Numero 13/14 - 2017

  • Numero 6 - 2012
  • Ricerca & Tecnologia

Servizi pubblici in Rete. Un’indagine sulla comunicazione on line dei Centri di Servizio per il Volontariato italiani

di Gaia Peruzzi

Abstract

Il contributo presenta i risultati di un’indagine condotta sulla comunicazione in rete dei Centri di Servizio per il Volontariato in Italia, intesa come comunicazione pubblica e insieme sociale. Le principali evidenze emerse da un monitoraggio condotto sui siti dei Centri di Servizio per il Volontariato permettono di conoscerne in maniera più approfondita l’identità, i servizi, le reti, di fare luce  sull’immagine comunicata on line da questi enti, e di individuare il complesso di modi e formule attraverso cui essi svolgono quotidianamente la propria funzione di servizio, quasi come fossero una amministrazione pubblica del sociale e del non profit.

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1. I Centri di Servizio per il Volontariato, “la pubblica amministrazione del non profit”

Nel 1991 la Legge-quadro sul volontariato, n. 266[1], la prima deputata a sancire il valore e a promuovere le attività dell’associazionismo come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, all’articolo 15 istituisce un soggetto nuovo nel panorama della società civile italiana (e internazionale): i Centri di Servizio al Volontariato. Con il finanziamento delle fondazioni di origine bancaria, e per il tramite degli enti locali, tali nuove strutture sono messe «a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestite, con la funzione di sostenerne e qualificarne l’attività». Qualche anno più tardi, il Decreto Ministeriale n. 8 ottobre 1997[2] interviene a specificare i compiti dei nuovi Centri, che nel frattempo hanno cominciato a fiorire in diverse regioni della penisola: essi erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore delle organizzazioni di volontariato. In particolare, essi sono chiamati a: fornire strumenti per la cultura e la crescita della cultura della solidarietà; offrire consulenza e assistenza qualificata, sostegno e strumenti per la progettazione e la realizzazione di attività; promuovere iniziative di formazione e di qualificazione destinate ai volontari; produrre e diffondere iniziative, informazioni, notizie, documentazione e dati sulle attività del volontariato locale e nazionale.

Negli anni successivi i Centro di Servizio ̶ strutturandosi liberamente in organizzazioni di dimensione regionale (9), provinciale (65), inter-provinciale o sub-provinciale (4) ̶ si diffondono capillarmente su tutto lo stivale. Dal 2003, per rispondere ad alcune istanze di rappresentanza comune e di azione condivisa, si dotano di un Coordinamento nazionale, CSVnet, con sede nella capitale.

Oggi, a vent’anni dalla nascita, i Centri di Servizio per il Volontariato attivi in Italia sono 78, tre quarti dei quali aderenti alla rete nazionale. Con una base associativa di 9 mila organizzazioni di volontariato, e relativi coordinamenti e federazioni, oltre 1.100 unità di personale (impegnato con diverse modalità contrattuali), e decine di migliaia di servizi e di progetti realizzati ogni anno, essi costituiscono una delle grandi reti del Terzo Settore italiano[3]. Ma, al di là delle dimensioni, è la natura del tutto peculiare di queste organizzazioni a farne un caso unico nel panorama del non profit anche internazionale. I Centri, infatti, sono al contempo organizzazioni pubbliche e private: sono “associazioni di associazioni” private, ma la loro esistenza – e non solo le loro finalità, come avviene per gli altri enti non profit – è garantita concretamente dal sistema pubblico. Sono una rete organizzatasi “dal basso”, ma promossa e indirizzata da un’iniziativa politica.  Queste caratteristiche, unitamente a una mission imperniata sul concetto di servizio nel senso più proprio del termine, pubblico e gratuito, fanno dei Centri di Servizio per il Volontariato una sorta di amministrazione pubblica del sociale e del non profit.

Un profilo così particolare ha conseguenze originali anche sul versante espressivo della vita di queste organizzazioni, essendo la comunicazione, almeno nell’approccio sociologico, una dimensione intimamente legata alle questioni identitarie del soggetto[4]. La comunicazione dei Centri si configura infatti, a parer di chi scrive, come un caso emblematico di comunicazione pubblica e insieme sociale: una comunicazione orientata a fare, e a farsi, servizio, (almeno idealmente) vincolata a tutti i principi caratterizzanti i nuovi modelli di amministrazione democratica e condivisa, finanche partecipata, promossi dalle culture più innovatrici delle scienze giuridiche e dell’organizzazione[5]; e, al contempo, una comunicazione interamente ed esplicitamente dedicata ai temi del sociale e del non profit, dei diritti e della solidarietà, obbligata a confrontarsi con tutte le questioni identitarie e culturali ˗ a partire dalla frammentarietà ˗ che caratterizzano la vita del Terzo Settore[6].

2. La comunicazione al centro: l’indagine sui siti dei Centri di Servizio per il Volontariato

Proprio dalla disponibilità di un osservatorio così particolare come i Centri presentati nel precedente paragrafo è nato il progetto di ricerca, dai risultati del quale si sviluppano le analisi e le riflessioni proposte in questo contributo.

L’indagine in questione, realizzata tra il 2010 e il 2011 da un team misto[7] di ricercatori e collaboratori del Coris – Dipartimento di comunicazione e ricerca Sociale dell’Università Sapienza di Roma e di CSVnet – Coordinamento nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato, aveva come obiettivo quello di esplorare e di ricostruire le dinamiche identitarie, organizzative, relazionali e promozionali di queste organizzazioni, a partire dalle attività di comunicazione, soprattutto on line, che esse realizzano quotidianamente.

La scelta della comunicazione (soprattutto esterna) come luogo, pretesto di indagine, si fondava sulla convinzione, ormai riconosciuta anche dalla letteratura, che analizzare i prodotti, i significati e le dinamiche comunicative di un’organizzazione sia una pista in grado di rilevare e di far comprendere molti aspetti importanti dell’identità e del ruolo di un soggetto attivo nella sfera pubblica. La scarsità di studi di questo tipo aventi per oggetto enti non profit conferiva al progetto un ulteriore carattere di novità.

Entrando nello specifico delle attività di indagine, la decisione di fare dei siti dei Centri il perno della strategia di ricerca rispondeva alla convinzione che questo medium fosse il più idoneo a ricostruire l’immagine globale, a tutto tondo, delle organizzazioni in questione e della loro rete, per almeno tre ragioni. Innanzitutto, il sito è una tecnologia ormai imprescindibile per strutture che si considerino, e che vogliano presentarsi, come professionali; inoltre, la pubblicità del luogo consentiva un’immediata reperibilità dei materiali. Già da soli questi due elementi costituivano una prima rilevante garanzia di fattibilità dell’impresa, e di confrontabilità dei dati. A queste considerazioni di ordine più pratico se ne aggiungeva un’altra direttamente inerente al tema: configurandosi come una vetrina, il sito presuppone un’organizzazione e una costruzione globalmente riflettute di tutti i contenuti pubblicati, siano essi le informazioni sull’identità del soggetto promotore o i servizi da questo erogati; ciò offriva ai ricercatori «una visione di insieme delle strategie comunicative»[8] degli enti, e dunque un livello di analisi complesso. Infine, il fatto che gli anni in cui sono nati e cresciuti i Centri di Servizio al Volontariato coincidano perfettamente con quelli dell’avvento delle tecnologie digitali nelle amministrazioni del paese, e la loro diffusione sull’intero territorio nazionale, facevano di queste organizzazioni un osservatorio ideale delle potenzialità della comunicazione on line nell’erogazione di servizi pubblici.

Coerentemente con i presupposti appena illustrati, il progetto di ricerca si fondava sul monitoraggio di tutti i siti dei Centri di Servizio al Volontariato aderenti al Coordinamento nazionale. Tale azione mirava a ricostruire, attraverso una valutazione globale e approfondita di ciascun sito del network, e una successiva analisi comparativa delle variabili principali, un profilo dettagliato dell’immagine comunicata on line da questi enti, e il quadro dei modi e delle forme in cui essi svolgono quotidianamente la propria funzione di servizio. Nella consapevolezza che le relazioni e le attività costruite sul Web costituiscono uno spaccato sempre più rilevante della vita di un’organizzazione, ormai inestricabilmente intrecciato, e continuamente interferente, con la sfera dell’esistenza off line.

Di fatto, nell’autunno 2010, sulla base di una griglia di 116 item originali, “tagliati su misura” per i soggetti del campione, sono stati monitorati i siti di 71 Centri di Servizio[9].

Il disegno complessivo della ricerca prevedeva poi di arricchire i risultati di questa prima parte del lavoro con quelli di due azioni minori, per integrare, come suggeriscono i metodologi della ricerca su Internet[10], metodi on e off line: una mappatura delle risorse e delle attività degli uffici di comunicazione di tutti i Centri, da realizzarsi mediante una websurvey, e una serie di interviste a testimoni privilegiati, selezionati fra presidenti, direttori, responsabili e addetti alla comunicazione di alcuni dei principali Centri del campione[11]. Entrambe le fasi sono state svolte nei restanti mesi dell’anno 2010.

Le pagine che seguono, pur attingendo liberamente ai dati prodotti da tutte e tre le azioni[12], si concentrano sulle principali evidenze emerse dal monitoraggio dei siti, organizzate per l’occasione di questo testo intorno a tre temi principali: l’identità, i servizi, le reti. Le domande cui cercheranno di dare risposta i prossimi paragrafi sono dunque: quale immagine dei Centri di Servizio trasmettono i loro siti? Sono in grado di raccontarne mission, funzioni e valori? E poi: quali servizi offrono i Centri mediante il Web? Qual è la qualità delle informazioni pubblicate? Le tecnologie digitali sono utilizzate per promuovere la cultura del volontariato e della solidarietà? Ed infine: la Rete è utilizzata per promuovere il Coordinamento? E con quali altri soggetti fanno rete i Centri di Servizio?

3. Professionali ma burocratici: il volto on line dei Centri di Servizio per il Volontariato

Prima di addentrarci nella valutazione dei temi e dei servizi che costituiscono il core della comunicazione on line dei Centri, una premessa importante: nel complesso, i siti del Coordinamento sono siti professionali. Infatti, sottoposti alla prova dei requisiti minimi di qualità (una batteria di una ventina di domande, mirate a verificare la presenza degli attributi tecnici indispensabili a distinguere un sito come professionale, adeguato alle esigenze di un’organizzazione lavorativa[13]), quasi la metà dei siti (34, pari al 48%[14]) ha superato brillantemente la prova, restituendo un’immagine giudicata dai ricercatori come “decisamente professionale”. Inoltre, dei restanti, ben 22 riportavano un giudizio comunque pienamente positivo, e si contano invece su una mano i casi che presentavano un qualche difetto “elementare” nell’organizzazione dei contenuti o una grafica “ingenua” (animazioni in Flash, immagini poco nitide).

La precisazione è necessaria perché il dato non è scontato, in un paese dove l’esperienza quotidiana racconta che l’innovazione nella comunicazione delle pubbliche amministrazioni procede a macchia di leopardo.

Consapevoli e attrezzate sotto il profilo tecnico, le nostre organizzazioni sono anche capaci di presentarsi adeguatamente sulla sfera pubblica, di spiegare cosa sono, come funzionano e a cosa servono i Centri di Servizio per il Volontariato?

Per rispondere a questi interrogativi è necessario spostare l’attenzione dai dati sulle performance delle tecnologie a quelli della content analysis.

70 dei 71 siti analizzati hanno il logo del Centro presente in tutte le pagine (compresa ovviamente la home), diligentemente sempre al medesimo posto. 68 siti hanno una pagina dedicata alla presentazione della propria struttura; la maggior parte riporta anche l’organigramma completo. 69 fanno riferimento alla normativa che ha istituito gli enti.

Questi primi dati non lasciano dubbi: anche riguardo ai “fondamentali” espressivi della comunicazione nel cyberspazio, i Centri del Coordinamento sono attenti ed efficaci.

Le asticelle dei punteggi si abbassano sensibilmente solo quando si passa a considerare dimensioni più complesse dell’identità, quali per esempio i valori e la cultura che fondano la mission del volontariato.

Solo 29 siti ˗ neppure la metà del totale! ˗ fa riferimento, anche in maniera breve, alle origini del Centro di Servizio e al rapporto col territorio. 42 si richiamano esplicitamente ai valori del volontariato, ma il testo risulta generico e poco efficace. Solo 15 siti (21% del campione) si esprimono ripetutamente sui temi della solidarietà, della democrazia, del pluralismo.

Un dato ancor più “secco” ed eloquente è quello che emerge dalle risposte agli item che cercavano di indagare la dimensione dell’identità e della memoria storiche: i Centri che possono vantare sul proprio sito informazioni approfondite sulle vicende e sulle persone che hanno fatto la storia del volontariato, in Italia o sul territorio di riferimento, sono solo 4, il 6% del totale.

La medesima impressione di “freddezza” e di impersonalità la si riscontra anche analizzando le strategie di approccio del sito verso i destinatari, reali o potenziali. Se 28 Centri propongono nei propri siti percorsi di navigazione espressamente rivolti all’interlocutore per eccellenza di queste strutture, le associazioni di volontariato, sono d’altra parte pochissimi, appena 5, quelli che prevedono, oltre alla suddetta sezione, contenuti esplicitamente mirati ad altre categorie scelte (e, come si evincerà meglio dal prossimo paragrafo, non è certo per scarsità di materiali che questo avviene!). La maggior parte dei siti sembra rivolgersi invece in maniera indifferenziata a un indistinto navigatore/utente.

Dovendo tentare una sintesi di questa prima selezione di dati, il giudizio è nel complesso sicuramente positivo: i siti dei Centri di Servizio sono vetrine istituzionali, ambienti ben costruiti e organizzati, senza dubbio adeguati a organizzazioni di livello professionale.  Il problema, casomai, è che essi parlano esclusivamente “alla testa”, e pochissimo “al cuore”, dei visitatori. Ricalcando un po’ i difetti di quella che è la pubblica amministrazione italiana. E facendo propendere l’ago di una comunicazione che dovrebbe essere, lo abbiamo visto, al contempo istituzionale e sociale , verso la prima delle due funzioni.

4. Siti di servizio

Quali e quanti servizi offrono i Centri sul Web? Di che qualità? Con questi interrogativi la ricerca si inoltrava a indagare i temi più sensibili del progetto.

L’analisi dei servizi offerti è stata organizzata in quattro categorie: di informazione, relativi alla formazione, a bilanci pubblici e fundraising, di promozione e cultura del volontariato[15]. Ecco di seguito i risultati più significativi.

L’informazione è senza dubbio il “cuore” della comunicazione dei Centri: seppur con qualche disomogeneità, news, rassegne stampa, newsletter, studi e ricerche sul volontariato risultano servizi erogati in maniera diffusa e professionale da quasi tutti i siti del Coordinamento. In particolare, a un esame dettagliato dei testi è emerso che la maggior parte dei siti propone aggiornamenti costanti e dedica sezioni mirate all’approfondimento dei contenuti di informazione. Per rendere l’idea, al momento della rilevazione 32 siti su 64 presentavano notizie aggiornate nell’ultima settimana, e in 22 casi gli aggiornamenti erano addirittura relativi a fatti degli ultimi due giorni. Inoltre, i testi pubblicati risultavano molto spesso sintetici ed efficaci, e le notizie sempre brevi, consapevolmente “tagliate” secondo i criteri della lettura più veloce e meno impegnata tipica dei cybernauti. In molti casi, esse si presentavano pure corredate da link di approfondimento.

Il team ha letto un sintomo importante dello spirito di servizio di questi siti anche nei dati relativi alle rassegne stampa, che nella maggior parte dei casi  risultavano liberamente accessibili, “concentrati” di informazione selezionata e sempre aggiornata (settimanalmente, ma anche quotidianamente) sui temi del sociale, del volontariato e del non profit.

Ancora, 49 siti, corrispondenti al 70% del campione, hanno una sezione dedicata a ricerche e pubblicazioni sul volontariato; e anche nei casi di assenza di una pagina apposita, i ricercatori hanno rilevato comunque rimandi a ricerche o ad approfondimenti in differenti aree del sito, quasi sempre consultabili e scaricabili da chiunque, senza alcun vincolo: una testimonianza importante di quale patrimonio di saperi specialistici queste organizzazioni, come più in generale gli enti non profit, raccolgano e mettano a disposizione della società.

L’unico servizio di informazione sul cui utilizzo si sono rilevate varie criticità è la newsletter, la cui diffusione nel 2010 appariva ancora disomogenea fra i vari territori, e il cui funzionamento risultava regolarmente cadenzato su una periodicità quindicinale o settimanale solo per il 45% dei casi analizzati.

Proseguendo nella rassegna delle diverse categorie di attività, la seconda specializzazione importante dei Centri è risultata l’erogazione di servizi nel settore della formazione. Ben 65 Centri su 71 hanno una sezione on line integralmente  dedicata alla formazione. 59 pubblicano su Internet la presentazione di corsi tradizionali, realizzati sia dalle associazioni che dal Coordinamento, e 42 quella di attività formative specificamente rivolte al mondo scolastico. Addirittura, 43 siti danno notizie relative a corsi realizzati da soggetti altri, diversi dal volontariato. Tali dati affermano con chiarezza la formazione come parte del DNA dei Centri di Servizio per il Volontariato, da intendersi sia come percorso di apprendimento continuo per le associazioni, sia come occasione di empowerment delle risorse interne, sia, infine, in senso più lato, come opera di sensibilizzazione e di educazione di diverse categorie di cittadini ai valori della solidarietà.

Bandi di finanziamento, 5 per mille, fund raising, bilancio sociale: questi sono i temi che fungevano da indicatore invece per la terza categoria di servizi. Dove, si percepisce anche a colpo d’occhio, i numeri delle rilevazioni positive si fanno decisamente più contenuti. In pillole: solo 34 Centri di Servizio dedicano sul sito un’apposita sezione, ben visibile e aggiornata, alle iniziative dedicate al finanziamento di percorsi formativi, e 17 (appena un quarto del totale) inseriscono tra le news almeno la segnalazione di questo tipo di progetti. I siti che dedicano un link ben visibile sulla home alle informazioni sul 5 per mille sono 16; per salire a quota 39 (55% del campione) bisogna conteggiare anche quelli che inseriscono almeno un richiamo sul tema. A parte questa informazione sulla donazione che potremmo definire quasi “istituzionale”, i siti che trattano altre questioni legate al fund raising sono davvero pochi; per di più le notizie, già scarse, risultano spalmate in modo disordinato tra diverse sezioni. I dati relativi al bilancio sociale insistono sugli stessi toni: solo 38 Centri (44%) pubblicano on line questo documento, mentre 44 sono i siti che, con una pagina dedicata o anche solo con qualche informazione, comunque “toccano” il tema. Il profilo di questa sezione è evidentemente più modesto di quelli emersi dall’analisi delle due precedenti; il giudizio si mitiga però se si considera che quello della trasparenza è uno dei principi che più fatica a trovare attuazione anche nella comunicazione delle pubbliche amministrazioni nazionali[16].

Infine, i servizi di cultura e promozione del volontariato. Il tema che spicca su questo fronte è quello dei progetti del Servizio civile: 15 siti gli dedicano uno spazio riservato, e sono quasi il doppio (28, per la precisione) quelli che, seppur con informazioni più ridotte, affrontano comunque l’argomento. Si tratta in ogni caso dell’unica questione su cui si rileva un’attenzione condivisa: per il resto, la promozione della cultura della solidarietà è interpretata, e gestita, come annuncio di eventi singoli, di dimensione perlopiù locale. In ciò riflettendo anche il primo motivo di autoreferenzialità della rete, almeno per le analisi sviluppate in questo paragrafo: le iniziative per il sociale e la solidarietà pubblicizzate dai siti del Coordinamento sono quasi esclusivamente quelle promosse dalle associazioni di volontariato.

Le criticità rilevate sulle ultime due classi non compromettono però il valore di una funzione, l’erogazione di servizi, che nel complesso i Centri mostrano di svolgere attraverso i siti in maniera puntuale e molto qualificata.

5. Dai servizi in Rete alle reti di servizi: il tassello mancante

La Rete è anche uno strumento di networking? Quali relazioni i Centri di Servizio riescono a costruire nel cyberspazio con gli altri membri del Coordinamento, e con i soggetti dei propri territori?

Nella comunicazione on line, i centri non dedicano molto spazio ai propri simili: su 71 siti analizzati, quelli che hanno nella home page un riferimento, di qualsiasi natura, al nome di un altro Centro di Servizio per il Volontariato sono solo 27. Va ancora peggio al Coordinamento: 38 siti ˗ più della metà del campione! ˗ non riportano né il logo di CSVnet, né un rinvio al suo sito; 30 hanno un link al sito del referente nazionale, e solo 3 ne pubblicano il logo. Ancora: alcuni hanno un testo di presentazione del progetto di Coordinamento all’interno del sito, ma in diversi casi questo non è facilmente rintracciabile. Sono 6, per l’esattezza, i siti che hanno in home un richiamo alla pagina di presentazione di CSVnet. Persino più scarsi i numeri dei siti che hanno un riferimento visivo di qualche tipo alla rete: un solo sito ha il layout evidentemente coordinato con quello di CSVnet; 14 vi si richiamano in qualche modo con colori o impostazione (Figura 1), ma la maggior parte appare graficamente non correlata.

Figura 1. I colori predominanti nei siti dei Centri di Servizio 2010 (elaborazione propria)

Figura 1. I colori predominanti nei siti dei Centri di Servizio 2010 (elaborazione propria)

Si è calcolato che un utente casuale che si imbattesse in uno dei siti della rete avrebbe meno del 5% di probabilità di percepire a colpo d’occhio l’esistenza del Coordinamento! (Figura 2).

Figura 2. I motivi ricorrenti nei loghi dei Centri di Servizio, 2010 (elaborazione propria)

Figura 2. I motivi ricorrenti nei loghi dei Centri di Servizio, 2010 (elaborazione propria)

Se la propensione dei Centri a fare formalmente rete nella sfera digitale appare molto modesta, più numerosi e intensi ci appaiono, dal medesimo osservatorio, i rapporti con altri soggetti. Innanzitutto, i siti delle nostre organizzazioni mostrano un’apprezzabile attività di linking (dato coerente con la funzione di biblioteca di saperi specialistici già segnalata nel paragrafo precedente). Ma sono soprattutto le notizie su, e i rimandi a, soggetti del territorio “fisico” di appartenenza dei Centri a denotare le capacità di networking di queste organizzazioni, e le potenzialità a tal fine degli strumenti della comunicazione on line.

Quali sono i soggetti pubblici delle provincie o delle regioni che animano anche la vita on line dei Centri di Servizio al Volontariato? Qualche menzione riescono ad aggiudicarsela imprese e personaggi politici, ma sempre nelle news e mai nei titoli o in primo piano in home. I veri interlocutori dei Centri di Servizio al Volontariato sono gli enti pubblici, nominati nel testo di una delle ultime 5 news da oltre 50 siti (più del 70%!): nella rete delle nostre organizzazioni, le amministrazioni pubbliche e i loro rappresentanti sono addirittura più visibili dei partner del Coordinamento.

Quest’ultima affermazione suona come una conferma dell’ipotesi iniziale, che i Centri di Servizio del Volontariato si configurino come delle amministrazioni di servizi pubblici, specializzate per il settore del sociale e del non profit. Mentre a livello più generale la medesima frase sembra ribadire il concetto che le potenzialità delle tecnologie (nel nostro caso, il loro potere di essere strumenti di servizio e di fare rete) non si esplicano se non nell’interazione con i fattori umani e sociali.

Bibliografia

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  1. Cfr. Legge 11 agosto 1991, n. 266, Legge-quadro sul volontariato (G.U. 22 agosto 1991, n. 196).
  2. Cfr. DM 8 ottobre 1997 del Ministero del Tesoro, di concerto con il Ministero della solidarietà sociale, recante Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni (G.U. n. 241 del 15 ottobre 1997).
  3. I dati citati in questo passaggio sono tratti dal Report 2008-2009. Resoconto delle attività dei Centri di Servizio per il Volontariato, il documento pubblico più recente sulla vita e l’organizzazione dei Centri, pubblicato da CSVnet sul proprio sito.
  4. Per un’introduzione alle interdipendenze e alle implicazioni che legano in sociologia i due concetti di comunicazione e identità: M. Morcellini, G. Fatelli, Le scienze della comunicazione, Roma, Carocci, 1994; J. B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media, Bologna, il Mulino, 1998; R. Silverstone, Perché studiare i media, Bologna, il Mulino, 2002.
  5. Il riferimento è ai principi dell’ascolto, della semplificazione, dell’efficacia, della trasparenza e della responsabilità, indicati come i perni della “rivoluzione copernicana” che ha investito le pubbliche amministrazioni a partire dal 1990, con l’entrata in vigore della Legge n. 241, in materia di procedimento amministrativo, che fa da «spartiacque fra i due diversi modi di intendere i rapporti dell’amministrazione con i cittadini»: dall’amministrazione “sovrana” a quella “condivisa” (G. Arena, Cittadini attivi, Roma-Bari, Laterza, 2006, p. 17). Sulle implicazioni specifiche di questa riforma sulle attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni si possono vedere: F. Faccioli, Comunicazione pubblica e cultura del servizio. Modelli, attori, percorsi, Roma, Carocci, 2000 e P. Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, Roma-Bari, Laterza, 2002.
  6. Per le prospettive più recenti sulla natura e sulle caratteristiche della comunicazione sociale: M. Morcellini e B. Mazza, Oltre l’individualismo. Comunicazione, nuovi diritti e capitale sociale, Milano, Franco Angeli, 2008; G. Peruzzi, Fondamenti di comunicazione sociale. Diritti, media, solidarietà, Roma, Carocci, 2011; A. Volterrani, Saturare l’immaginario. Per una nuova comunicazione sociale, Roma, Exorma, 2011.
  7. Il gruppo di lavoro del progetto era così composto: direzione scientifica Gaia Peruzzi (Sapienza Università di Roma); coordinamento Maria Teresa Rosito (CSVnet), Manuela Bartolotta (Sapienza Università di Roma), Stefania Carulli (Sapienza Università di Roma), Clara Capponi (Csvnet); ricercatori Lorenzo Boscato, Alessia Ciccotti, Annalisa Critelli, Claudio Fratini, Sandra Fratticci, Maria Ida Maroni, Laura Viviani (all’epoca tutti laureandi e laureati in comunicazione della Sapienza Università di Roma); assistenti alla procedure tecnico-informatiche Maria Paola Faggiano (Sapienza Università di Roma), Luca Bracchi (CSVnet).
  8. Cfr. L. Solito, Cogito ergo sum. Idee e fatti sulla comunicazione, Firenze, Le Lettere Università, p. 65.
  9. All’epoca della ricerca, i Centri di Servizio aderenti al Coordinamento nazionale erano 72, tre in meno di quelli che il network conta oggi. Al momento della rilevazione, uno di questi risultava indisponibile.
  10. Cfr. C. Hine (a cura di), Virtual methods. Issues in Social research on the Internet, New York, Berg, 2005.
  11. In particolare, riguardo alla websurvey sugli uffici di comunicazione: sono stati contattati gli operatori di 71 Centri, ed hanno risposto in 61. Le risposte fornite dai referenti per la comunicazione hanno consentito di confrontare i dati sull’immagine comunicata dai Centri all’esterno con le percezioni diffuse all’interno tra gli abitanti di quel mondo. Durante la terza fase del lavoro invece sono state realizzate dodici interviste a testimoni privilegiati, per approfondire aspetti particolarmente rilevanti, o magari contraddittori, emersi durante le analisi dei materiali recuperati con il monitoraggio dei siti e la websurvey.
  12. I risultati finali della ricerca sono pubblicati nel volume a cura di G. Peruzzi, La comunicazione al centro. Un’indagine sulla rete dei Centri di Servizio per il Volontariato, Firenze, I Quaderni Cesvot, n. 56, 2012.
  13. Fra i requisiti minimi di professionalità si sono rilevati: velocità di caricamento, omogeneità del font nelle diverse pagine, allineamento a sinistra dei testi, funzionamento dei link, presenza delle funzioni “Cerca nel sito” e “Mappa del sito”, presenza di menù orizzontale e verticale, possibilità di navigare per tabulazioni, presenza permanente di una struttura fissa (logo + menù) come elemento di orientamento nella navigazione. Per la lista completa degli item di questa sezione e di tutta la griglia di analisi di questa azione del progetto si può vedere l’Appendice 1 del testo di G. Peruzzi, op. cit., pp. 137-162.
  14. Data l’entità del campione, inferiore a cento unità, le statistiche usate per illustrare i dati del monitoraggio riportano i valori assoluti delle frequenze calcolate sui singoli item. Laddove però si sia ritenuto che l’esposizione dei risultati ne guadagnasse in efficacia, si è lasciato che la percentuale affiancasse il dato intero. Ancora: quando nel testo il totale dei casi è inferiore a 71, significa che il dato sulla specifica variabile non era rilevabile per tutti i siti.
  15. La tipologia riprende la suddivisione dei servizi utilizzata nei documenti ufficiali dei Centri di Servizio per il Volontariato (cfr. CSVnet, Report 2008-2009, op. cit.), con l’unica esclusione, per evidenti ragioni di senso, dei servizi logistici.
  16. Cfr. Civit – Comissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle Pubbliche Amministrazioni, Rapporto sulla trasparenza negli enti pubblici nazionali, 2012.