 63.
  24. Ibidem.
  25. A. Spinelli, Un’officina di uomini. La scuola del costruttivismo, op. cit. p. 30.
  26. Cfr. Marc Prensky, Digital Natives Digital Immigrants, 2001 e Digital Natives Digital Immigrants,Part II: do they really think differently?, 2001: http://www.marcprensky.com/writing
  27. A. Spinelli, Un’officina di uomini. La scuola del costruttivismo, op. cit. p. 25.
  28. M. R. Zanchin et alii, Formare giovani autonomi e responsabili: la didattica per competenze in Veneto, op. cit., p. 79.
  29. A. Spinelli, Un’officina di uomini. La scuola del costruttivismo, op. cit. p. 29.
  30. Ivi, pp.23-24. Nella citazione è riportato un estratto del documento della Commissione della Comunità Europea, Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente, Bruxelles, 2001.Il corsivo è nostro. Per self-empowerment s’intende il sentimento di “potere personale”, di “potere su di sé”, il sentirsi capaci di educare e controllare se stessi, di far emergere i propri talenti e risorse.
  31. Cfr. F. Da Re et alii, Formare giovani autonomi e responsabili: la didattica per competenze in Veneto, op. cit., p. 45.
  32. Cfr. Quadro di riferimento europeo (2007), doc. cit., p. 10.
  33. A. Spinelli, Un’officina di uomini. La scuola del costruttivismo, op. cit. p. 32.
  34. Cfr. ivi, p. 31.
  35. Il modello di “ambiente di apprendimento” descritto nel paragrafo emerge da uno studio di diversi autori. In particolare cfr.:
    -     Ausubel David Paul, Educazione e processi cognitivi. Guida psicologica per gli insegnanti, Franco Angeli Editore, Milano, 1987.
    -     Jonassen David et alii, Meaningful Learning with technology, op. cit.
    -     Spinelli Angela, Un’officina di uomini. La scuola del costruttivismo, op. cit.
    -     Varisco Bianca Maria, Costruttivismo socio-culturale. Genesi filosofiche, sviluppi psico-pedagogici, applicazioni didattiche, op. cit.
    -     Wilson Brent G., What is a Constructivist Learning Environment? In Brent G. Wilson (a c. di), Constructivist Learning Environments. Case Studies in Instructional Design, Educational Tecnology Publication, Englewood Cliff, New Jersej, 1996
  36. Cfr. M. Comoglio, Insegnare e valutare con il portfolio, op. cit. e La valutazione autentica: http://www.apprendimentocooperativo.it/img/valutaz_autentica.pdf
  37. Per il concetto di “artefatto concettuale” di Bereiter cfr. Varisco B. M. Portfolio. Valutare gli apprendimenti e le competenze, Carocci Editore, Roma, 2004
  38. Cfr. G. Marconato, E-learning senza Learning Object: un approccio per attività di apprendimento, in G. Marconato (a c. di), Le tecnologie nella didattica. Lo stato dell’arte all’inizio del nuovo millennio, Erickson, Trento, 2009, p. 149. Nella stessa pagina l’autore cita D. Jonassen, da Meaningful Learning with technology, op.cit..

    La tematica della “conoscenza inerte” è approfondita dallo stesso autore, in collaborazione con P. Litturi, anche nel paperConversazione con David Jonassen, pubblicato in Sistemi & Impresa, n. 9, novembre 2005:http://www.scribd.com/doc/230861/Conversazione-con-David-Jonassen

  39. Cfr. modello di Scardamalia e Bereiter (2006) in: http://www.tdmagazine.itd.cnr.it/files/pdfarticles/PDF47/6_TD47_Vanin_Cacciamani.pdf articolo di L. Vanin e S. Cacciamani, “Knowledge Building Community in classe: progettazione, realizzazione e valutazione”, pubblicato nella rivista del CNR di Genova TD Tecnologie Didattiche, N. 47, n.2, anno 2009.
  40. M. Comoglio, Una risorsa cruciale per l’integrazione: i gruppi cooperativi di apprendimento, 2000: http://www.costruttivismoedidattica.it/didattica/gruppi/gruppi.htm
  41. Cfr. D. Jonassen et alii, Meaningful Learning with technology, op. cit., p. 5.
  42. Cfr. G. Marconato e P. Litturi, Conversazione con David Jonassen, op. cit., p. 17.
  43. G. Marconato, Emergenza educativa e nuove tecnologie. Stimoli per una riconsiderazione della questione, Articolo pubblicato in Rassegna CNOS, Anno 25/N.3, 2009, p. 23: http://www.scribd.com/doc/24475078/Emergenza-educativa-e-nuove-tecnologie-Stimoli-per-una-riconsiderazione-della-questione
  44. Cfr. ivi, pp. 22, 25.
  45. Cfr. D. Rushkoff, Screenagers: Lessons in Caos from Digital Kids, Hampton Press Communication, Cresskill – N.J., 2006.
  46. Cfr. T. Arina, Apprendimento informale e il ruolo delle Tecnologie Sociali emergenti, in G. Marconato (a c. di), Le tecnologie nella didattica. Lo stato dell’arte all’inizio del nuovo millennio, op. cit. p. 105.
  47. L. Fiorini, Competenze per la costruzione della cittadinanza digitale consapevole, in G. Marconato (a c. di), Le tecnologie nella didattica. Lo stato dell’arte all’inizio del nuovo millennio, op. cit., p. 192.
  48. Cfr. ivi, p. 194.
  49. Cfr. T. Arina, Apprendimento informale e il ruolo delle Tecnologie Sociali emergenti, in G. Marconato (a c. di), Le tecnologie nella didattica. Lo stato dell’arte all’inizio del nuovo millennio, op. cit., pp. 107-113.
  50. Cfr. ibidem e videointervista a T. Arina, Il futuro dell’apprendimento è informale e mobile,  2007: http://www.masternewmedia.org/it/il_futuro_dellapprendimento_e_informale.htm
  51. Cfr. ibidem.
  52. L. Fiorini, Incastra nella poltiglia, marca il territorio, trascina con te. Parole, strumenti, esempi nel web 2.0, 2007:http://www.slideshare.net/fiorluis/parole-strumenti-esempi-nel-web-20
  53. L’esempio è tratto da un percorso di apprendimento sui Celti effettuato da alunni di classe 5^ di Scuola Primaria, pubblicato nel wiki del Progetto “3T: Tessere Tanti Testi”, di cui la scrivente è referente: http://progetto3t-tessere-tanti-testi.wikispaces.com/Da+Happy+Halloween…+ai+Celti
  54. Cfr. J. Lanier, Tu non sei un gadget, Mondadori, 2010.
  55. Cfr. l’articolo di F. Deotto, Tu non sei un gadget, il manifesto anti-open source di Jaron Lanier:http://blog.panorama.it/libri/2010/10/19/tu-non-sei-un-gadget-il-manifesto-anti-open-source-di-jaron-lanier
  56. Cfr. l’articolo di G. Riotta, Cara, vecchia Internet, vai sul sito www.veritàhttp://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2010/01/web-il_futuro_della_rete.shtml?uuid=8df245d6-fd7b-11de-8c90-4a248985d8b2&DocRulesView=Libero
  57. Ibidem. Il corsivo è nostro.
  58. H. Gardner, Intelligenze multiple, op. cit., p. 19.
  59. Cfr. A. Spinelli, Un’officina di uomini. La scuola del costruttivismo, op. cit. p. 13.