Abstract
In un’epoca di trasformazioni continue gli individui, le istituzioni e la società sono in crisi. E i giovani, per le loro caratteristiche interne, riflettono acutamente i mutamenti e le trasformazioni continue come delle “spie” di allarme.
Negli ultimi anni i comportamenti a rischio esprimono sempre più una dimensione quasi de-realistica in cui i ragazzi tendono a rinchiudersi: in questa condizione in cui non si realizza una relazione fiduciaria con l’altro non è possibile relazionarsi con l’altro con fiducia e realizzare momenti creativi; si resta, invece, indifferenti e indifesi, spesso in balia dei media, senza possibilità di un uso costruttivo e consapevole delle tecnologie. Per evitare ciò, è necessario che gli adulti tornino ad assumere pienamente e con responsabilità la loro funzione educativa.
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Da diverso tempo ormai nella nostra società si parla di crisi: questa attraversa i diversi ambiti, e dunque crisi economica, politica, sociale. D’altra parte la crisi si manifesta anche in maniera verticale a partire dalle istituzioni fino al singolo individuo.
In un’epoca di trasformazioni continue gli individui, le istituzioni e la società sono in crisi. E dunque anche i giovani sono in crisi: vivono la crisi, la subiscono o cercano di difendersi da essa?
La parola crisi deriva dal greco “krino”, separare, ma anche discernere, giudicare e valutare. Nell’uso comune questo significato ha assunto un senso negativo, conriferimento agli aspetti di peggioramento di una situazione. Ma se pensiamo bene alla parola troviamo anche un significato positivo del termine, perché la crisi comporta un momento di riflessione, di valutazione, di scelta critica e può sicuramente portare ad un miglioramento.
Nei momenti di crisi spesso si guarda ai giovani che per le loro caratteristiche interne ben riflettono i mutamenti e le trasformazioni continue come delle “spie” di allarme. I giovani ci portano a riflettere sul disagio della società, sulle difficoltà degli adulti; sono loro i “segnalatori” di fenomeni già esistenti nella società, ma li sentono con un certo anticipo, rispetto alle altre categorie sociali o di età.
Essi rappresentano uno specchio di un qualcosa che in realtà è già in atto, ma che non appare con la stessa evidenza nei comportamenti degli altri soggetti [1].
Oggi i giovani vivono con ansia e frustrazione la mancanza dei riti di passaggio. Nella costruzione dell’identità è fondamentale il ruolo di limiti e confini esterni, cioè del contesto socioculturale di riferimento: la famiglia, la scuola. Queste due agenzie sociali sembrano aver perso ogni autorità ed attraversano un grave momento di difficoltà nella gestione di particolari problematiche. I riti di passaggio sono necessari nelle diverse culture per affrontare il cambiamento e costituiscono l’accesso ad una fase successiva, segnando la crescita dell’individuo e del gruppo di riferimento. Questa funzione, che struttura, oggi pare essere esaurita, mentre resta comunque la necessità per l’individuo di portare avanti il suo percorso di crescita fisica e psichica.
L’“assenza di significato” tipica della fase di transizione era colmata dai riti che accompagnavano il giovane all’interno della confortevole stabilità del mondo adulto. Quello che oggi sta cambiando è il senso condiviso del rito di passaggio nell’incontro tra coloro che accolgono e coloro che devono essere accolti [2].
Secondo Ladame [3], oggi giovani e adulti vivono con frustrazione l’assenza di riti di passaggio e soprattutto del valore loro attribuito; mancano i punti di riferimento stabili nei momenti critici della vita per affrontare i cambiamenti necessari alla costruzione della propria identità.
I ragazzi oggi per affrontare la crisi adolescenziale eseguono altri riti, spesso crudeli, come antidoto alla tensione e alla confusione. Il soggetto adolescente è impegnato in un’unica esperienza: quella di vivere; e dunque in un unico problema fondamentale: quello di esistere [4].
I compiti evolutivi che il ragazzo deve portare a termine sono gli stessi di un tempo, ma è mutata la ragione che lo spinge e che lo accompagna ad un utilizzo del processo creativo per la propria crescita. Sono i “nuovi” adolescenti di cui parla Pietropolli Charmet.
La ricerca di senso presente nel mondo adolescenziale deve scontrarsi ogni giorno con le distorsioni presenti nel mondo adulto, famiglia e scuola. La società attuale non propone ai giovani delle buone alternative o soluzioni valide; dunque i comportamenti a rischio diventano l’angolazione giusta per sfidare il mondo adulto.
Negli ultimi anni i comportamenti a rischio esprimono sempre una dimensione come de-realistica, in cui i ragazzi tendono a rinchiudersi come “naufraghi”: sono i comportamenti che sottendono una fuga dalla realtà in direzione del virtuale. I rischi di un rifugio nel virtuale sono però elevati e consistono in una sorta di falso appagamento totalizzante con disinteresse verso le modalità interattive reali [5].
Nella relazione con adulti così poco “contenitivi” anche i giovani sembrano avere nostalgia di un’autorità ormai perduta. Crepet [6] a tale riguardo parla di un “coraggio che i figli ci chiedono” e di dimensioni contenitive che si vanno sempre più smarrendo.
Effettivamente senza un padre e una madre autorevoli, i figli non riescono a diventare liberi veramente.
In questa condizione, in cui non si realizza una relazione fiduciaria con l’altro, non resta che il ripiegamento su se stessi; non è possibile relazionarsi con l’altro con fiducia e realizzare momenti creativi; si resta, invece, indifferenti e indifesi davanti al bombardamento dei media.
Molti giovani si ritrovano incapaci di vivere e gestire gli strumenti tecnologici a disposizione e finiscono per viverli come strumenti immobilizzanti, paralizzanti. Allora anche la tecnologia diventa uno specchietto di richiamo per questi giovani “narcisi”. Il sé idealizzato trova espressione solo in una modalità di rispecchiamento orizzontale, senza regole, senza confini. Dunque spesso si muovono nel virtuale senza consapevolezza.
In una ricerca pilota condotta su circa 500 preadolescenti e il loro utilizzo dei blogs [7] è emerso, tra gli altri, un elemento importante: i ragazzi non essendo “visti”, cercano nei blogs soprattutto uno “specchio”. Lo spazio virtuale assume la funzione di rispecchiamento e riconoscimento del valore, della fiducia nelle proprie idee e nel proprio futuro; diventa un luogo immaginario di incontro e aggregazione. In realtà, però, costituisce un limbo dove stazionare per non affrontare il reale, per non dare una spinta alla creatività.
Il testo Giovani lasciati al presente riporta i risultati dell’indagine sull’identità dei giovani commissionata al Censis dall’Osservatorio Europeo sui Giovani nel 2002 e realizzata su un campione rappresentativo di ragazzi italiani tra i 15 e i 30 anni: i giovani privilegiano fortemente su tutti i piani le relazioni brevi e immediate; vogliono essere “ora” e questo spiega la mancanza di impegno sociale, l’appiattimento dei giovani sul presente, il loro utilizzo di telefonini e SMS. Mancano lo sguardo verso il futuro, le aspirazioni e i desideri.
Dal 9° Rapporto annuale Censis sulla comunicazione emerge ancora lo sfrenato utilizzo dei media: la maggior parte delle persone utilizza internet per trovare le strade; l’88% dei giovani è iscritto a Facebook; il 22,5% usa internet per le operazioni bancarie e ben il 19% per fare acquisti, il 18% per prenotare un viaggio, il 41% dei disoccupati per cercare lavoro; il 67,8% degli italiani conosce almeno un social network. Il 50% dei soggetti sostiene il potere (e il rischio) di omologazione della rete, che appiattisce la creatività e crea conformismo. L’83,8% riconosce però a Internet il merito di permettere a chiunque di esprimersi liberamente.
La chiave del problema è nella consapevolezza e nell’uso appropriato della tecnologia. I rischi connessi all’utilizzo della rete sono comunque legati ad un suo uso più o meno consapevole: mancano le regole (interne!) e i confini. E in questo entrano di nuovo le responsabilità degli adulti e le funzioni genitoriali: i limiti sono quelli dettati dal “padre” e oggi invece si assiste spesso (e non sempre) ad una latitanza completa della figura paterna.
Bollas [8] ritiene che la destrutturazione di questa funzione paterna sia responsabile di una sorta di annichilimento dell’individuo, in quanto si determina una alterazione dei processi di simbolizzazione nel rapporto con la realtà.
Lo spazio del desiderabile viene sostituito da una rappresentazione simbolica che prende il posto della realtà; si confonde il rapporto con il reale e le fantasie sulla realtà.
Uno studio condotto dall’Università del Maryland ha portato in evidenza un disturbo definito come Information Deprivation Disorder: la ricerca ha visto il coinvolgimento di diversi studenti provenienti da 12 università di tutto il mondo a cui è stato chiesto di trascorrere 24 intere ore lontano da tutti i dispositivi elettronici tra cui pc, cellulari, giornali, iPod, televisione, radio. Sono stati registrati veri e propri sintomi di astinenza, tra cui ansia e irrequietezza, consistenti in un malessere derivante dalla privazione di informazioni e dal senso di isolamento.
Questi risultati dovrebbero far riflettere maggiormente sul labile confine tra uso e abuso di questi mezzi e strumenti.
Attualmente in Italia si registrano circa 50 casi (ufficialmente dichiarati) di giovani adolescenti, definiti e presi in carico come Hikikomori.
Di cosa si tratta? Il termine giapponese indica l’isolamento, il mettersi in disparte. Si tratta di giovani e giovanissimi che scelgono di rinchiudersi nella propria stanza, tagliando e rifiutando ogni tipo di rapporto con il mondo esterno e trascorrendo il tempo con Internet, fumetti e videogiochi. Si tratta di un fenomeno molto grave che in Giappone costituisce un problema sociale di dimensioni enormi.
Questo fenomeno ha caratteristiche specifiche che lo distinguono dall’abuso tecnologico e da altre forme patologiche, ma parte forse dallo stesso elemento comune: anche in questo caso si sceglie infatti una vita “virtuale” che sostituisce in pieno il reale!
Per comprendere il fenomeno è necessario certamente riferirsi alla società e cultura giapponese profondamente differente da quella occidentale: dunque, la classificazione e la diagnosi corretta di questi casi è particolarmente complessa. Alcuni casi presentano diversi elementi di comorbidità con altre patologie: gli hikikomori mostrano alcuni aspetti simili a coloro che soffrono di taijin-kyofu-sho [9], che consiste nel provare vergogna estrema alla presenza di altri, patologia ben studiata da Shoma Morita, fondatore del Morita therapy.
Il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare giapponese ha sottolineato già da diverso tempo l’aspetto del ritiro sociale che deve perdurare per almeno 6 mesi.
Anche se diverse patologie possono essere alla base di questo fenomeno, il 45,5% dei casi registrati come Hikikomori non risultano soddisfare uno dei criteri per i disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, abuso di sostanze e dipendenza.
D’altra parte, alcuni studiosi sottolineano la presenza di fattori di rischio all’interno del contesto familiare. Spesso è stata notata una prevalenza di casi nelle famiglie di ceto medio-alto ma sono troppo pochi gli studi che criticamente hanno valutato l’impatto di queste variabili; un altro possibile fattore di rischio potrebbe essere la presenza di psicopatologia all’interno del nucleo familiare.
Uno studio di Umeda e collaboratori [10], partendo dai dati dallo studio denominato World Mental Health Japan, ha messo in evidenza i seguenti risultati: i casi di hikikomori sembrano essere prevalenti nelle famiglie con scarso svantaggio socioeconomico; la presenza di disturbi, con particolare riferimento agli attacchi di panico, nella madre sembra essere positivamente correlata con la presenza del fenomeno. Il maggiore livello di istruzione dei genitori sembra costituire un fattore di rischio: questo elemento potrebbe essere spiegato dalla presenza di maggiori aspettative nei genitori maggiormente istruiti. Lo studio, come evidenziato dagli stessi autori, mostra diversi limiti e comunque evidenzia la necessità di studi futuri su campioni specifici e con metodi longitudinali.
L’evidenza specifica resta comunque quella dell’isolamento e del ritiro sociale: si interagisce, in maniera più o meno esclusiva, solo con lo schermo. Questo ci fa tornare a pensare ai nostri giovani che spesso si ritirano nelle proprie stanze anche se con atteggiamenti, manifestazioni e “sintomi” diversi da quelli giapponesi, perché culturalmente connotati.
Da queste considerazioni specifiche è nata l’idea del progetto “Oltre lo schermo” che sarà brevemente presentato più avanti.
L’adolescente oggi non si rispecchia con i genitori, con gli insegnanti, con la scuola in generale e con la società perché troppo preso da sé. Non si ribella nemmeno più! Non c’è rivolta esterna perché si ascolta solo se stesso. Questo si riscopre anche e purtroppo in senso patologico. Oggi si parla sempre più di fragilità e rischio.
Pietropolli Charmet [11] afferma che la fragilità è sempre stata una caratteristica invariante dell’adolescente: nonostante ciò, oggi i giovani hanno una fragilità “diversa” che si fonda sull’impressione di avere una “missione speciale” da compiere, e che lo porta fuori dal suo tempo rendendolo spesso disinteressato alle vicende che dovrebbero invece riguardandolo da vicino.
La televisione è al completo servizio di Narciso: si incarica di rispecchiarlo, intervistarlo, farlo danzare, cantare. Gareggiare in bellezza ed esibire i suoi costumi e le sue mode. La pubblicità lo corteggia e lo rappresenta come modello di ogni consumo e di tutte le malizie. Il cinema canta i suoi amori e dissolutezze con una tenerezza commerciale inusata nei decenni precedenti, quando semmai, l’adolescente era rappresentato come vittima dell’autorità violenta in seno alle istituzioni degli adulti. L’editoria vive delle vendite di libri costruiti per lui [12].
Gli adolescenti “fragili” sono a rischio nella rete. Aderire alla realtà diventa troppo faticoso, perché richiede di accettare i propri limiti e quelli degli altri, faticare nello scorgere un futuro di autorealizzazione. E in tempi di crisi questo vuol dire essere particolarmente responsabili e “creativi”.
La creatività costituisce l’ingrediente fondamentale per fare in modo che il processo di innovazione si metta in moto. Lo sviluppo, la crescita, il cambiamento hanno tutte in comune la creatività; la vivacità intellettuale per fare nuove cose richiede creatività e responsabilità.
I giovani dunque possono partire da un percorso di riappropriazione del percorso di crescita e consapevolezza. Nel progetto qui proposto si vuole proprio dare spazio alla loro creatività, sfruttando le loro potenzialità per un percorso consapevole di scambio reciproco.
I media, le tecnologie possono costituire un validissimo strumento per la crescita e l’innovazione, ma devono essere utilizzati in maniera più consapevole e responsabile dai giovani [13].
E in questa direzione qualcosa si può fare per uscire dalla crisi in maniera creativa. Partiamo dai giovani, con loro, e agiamo in maniera preventiva!
Agli adulti il compito di traghettarli…
La scuola potrebbe forse svolgere questo compito di traghettamento dei giovani verso il mondo degli adulti; spesso, però, gli insegnanti, sembrano essere poco consapevoli di questo loro potere trasformativo e poco capaci di proporsi come tutori di una simile ritualizzazione. Per il ruolo che occupano potrebbero essere interlocutori preferenziali per realizzare con i ragazzi uno spazio di crescita condivisa, spazio di trasformazione per entrambi [14].
Credo che l’attuale crisi economica possa essere molto utile a chi deve educare. I periodi di vacche grasse sono terribili da questo punto di vista: portano a pensare che non vi sia più nulla da migliorare, che tutto sia ormai garantito, che l’impegno e l’inventiva fossero necessari solo un tempo, quando servivano a spezzare catene che tenevano l’umanità legata ai ceppi del suo passato miserabile. In questo modo ci si addormenta e si diventa vulnerabili a ogni cambiamento di vento (Crepet [15]).
Gli educatori adulti hanno il compito di aiutare i giovani ad avvicinarsi alla rete e conoscerla essi stessi.
Nicholas Negroponte, informatico americano noto per i suoi studi in merito all’interfaccia uomo-macchina, nel 1995 [16] scriveva sull’influenza della posta elettronica nella nostra vita. Effettivamente “essere digitali” significa aver sviluppato un modo nuovo di comunicare, interagire, socializzare, costruire la propria cittadinanza attiva, la propria realtà; essere digitali è il prodotto di processi sociali ed educativi complessi che coinvolgono tutti coloro che con motivazioni e mezzi diversi ne sono stati e ne sono interessati. Da qui la necessità di promuovere:
- Conoscenza del web e del mondo digitale in genere, in qualità di genitori/educatori e come giovani;
- educazione alla responsabilità: per una maggiore consapevolezza e conoscenza delle conseguenze del muoversi nel web;
- educazione alla cittadinanza attiva: studio e conoscenza dei diritti/doveri dello stare in rete;
- fiducia: costruire un rapporto di fiducia tra educatori e giovani basato sul dialogo e il confronto anche attraverso la creazione condivisa delle regole;
- players e privacy e la gestione del pubblico vs privato: i giovani che sono i primi attori in questione sono “più fragili”, perché più esposti al rischio che persone terze (altri attori) usino i loro dati a scopi non leciti;
- creatività ed etica.
Di seguito proporremo alcuni spunti formativi e educativi tratti da un progetto di educazione e prevenzione sull’uso consapevole delle tecnologie; in allegato saranno proposte alcune schede esemplificative delle attività.
Oltre lo schermo. Progetto di educazione all’uso consapevole dei mass media.
Obiettivi
Il progetto si propone di far acquisire ai ragazzi consapevolezza del valore della loro persona e delle relazioni con l’altro, approfondendo gli aspetti emotivo-affettivi delle relazioni che essi vivono, evidenziando i fattori di rischio dell’abuso dei media e promuovendo uno scambio fecondo all’interno del gruppo classe come stile di comunicazione non superficiale.
Target
Gruppi classe scuola secondaria di primo e secondo grado.
Metodologia
Lavoro interattivo tramite schede/giochi/questionari ed altro.
Tipologia conduttore
Il conduttore deve essere una persona con esperienza in ambito educativo, spiccate capacità relazionali e di gestione di gruppi. Poiché il lavoro affronta anche temi sensibili, è preferibile che non sia un docente interno alla scuola al fine di sollevare i ragazzi dalla paura della valutazione.
Sede degli incontri
Aula scolastica con banchi e sedie a muro (comunque a disposizione): assetto dell’aula variabile a seconda delle attività.
Durata e numero degli incontri
4 incontri di circa un’ora e mezza ciascuno a frequenza settimanale.
Il planning delle attività è il seguente.
Numero incontro e Contenuti | Attività | Tempi | |
1 |
Presentazione, prime valutazioni su rischio e uso dei mass media. |
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20’ 10’ 40’+10’ |
2 |
Comunicazione dei mass media, educazione alle emozioni. |
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10’ 30’ 30’ |
3 |
Educazione alle emozioni e all’immagine di Sé, comprensione dei propri bisogni. |
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5’ 20’ 30’ 30’ |
4 |
Sfera pubblica e sfera privata, fraintendimenti nel linguaggio, attività di prevenzione, conclusione. |
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10’ 40’ 20’ 20’ |
La prima attività proposta nel corso del primo incontro è naturalmente la presentazione, necessaria per la formazione e le attività di gruppo, nonché utile per l’analisi di bisogni e motivazioni. Più avanti illustriamo l’attività proposta come presentazione (LOLclassRoom!).
Una volta effettuata la presentazione si può procedere, lavorando con il gruppo sui rischi connessi ad uno scorretto utilizzo della rete. Una delle attività è quella del Social class che aiuta i ragazzi ad acquisire maggiore consapevolezza nell’utilizzo dei social network.
Le diverse attività proposte sono ispirate al lavoro di gruppo, al libero confronto anche attraverso metodologie specifiche quali il role-playing e la peer education. Il role playing consiste in una tecnica di formazione e simulazione che all’interno di una situazione protetta consente ai partecipanti di assumere un ruolo e sperimentare emozioni connesse ad eventuali situazioni problematiche (“come se”); la peer education è una metodologia di formazione e supporto tra pari.
Nel corso del percorso possono essere anche utilizzati strumenti e questionari vari di valutazione (ad esempio sull’utilizzo delle diverse tecnologie): in questo caso il planning prevede una somministrazione iniziale ed una finale.
Tra le diverse attività si può richiedere ai ragazzi stessi di ricercare alcune pubblicità e di analizzarle in gruppo: lo scopo è quello di osservare e indagare il messaggio pubblicitario, riconoscerne i codici (verbali, iconici, sonori, filmici ecc..) in base al tipo di supporto.
Le altre attività proposte nel planning, come il “diario delle emozioni”, hanno la finalità di accompagnare i ragazzi nel riconoscere, esplicitare e scambiare le emozioni.
Queste attività, se proposte in maniera strutturata in un progetto che veda coinvolti anche gli adulti (genitori e insegnanti), potrebbero costituire un valido intervento di prevenzione ed educazione ad un utilizzo più consapevole dei media.
Di seguito vengono presentate alcune attività.
Allegati
Schede Attività
Incontro 1_Attività 1: LOLclassROOM
Premessa:
In questo caso la presentazione viene fatta simulando la creazione di un profilo per il social network LOLclassROOM! (cioè “Laughing out loud” classroom! = aula davvero divertente!). Come in ogni social network la creazione del profilo è libera e si può decidere di rendere pubbliche tutte le informazioni oppure no, scegliendo anche se aggiungere qualcosa in più rispetto a quelle richieste.
Obiettivo:
Introduzione al laboratorio. Conoscenza del gruppo e presentazione. Stimolare la creatività e la partecipazione critica.
Materiali:
Scheda di profilo, pieghevole di riconoscimento, post-it bianchi, penna/matita, altro materiale a scelta dei partecipanti.
Svolgimento:
Compilazione pieghevoli e presentazione.
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Iscrivetevi a LOLclassROOM! Create il vostro profilo e scegliete cosa rendere pubblico o no. Disegnate la vostra immagine profilo su un post-it e attaccatela. Potete ovviamente modificarla in qualunque momento, così come potete modificare il vostro status.
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Esempio pieghevole |
Incontro 1_Attività 3: SOCIAL class tempo 40’ + 10’
Premessa:
I social network hanno cambiato il modo di comunicare tra le persone. Non sempre però sappiamo chi ci sia veramente oltre lo schermo.
Obiettivo:
Introduzione laboratorio, libera espressione dei ragazzi, prima comprensione dei rischi della rete.
Materiali:
2 PC in rete tra loro, un divisorio (anche lavagna va bene), proiettore.
Il conduttore avrà già impostato due profili con avatar/android su un social network –es. facebook- che i ragazzi personalizzeranno. ID e PWD sono a sola disposizione del conduttore.
Svolgimento:
Il conduttore invita un volontario (ragazzo) a sedersi in una postazione. All’insaputa del primo si sceglie un altro ragazzo che però si fingerà ragazza. Ognuno imposta il proprio profilo (il primo libero, il secondo guidato) e si inizia la conoscenza attraverso il social network. Tutto viene proiettato e reso pubblico alla classe che alla fine, svelato il gioco, farà le sue valutazioni.
Incontro 2_Attività 4: Il diario delle Emozioni (punti 1+2+3) tempo 35’
Tratto e adattato da: C. Lo Presti, B. Quadernucci, Allenare l’Intelligenza Emotiva dei Nostri Bambini – al Nido, a Scuola, a Casa – a partire dai 2 anni, Era Nuova, Perugia 2004.
Premessa:
Le emozioni sono reazioni, brevi ma intense, che insorgono all’improvviso in risposta a degli stimoli ambientali che per un qualunque motivo ci colpiscono. Le emozioni, quando compaiono in noi, provocano una serie di reazioni a livello somatico, vegetativo e psichico. Non sempre si è però in grado di riconoscerle, tantomeno di gestirle. Identificarle, saper dare loro un nome e associarle allo stimolo o al pensiero che le ha generate può aiutare a migliorare la relazione con gli altri e renderla così più autentica.
Obiettivo:
Riconoscere le emozioni e saperle collocare nel contesto che le ha provocate.
Materiali:
Scheda “Diario delle emozioni”, penna/matita.
Svolgimento:
Il conduttore introduce brevemente il concetto di emozione e di riflesso somatico. Si invitano i ragazzi poi a compilare il “Diario” e ad analizzare il risultato (punti 1+2+3). Segue discussione di gruppo. Si invita a svolgere il punto 4 privatamente a casa per riparlarne all’incontro successivo.
DIARIO DELLE EMOZIONI
- Ripercorrendo mentalmente la giornata di ieri, segna con una crocetta le emozioni che hai sperimentato nella colonna del giorno della settimana a cui si riferisce (inserisci anche mese e numero del giorno).
Mese: | lunedì | martedì | mercoledì | giovedì | venerdì | sabato | domenica |
FELICITÀ | |||||||
TRISTEZZA | |||||||
RABBIA | |||||||
PAURA | |||||||
NOIA | |||||||
SODDISFAZIONE | |||||||
CONTENTEZZA | |||||||
ALLEGRIA | |||||||
EUFORIA | |||||||
FASTIDIO | |||||||
IRRITAZIONE | |||||||
NERVOSISMO | |||||||
FURIA | |||||||
PREOCCUPAZIONE | |||||||
AGITAZIONE | |||||||
ANSIA | |||||||
PAURA | |||||||
TERRORE | |||||||
SCONTENTEZZA | |||||||
DISPIACERE | |||||||
INFELICITÀ | |||||||
DISPERAZIONE | |||||||
SORPRESA | |||||||
DISGUSTO | |||||||
TIMIDEZZA | |||||||
INCERTEZZA | |||||||
GRATITUDINE | |||||||
STRESS | |||||||
VERGOGNA | |||||||
RIMPIANTO | |||||||
INVIDIA | |||||||
SENSO DI COLPA | |||||||
RANCORE |
2. Altre attività.
Incontro 4_Attività 2: SMS_SeManticaStipsi tempo 20’
Tratto e adattato da: S. Manes (a cura di), 83 Giochi psicologici per la conduzione di gruppi, Franco Angeli, Milano 2010.
Premessa:
Il linguaggio, se usato in forma scorretta, può provocare fraintendimenti, talvolta anche gravi. Il linguaggio utilizzato in sms, chat o Internet in generale, ha subito notevoli cambiamenti e adattamenti dovuti al limite di spazio concesso dal gestore e alla velocità con cui si scrive.
Obiettivo:
Comprendere l’importanza dell’uso corretto del codice linguistico nelle sue diverse forme. Comprendere l’importanza dell’influenza della percezione individuale sulla comprensione di un messaggio.
Materiali:
Lavagna, gessetto, carta, penna.
Svolgimento:
Il conduttore dichiara di aver ricevuto un sms che però non riesce a comprendere perché senza punteggiatura. Con proposta libera i ragazzi propongono dove e quale inserire.
_______________________
SMS: Sara ora sono felice solo quando mi sei accanto non provo nulla se guardo le altre donne generose gentili premurose non sono contento di te desidero l’affetto di un’altra non sarò mai tuo Mario
“Non possiamo pretendere che le cose cambino,
se continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi è la più grande benedizione
per le persone e le nazioni,
perché la crisi porta progressi.
La creatività nasce dall’angoscia
come il giorno nasce dalla notte oscura.
E’ nella crisi che sorge l’inventiva,
le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera se stesso
senza essere superato”
(Albert Einstein, 1931)
Bibliografia
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- A. Casoni (a cura di), Il complesso del piccolo Hans, Roma, Edup, 2010. ↩
- L. Angelini, D. Bertani (a cura di), L’adolescenza nell’epoca della globalizzazione, Milano, Unicopli, 2005. ↩
- F. Ladame (2003), Gli eterni adolescenti, Milano, Salani, 2004. ↩
- D.W. Winnicott (1965), Sviluppo affettivo e ambiente, Roma, Armando, 1970. ↩
- L. Vallario, R. Giorgi, M. Martorelli, E. Cozzi, Il rito del rischio nell’adolescenza, Roma, Magi, 2005. ↩
- P. Crepet, L’autorità perduta. Il coraggio che i figli ci chiedono, Torino, Einaudi, 2011. ↩
- A.M., Disanto, L.T. Pedata, “Uno studio pilota sull’uso dei blogs da parte degli adolescenti”, Internationl Journal of Psychoanalysis and Education (rivista on-line), 2009, 1, 2, ISNN 2035-4630. ↩
- C. Bollas, (1989), “Una teoria del vero sé”, Forze del destino, Roma, Borla, 1991. ↩
- K. Nakamura, K. Kitanishi, Y. Miyake, “The neurotic versus delusional subtype of taijin-kyofu-sho: Their DSM diagnoses”, Psychiatry and Clinical Neurosciences, 2002, 56, 595-601. ↩
- M. Umeda, N. Kawakami, “Association of childhood family environments with the risk of social withdrawal (“hikikomori”) in the community population in Japan”, Psychiatry and Clinical Neurosciences, 2012, online version, ISSN: 1440-1819. ↩
- Op.cit. ↩
- Ibidem, p.7. ↩
- M. R. Parsi, T. Cantelm, F. Orlando, L’immaginario prigioniero. Come educare i nostri figli a un uso creativo e responsabile delle nuove tecnologie, Milano, Mondadori, 2009. ↩
- A.M. Disanto, Paradossi della mente giovanile. Oscillazioni tra noia, angoscia e creatività, Roma, Borla, 2008. ↩
- Op.cit., pag.176. ↩
- N. Negroponte, (1995), Essere digitali, Milano, Sperling & Kupfer, 2004. ↩
- “Il diario delle emozioni” è un’attività proposta ed adattata da: C. Lo Presti, B. Quadernucci, Allenare l’Intelligenza Emotiva dei Nostri Bambini – al Nido, a Scuola, a Casa – a partire dai 2 anni, Era Nuova, Perugia, 2004. ↩
- Le attività “Quattr’occhi” e “Il regalo di Natale” sono proposte e adattate dal testo: (a cura di) S. Manes, 83 giochi psicologici per la conduzione di gruppi, Franco Angeli, Milano 2010. ↩