Numero 13/14 - 2017

  • Numero 5 - 2012
  • Ricerca & Tecnologia

E-tutor o e-Teacher? La figura del tutor nella didattica a distanza

di Chiara Coccia

Abstract

L’articolo descrive le competenze, le capacità ed abilità proprie del tutor nella didattica a distanza nonché il percorso formativo attraverso il quale vengono acquisite. Si analizzano inoltre le attività e i compiti affidati all’e-tutor e il rapporto fra tutor e studente al fine di determinare se l’e-tutor debba essere considerato un e-teacher, come avviene nel caso dei corsi di lingua a distanza.

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Nell’apprendimento a distanza, soprattutto in quello di terza generazione, la figura del tutor, già prevista ed introdotta in altri ambiti dell’educazione [1], ha assunto un ruolo fondamentale all’interno del processo formativo. Nel passaggio dalla didattica in presenza a quella a distanza, infatti, le relazioni tra docenti e discenti si sono sviluppate assumendo sfumature diverse e varie relativamente alla tipologia di corso e all’ambito in cui lo stesso viene erogato. La figura del tutor si è prepotentemente introdotta nel processo didattico accanto a quella del docente, arrivando, in alcuni casi, a confondersi con essa. Al tutor sono richieste infatti alcune abilità tipiche del docente affinché la sua interazione col discente sia efficace.

Alcuni ricercatori [2] lamentano la scarsa attenzione dedicata, nell’ambito della distance education, ai tutor, il cui ruolo è stato in passato sottovalutato e poco analizzato. In un momento di crisi in cui le istituzioni pubbliche e private temono una flessione delle iscrizioni ai corsi a distanza o un incremento del tasso di drop-out fra gli iscritti, occorre forse riconsiderare il ruolo chiave che il tutor gioca nel prevenire l’abbandono da parte degli studenti stimolandone interesse e motivazione e fornendo un supporto che accompagna il discente fino alla conclusione del proprio percorso formativo.

Le competenze dell’e-tutor possono essere molteplici. Non sempre infatti la letteratura distingue tra il tutor che ha funzioni didattiche o disciplinari da quello che si preoccupa prevalentemente dell’aspetto organizzativo-gestionale delle attività. I due ruoli, a seconda dei contesti, possono o meno convergere in un’unica figura che si occupa dell’intero percorso formativo: dall’erogazione dei contenuti al supporto tecnico, didattico e disciplinare, alla supervisione e gestione delle attività comunicative di gruppo.

Nell’ambito dell’e-learning, ad esempio, l’e-tutor può assumere, secondo Calvani e Rotta [3], tre diversi ruoli:

  • instructor, con funzione di esperto della materia (nei corsi il cui obiettivo principale è l’acquisizione di contenuti da parte dei discenti: tipologia content+support);
  • facilitator, che fornisce diverse forme di scaffolding (cioè di supporto nel processo d’apprendimento) agli studenti (in una tipologia di corso wrap around in cui lo studente possa utilizzare la rete come strumento per la contestualizzazione e l’approfondimento dei materiali didattici personalizzando il percorso d’apprendimento);
  • moderator, quando gestisce le attività e le discussioni di gruppi di lavoro (in una tipologia di corso collaborativa nella quale l’apprendimento avviene anche e soprattutto attraverso il confronto fra gli studenti che danno così vita ad una comunità d’apprendimento).

Nel primo caso le competenze necessarie all’e-tutor sono soprattutto relative ai contenuti scientifico-disciplinari del corso; nel secondo caso l’attenzione si sposta sul processo di apprendimento e sul supporto da fornire allo studente perché acquisisca le abilità necessarie al completamento del proprio percorso formativo, mentre nel terzo caso l’e-tutor deve essere in grado di gestire le dinamiche di gruppo e di guidare gli studenti, adottando un atteggiamento proattivo simile a quello di un animatore.

In realtà l’e-tutor può anche trovarsi a svolgere diverse funzioni in diversi momenti del corso. Denis e coautori [4] delineano ad esempio fino a 11 possibili funzioni alle quali Rotta e Ranieri [5] aggiungono altre 3 funzioni; secondo tale elenco, le competenze dell’e-tutor si possono così riassumere:

  • fornire supporto ai discenti: nella fruizione dei materiali didattici; per l’acquisizione di una certa indipendenza e consapevolezza nell’affrontare il percorso formativo; nella gestione del rapporto con la struttura o istituzione che eroga il corso; nella collaborazione con gli altri studenti; nella ricezione e comprensione di feedback valutativi; per indicazioni relative ad aspetti tecnologici, psicologici, metodologici o organizzativi; per possibili integrazioni e approfondimenti bibliografici;
  • fornire supporto ai docenti: per la produzione dei materiali didattici; per la gestione del rapporto con i discenti; per la produzione ed erogazione di metodi e materiali per la valutazione;
  • fare ricerca sul ruolo e le competenze dell’e-tutor basandosi sui dati raccolti e sulla propria esperienza.

È evidente quanto sia complicato tracciare un profilo ben definito dell’e-tutor le cui caratteristiche variano a seconda del tipo di contesto in cui si trova ad operare. Kemshal-Bell [6] riporta, dividendole in 3 aree principali, quelle che ritiene siano competenze necessarie a tale attività:

  • competenze tecniche, cioè la capacità di utilizzare le tecnologie e la rete e gli strumenti che esse mettono a disposizione;
  • facilitation skills, cioè competenze di tipo metodologico, comunicativo, psicologico;
  • competenze manageriali, cioè di gestione delle attività per definire tempi e modalità, fornire feedback e monitorare il percorso degli studenti.

Salmon [7] si riferisce invece a tale figura denominandola e-moderator, sia che il ruolo sia svolto da un docente che da un tutor. Le competenze necessarie ad un e-moderator rispecchiano il modello di processo formativo online illustrato da Salmon comprendente le seguenti 5 fasi:

  1. Access and motivation, fase in cui si aiutano gli studenti ad acquisire familiarità con il software per gestire le varie attività proposte;
  2. Online socialization, in cui si creano le basi della comunità d’apprendimento promuovendo attività online (e-tivities) che mettano in relazione gli studenti stimolando la fiducia reciproca;
  3. Information Exchange, in questa fase gli studenti devono essere portati, attraverso l’assegnazione di e-tivities, a ricercare informazioni e materiali e a scambiarsi idee ed opinioni adottando così un atteggiamento proattivo;
  4. Knowledge construction, in questa fase gli studenti devono imparare ad apprendere autonomamente utilizzando le proprie capacità critiche per portare a termine progetti assegnati;
  5. Development, fase in cui i discenti acquisiscono una visione metacognitiva del proprio percorso di apprendimento che permette loro anche di assistere altri studenti. L’e-moderator dovrà incoraggiare la riflessione su situazioni ‘problem-based’ che richiedano creatività e capacità interpretative da parte del discente.

Le competenze richieste ad un e-tutor quindi possono variare molto in relazione al tipo di utenza, di corso o di istituzione presso la quale si opera. Di conseguenza è difficile anche definire il percorso formativo necessario per acquisire tali competenze. Un percorso di formazione per e-tutor deve inevitabilmente comprendere, oltre ad una fase di formazione teorica, anche una fase pratica in cui sperimentare direttamente strumenti e problematiche con cui si scontrano gli studenti di un corso online. Molti infatti concordano [8]che prima di divenire e-tutor è importante fare l’esperienza dello studente all’interno di un corso simile a quello nel quale si andrà ad operare per poterne comprendere meglio le dinamiche. Non è un caso, infatti, che la maggior parte dei corsi di formazione o di perfezionamento per tutor online o formatori e-learning, offerti da diverse università italiane (Perugia, Macerata, Siena, Padova, Urbino, Trento e altre), prevedano la fruizione di una parte più o meno consistente di programma in modalità online. Tale modalità consente, tra l’altro, di comprendere come siano mutevoli e varie le problematiche di fronte alle quali un e-tutor può trovarsi e quanto quindi le esperienze pregresse siano d’aiuto nell’affrontarle. La formazione dell’e-tutor può infatti definirsi “un processo continuativo e ricorsivo” [9] attraverso esperienze e percorsi sempre diversi che dovrebbe quindi essere incrementata attraverso forme di formazione continua.

Tra il 2004 e il 2007, nell’ambito del programma europeo ‘Leonardo da Vinci’, un partenariato comprendente Finlandia, Austria, Francia, Germania, Grecia e Regno Unito ha intrapreso il progetto Implementing Standards for European eTutor Training (ISEeTT), con lo scopo di definire un curriculum di base (European Core Curriculum) e degli standard qualitativi per la formazione dell’e-tutor europeo in relazione ai differenti contesti nazionali. Come si può leggere nell’introduzione al progetto [10], il curriculum si configura più come un quadro generale adattabile ai diversi contesti nazionali o settoriali che come un riferimento rigidamente strutturato. I corsi di formazione all’interno del progetto sono stati organizzati in modo da essere esperienziali, dando l’opportunità ai partecipanti di approcciare lo European Core Curriculum da discenti. I moduli del curriculum comprendono i seguenti argomenti:

  • Facilitare, supportare e promuovere l’apprendimento online
  • Teoria dell’e-learning in pratica
  • Uso della tecnologia nell’e-learning
  • E-learning e course design
  • E-learning e valutazione

ai quali si aggiungono moduli opzionali secondo le esigenze nazionali e le specifiche caratteristiche degli utenti del corso. Sempre nell’introduzione si afferma che tale quadro di riferimento permette di adattare il processo di apprendimento per utilizzare al meglio la tecnologia disponibile servendosi di metodi ‘costruttivisti, iterativi e riflessivi’. Ritornano quindi l’esperienzialità e la ricorsività, caratteristiche fondamentali per il percorso di formazione dell’e-tutor.

Lo scambio di esperienze e di informazioni è infatti una pratica comune per molti esperti del settore che hanno dato vita a diverse community [11] all’interno delle quali ci si può confrontare su metodologie, dati raccolti, buone pratiche o anche solo aggiornarsi sulle novità ed informazioni più rilevanti.

Anche l’AIF [12] ha riconosciuto la figura professionale dell’e-tutor distinguendola in 4 profili differenti, e cioè un profilo di base, un profilo specializzato in ambito contenutistico-disciplinare, uno specializzato in management didattico ed un quarto specializzato in management di community. Le competenze richieste per la certificazione sono di tre tipi: titolo di studio universitario o medio superiore (se integrato da ulteriori specializzazioni), esperienza nella formazione di almeno 5 anni, competenza didattico-formativa. L’esperienza di formatore, quindi, ha un’importanza fondamentale per il riconoscimento della professionalità di e-tutor, anche per quanto riguarda il profilo di base.

L’e-tutor, in effetti, non è un semplice tutor, ma necessita di una preparazione in tutto simile a quella di un docente esperto della materia. In alcuni contesti, infatti, l’e-tutor costituisce il principale interlocutore per gli studenti e li assiste nel percorso formativo fornendo loro un supporto didattico oltre che disciplinare e gestendo le attività e le relazioni all’interno della community. Competenza e preparazione nella propria materia di insegnamento, capacità di relazionarsi con gli studenti, conoscenza delle dinamiche di gruppo ed esperienza didattica sono, o dovrebbero essere, caratteristiche fondamentali di ogni docente, la cui formazione si perfeziona non solo attraverso lo studio teorico, ma anche grazie alle esperienze d’insegnamento in modo ricorsivo e continuo.

Cosa distingue allora in un corso online il docente dall’e-tutor? Quali sono le funzioni che queste due figure possono svolgere nell’ambito dei diversi percorsi di apprendimento?

Salmon [13] afferma ad esempio che l’e-moderator non deve essere necessariamente un esperto della materia, ma deve possederne una conoscenza che sia approfondita almeno quanto quella dei corsisti. In questo caso, però, il tutor potrebbe essere in grado di gestire senza troppi problemi le attività in modalità asincrona avendo il tempo di inoltrare ai docenti le questioni scientifiche più spinose o le domande relative ad integrazioni ed approfondimenti. Difficilmente, però, potrà rispondere con cognizione di causa a quesiti o dubbi di natura disciplinare che potrebbero sorgere nell’ambito di attività sincrone attraverso web conferencing, chat, ecc.

È importante quindi specificare in quali casi i ruoli di docente e semplice tutor possano rimanere distinti ed in quali invece è necessario che gli studenti si interfaccino con una figura che racchiuda in sé le competenze di entrambi. Naturalmente ciò dipende dalla tipologia di corso erogato; all’interno di un corso di specializzazione in un ambito disciplinare specifico e circoscritto le due figure potrebbero coincidere poiché il tutor/docente potrebbe possedere un’approfondita conoscenza della materia d’insegnamento e, allo stesso tempo, le competenze psico-pedagogiche e tecniche necessarie allo svolgimento di attività online. Diversamente avviene invece in un corso multidisciplinare, quale ad esempio un corso di laurea, che presenta diversi insegnamenti in discipline differenti per le quali un solo tutor o docente non può fungere da esperto della materia. In questo caso, infatti, è necessario distinguere le funzioni per lasciare ai docenti le competenze scientifiche e al tutor quelle relazionali e gestionali. Per quanto riguarda la supervisione e gestione di attività collaborative come forum, web conferencing, project work di gruppo, ecc., il compito dovrebbe essere assegnato ai docenti stessi o ad altri esperti divisi almeno per macro-aree disciplinari, in modo da poter fornire sempre un feedback competente e puntuale su questioni scientifiche.

Tale divisione di ruoli, però, non è così funzionale quando si parla di insegnamento di una lingua straniera.

Nell’ambito di corsi di lingua interamente a distanza, infatti, le attività in modalità sincrona sono di fondamentale importanza ai fini dello sviluppo delle abilità di ricezione e produzione orale. La sfida più grande per un corso di lingua online è rappresentata dalla difficoltà di ricreare a distanza le condizioni per una comunicazione orale autentica in tempo reale tra diversi interlocutori, come avviene normalmente in classe. A tal fine, si possono ad esempio utilizzare software per la creazione di classi virtuali all’interno delle quali sia possibile mettere in comunicazione studenti e docenti attraverso applicazioni come quelle per la videoconferenza. È necessario però disporre di tecnologie adatte allo scopo per ricreare in modo fedele dati audio e video senza disturbi, interruzioni o distorsioni che potrebbero compromettere la ricezione e comprensione del messaggio.

In tale tipo di attività solo un esperto nell’insegnamento della lingua obiettivo del corso può interagire con gli studenti perché l’esercizio sia efficace. È importante infatti, come avviene nelle lezioni in presenza, che il docente intervenga, quando lo ritiene opportuno ai fini della didattica, nell’interazione orale, sia a due che a più interlocutori, per dare un feedback costante allo studente che potrebbe aver bisogno di correzioni, spiegazioni o esempi che solo un esperto in didattica della lingua è in grado di fornire. Le moderne metodologie per l’insegnamento linguistico, inoltre, insistono sulla contestualizzazione della produzione linguistica poiché questa è strettamente correlata ad elementi para- ed extralinguistici legati appunto alla situazione contingente. Rimandare quindi correzioni o spiegazioni ad un momento successivo rispetto a quello in cui si svolge la comunicazione può diminuire l’efficacia dell’intervento del docente/tutor e creare difficoltà nell’assimilazione da parte dello studente tendenzialmente portato a ricordare più facilmente una struttura o un argomento linguistico quando questo occorre all’interno del contesto d’uso.

Nei corsi di lingua organizzati dalla Open University (UKOU) si fa uso, fra gli altri strumenti, di un software creato dall’università stessa chiamato Lyceum che comprende un sistema di audiographic conferencing, una forma di teleconferenza che permette la connessione di audio e dati, per dare l’opportunità agli studenti di esercitarsi nelle attività orali. Ad ogni studente viene assegnato un tutor che lo segue nel percorso di apprendimento. Un gruppo formato da ricercatori dell’Open University (UK) e della Massey University (New Zealand) ha portato avanti un progetto il cui scopo era definire le competenze richieste ai tutor di lingue nell’istruzione a distanza. La ricerca si è basata sui corsi della Open University. Nell’articolo [14] in cui sono riportati i risultati di tale lavoro, gli autori affermano che i tutor linguistici della UKOU, chiamati Associate Lecturers, vengono reclutati sulla base di competenze linguistiche e culturali relativamente alla lingua obiettivo del corso nonché competenze didattiche e metodologiche rispetto all’approccio comunicativo; in sostanza, quindi, i tutor devono avere le stesse competenze di un docente di lingua e, in aggiunta, le abilità tecniche e le attitudini psicologiche necessarie per l’insegnamento online, a testimonianza del fatto che, in tale modalità di insegnamento linguistico, le figure di docente e tutor tendono necessariamente a coincidere.

In un articolo più recente [15] che indaga le percezioni di studenti e tutor dei corsi di lingua della UKOU delle caratteristiche fondamentali di un insegnante di lingua a distanza efficiente, non si fa distinzione fra tutor e docente, tanto che i termini tutor e teacher vengono utilizzati alternativamente. Si specifica infatti [16] che la maggioranza di coloro che divengono tutor linguistici a distanza nell’ambito della UKOU, erano in precedenza docenti di lingua esperti nei corsi in presenza. Nell’articolo è riportato un sondaggio [17] che ha messo a confronto le opinioni di tutor e studenti sulle caratteristiche considerate fondamentali per la figura del tutor. È emerso che entrambi concordano sulla necessità che i tutor abbiano una competenza linguistica pari a un madrelingua o quasi, e, in particolare, per gli studenti ciò implica anche una conoscenza degli aspetti culturali e linguistici relativi alla lingua obiettivo. Per quanto riguarda la competenza didattica, per gli studenti il tutor deve essere in grado di comprendere in che modo e con quali tempi lo studente acquisisca le strutture comunicative per poter fornire esempi ed approfondimenti appropriati tenendo conto dei diversi stili di apprendimento ed offrendo modelli di riferimento utili. Relativamente all’aspetto gestionale ed organizzativo, tutor e studenti concordano sul fatto che i tutor devono conoscere bene i materiali didattici, sapere cosa ci si aspetta dagli studenti ed assicurarsi che anche gli studenti ne siano consapevoli; è inoltre importante che i tutor rispondano prontamente alle questioni sollevate dagli studenti. Entrambi hanno poi sottolineato l’importanza di alcune qualità che rientrano nella sfera affettiva, come la capacità di incoraggiare gli studenti trasmettendo entusiasmo e dimostrandosi sempre disponibili e cordiali, cercando di comprendere le difficoltà specifiche (sia materiali che relative all’apprendimento) di ciascuno studente per aiutarlo più efficacemente a superarle. Questa empatia fra docente e studente si è rivelata una delle condizioni più importanti in assoluto dal punto di vista degli studenti soprattutto per superare il senso di isolamento che può intervenire nei corsi a distanza. Anche un feedback personalizzato, immediato e sincero da parte del tutor viene considerato fondamentale. Dal sondaggio risulta infine che gli studenti nelle attività sincrone preferiscono interagire direttamente col tutor piuttosto che con i colleghi in modo da ottenere feedback da parte di un esperto della materia. Il tutor deve essere in grado quindi, in un corso di lingua forse più che in altre tipologie di corso, di creare coesione e fiducia fra gli studenti stimolando attività di gruppo che ricreino a distanza le occasioni di interazione necessarie allo sviluppo della competenza orale proprie dei corsi di lingua in presenza.

La necessità di imparare la lingua in un contesto reale, o che sia almeno realistico, ha spinto diversi docenti a sperimentare negli ambienti virtuali tridimensionali come Second Life, il 3-D MUVE (three-dimentional multi-user virtual environment) più usato al mondo. Già Salmon [18] vedeva nelle tecnologie legate alla mobilità e alla realtà virtuale dei possibili strumenti educativi del futuro. Salmon e Hawkridge [19] affermano che probabilmente più di 300 università, per la maggior parte nel Regno Unito e negli USA, ma anche in Europa, America Latina ed Asia, hanno finora comprato terreni virtuali, anche se a volte quando una università è presente in Second Life, spesso la sua attività coinvolge solo pochi docenti e studenti per la durata di brevi progetti. Non mancano comunque iniziative personali nel mondo accademico per utilizzare tale mezzo a scopi educativi, come la creazione di laboratori virtuali o esperienze d’apprendimento problem-based. L’esperienza immersiva nel mondo virtuale, ad esempio, può aiutare gli studenti a sviluppare le abilità linguistiche sia frequentando corsi di lingua organizzati da diverse istituzioni che interagendo con parlanti nativi. In particolare, in SL è possibile riprodurre contesti linguistici e culturali interattivi all’interno dei quali è possibile esplorare aspetti relativi al lessico e/o ad elementi extralinguistici legati al contesto virtuale in cui avviene la comunicazione.

Anche all’interno dei corsi in Second Life, i newbies, cioè i neofiti di questo ambiente, necessitano di assistenza: i loro avatar, infatti, si riconoscono facilmente dai movimenti poco fluidi e poco controllati, e ciò può causare imbarazzo e bloccare il discente. Hawkridge e Wheeler [20] descrivono l’esperienza dei tutor in Second Life (SL) all’interno dell’isola creata dalla Beyond Distance Research Alliance per il proprio ‘Media Zoo’, un laboratorio dove sperimentare ed interagire con applicazioni utilizzabili nell’ambito delle tecnologie dell’apprendimento. Il ‘Media Zoo’ rispecchia il modello di community of inquiry secondo la definizione di Garrison e Anderson [21], cioè una comunità di apprendimento in cui devono coesistere la presenza sociale, la presenza cognitiva ed la presenza del docente. L’articolo di Hawkridge e Wheeler [22] riporta alcune sfide con cui i tutor in SL devono confrontarsi. Tra di esse vi è la tendenza che gli avatar hanno ad appiattire le differenze sociali in quanto svuotati degli aspetti peculiari della personalità del proprio utente, con la conseguenza, però, che gli studenti si sentono più liberi e meno in soggezione di fronte ai docenti ed interagiscono quindi in modo più rilassato. I tutor devono essere in grado inoltre di utilizzare nuove strategie d’insegnamento in quanto le lezioni in forma di presentazione in SL hanno una durata quadrupla rispetto a quelle in presenza. È necessaria infatti una spiccata creatività da parte dei tutor visto che le e-tivities proposte sulle piattaforme online difficilmente si adattano all’ambiente SL. Anche le differenze di fuso orario possono costituire un problema per le attività sincrone e gli spazi virtuali possono risultare troppo affollati se gli avatar vi si recano tutti allo stesso tempo. D’altra parte, però, gli studenti si sentono più a proprio agio e le attività risultano più divertenti e stimolanti. I tutor, inoltre, hanno la possibilità in SL di creare artefatti ed oggetti che non esistono o non possono essere reperiti nella realtà e di utilizzarli al fine di stimolare nuove esperienze di riflessione e di studio.

Le potenzialità educative offerte dagli ambienti virtuali immersivi sembrano essere promettenti almeno per alcuni ambiti disciplinari. La diversità di tali ambienti rispetto alle piattaforme di apprendimento più tradizionali pone la questione, per chi voglia avventurarsi in questo mondo, di come la figura del tutor/docente possa adattarvisi o di quanto invece debba acquisire caratteristiche diverse. Studi ulteriori e più approfonditi sono necessari su tale figura in relazione agli ambienti virtuali anche a causa dell’utilizzo relativamente recente di tale mezzo nell’ambito dell’istruzione superiore.

La pertinenza ed adeguatezza delle tecnologie e degli strumenti utilizzati per perseguire lo scopo didattico è un altro punto sul quale il tutor dovrebbe sempre interrogarsi tenendo presenti le preferenze degli studenti. Non è detto infatti che le tecnologie più avanzate o più diffuse siano le più adatte a soddisfare le esigenze del discente, sebbene alcuni studi vogliano convincerci del contrario.

Si discute molto sull’importanza dell’accessibilità dei learning environment e dei materiali erogati attraverso di essi e della conseguente necessità di renderli compatibili con vari tipi di device perché possano essere a disposizione dell’utente anytime, anywhere. Nel resoconto annuale The Horizon Report [23], che si occupa delle tecnologie emergenti che avranno maggior diffusione nel campo della didattica e della ricerca, dell’information management e della creative inquiry, vengono fornite previsioni a breve (un anno), medio (due-tre anni) e lungo (quattro-cinque anni) termine. Nel Report del 2011 i mobile devices come gli smartphone o i tablet che permettono di essere sempre connessi in qualsiasi momento e luogo, sono stati considerati tra le tecnologie più utilizzate a breve termine nell’ambito dell’educazione. Tuttavia in un articolo di Neil Selwyn [24] del 2011, che indaga l’utilizzo delle tecnologie da parte degli studenti a distanza, si rileva come la maggioranza degli studenti intervistati [25] preferisca utilizzare risorse più tradizionali, come la lettura di materiali stampati su carta, mentre le risorse online vengono utilizzate per approfondire o chiarire quei punti del testo scritto che risultano più complessi o più oscuri. Le tecnologie che dovrebbero assicurare collaborazione e partecipazione agli studenti (come il forum o la chat) vengono utilizzate con regolarità da pochi, mentre la maggioranza rimane nell’ombra e preferisce osservare da semplice spettatore invece che partecipare. Selwyn rileva che fra le cause del mancato utilizzo delle risorse tecnologiche anytime, anywhere da parte degli studenti vi è la poca stabilità o l’assenza della connessione in alcuni luoghi, come ad esempio sul posto di lavoro, ma anche la volontà di ritagliarsi dei momenti per evadere dalla confusione della routine quotidiana (che spesso impone un uso intenso del computer) e dedicarsi allo studio. Si potrebbe dire che le tecnologie vengono utilizzate dagli studenti per riprodurre a distanza le modalità di studio tipiche della presenza.

Anche dal sondaggio effettuato presso la UKOU, citato in precedenza [26], emerge che gli studenti non considerano le abilità informatiche fra le competenze più importanti dell’e-tutor: gli intervistati si aspettano che il tutor abbia le competenze necessarie per sfruttare appieno la funzionalità della piattaforma e fornire assistenza adeguata agli studenti in caso di difficoltà.

Sembra quindi che, al di là delle tecnologie utilizzate, gli studenti riconoscano come caratteristica fondamentale del tutor la capacità di entrare in empatia con lo studente stabilendo un rapporto personale che riesca ad annullare la distanza. Un elemento che, secondo il sondaggio, è necessario migliorare nella distanza è l’uso di messaggi non verbali: il docente di lingua in classe è abituato ad utilizzare la gestualità o l’espressione facciale per veicolare il messaggio e superare così la barriera linguistica. L’assenza di tali elementi nella distanza può portare a fraintendimenti che devono essere evitati esplicitando quanto più possibile i significati e le intenzioni. È noto quanto siano importanti nell’insegnamento della lingua gli aspetti affettivi della comunicazione che hanno lo scopo di diminuire il livello di ansia ed abbassare il filtro affettivo del discente per metterlo in condizioni di poter apprendere. L’aspetto affettivo risulta ancora più rilevante in un corso a distanza dove la possibilità di incomprensione dovuta al mezzo tecnologico può contribuire ad innalzare il livello di ansia durante le attività di produzione linguistica. È necessario perciò che il tutor sappia interagire con lo studente in modo da rassicurarlo ed incoraggiarlo facendo attenzione che le comunicazioni ed i feedback siano sempre chiari ed inequivocabili.

La capacità del tutor di interagire e di relazionarsi con gli studenti mostrando empatia e cogliendone difficoltà e caratteristiche personali sembrano quindi essere, a detta degli studenti stessi, gli strumenti più potenti ed efficaci per annullare o, quantomeno, ridurre la distanza fra docente e discente, condizione imprescindibile per l’apprendimento della lingua straniera. Tali capacità devono essere affiancate dall’esperienza didattica e dalla competenza nella materia d’insegnamento, caratteristiche che rendono, o dovrebbero rendere, il tutor dei corsi di lingua a distanza un vero e proprio e-teacher.

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Sitografia

Certificazione AIF
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Progetto ISEeTT
http://www.etutorportal.net/

Community e-tutor
http://www.anitel.org/anitel/
http://tutoronline09.wordpress.com/
http://www.etutorcommunity.org/home

  1. Si veda, ad esempio, la legge n. 341 del 19 novembre 1990 di Riforma degli ordinamenti didattici universitari con cui viene introdotta l’attività di tutorato con funzione formativa nell’ambito dell’università, o il Decreto legislativo n. 59/2004 relativamente alla figura del docente-tutor nella scuola primaria, o, ancora, il D.M. 25 marzo 1998, n. 142 Norme in materia di promozione dell’occupazione, relativo alla figura del tutor nell’ambito di tirocini formativi e stage.
  2. Cfr. Murphy L., Shelley M. A., White C. J., Baumann U., Tutor and student perceptions of what makes an effective distance language teacher, in «Distance Education», vol. 32, n. 3, UK (Oxfordshire), Routledge, 2011, pp. 397-419.
  3. Cfr. Calvani A. e Rotta M., Fare formazione in internet, Trento, Erickson, 2000.
  4. Cfr. Rotta M. e Ranieri M., E-tutor: identità e competenze, Trento, Erickson, 2005.
  5. Cfr. Denis B., Watland P., Pirrotte S. e Verday N., Roles and competencies of the e-tutor. NCL2004 Proceedings, 2004. URL:
  6. Cfr. Kemshal-Bell G., The Online Teacher: final report prepared for the Project Steering Committee of the VET Teachers and Online Learning Project, Sydney, New South Wales: TAFE NSW Information Technology, Arts and Media Division, 2001.
  7. Cfr. Salmon G., E-moderating: The key to teaching and learning online, London, Kogan, 2000.
  8. Cfr. Denis B., Quels rôles et quelle formation pour les tuteurs intervenant dans des dispositifs de formation à distance?, in «Distance et savoirs», vol. 1, n. 1, 2003, cit. in Rotta M. e Ranieri M., E-tutor: identità e competenze, Trento, Erickson, 2005.
  9. Ibidem.
  10. Cfr. http://www.etutorportal.net/
  11. Si consultino ad esempio: http://tutoronline09.wordpress.com/http://www.etutorcommunity.org/home;http://www.anitel.org/anitel/.
  12. Cfr. http://www.aifonline.it/showPage.php?template=istituzionale&id=116
  13. Cfr. Salmon G., op. cit.
  14. Cfr. Shelley M., White C., Baumann U. e Murphy L., ‘It’s a unique role!’ Perspectives on tutor attributes and expertise in distance language teaching, in «International Review of Research in Open and Distance Learning», Athabasca University Press, vol. 7, n. 2, 2006.
  15. Cfr. Murphy L., Shelley M. A., White C. J., Baumann U., Tutor and student perceptions of what makes an effective distance language teacher, in «Distance Education», vol. 32, n. 3, UK (Oxfordshire), Routledge, 2011, pp. 397-419.
  16. Ivi, p. 411.
  17. Ivi, pp. 401-402.
  18. Cfr. Salmon G., op. cit.
  19. Cfr. Salmon G. e Hawkridge D., Editorial: Out of this world, in «British Journal of Educational Technology», vol. 40, n. 3, 2009, pp. 401–413.
  20. Cfr. Hawkridge D. e Wheeler M., Tutoring at a distance, online tutoring and tutoring in Second Life, in «European Journal of Open, Distance and E-Learning», EDEN, 2010. URL:http://www.eurodl.org/materials/contrib/2010/Hawkridge_Wheeler.pdf
  21. Cfr. Garrison D. R. e Anderson T., E-learning in the 21st Century: A framework for research and practice, London, Routledge/Falmer, 2003.
  22. Cfr. Hawkridge D. e Wheeler M., op. cit.
  23. Risultato della collaborazione fra The New Media Consortium e Educause Learning Initiative; cfr.http://www.nmc.org/horizon-project
  24. Cfr. Selwyn N., Digitally distanced learning: a study of international learners’ (non)use of technology in «Distance Education», vol. 32, n. 1, UK (Oxfordshire), Routledge, 2011, pp. 85-99.
  25. Cfr. Selwyn N., op. cit.
  26. Cfr. Murphy L., Shelley M. A., White C. J., Baumann U., op. cit.