Numero 13/14 - 2017

  • Numero 7/8 - 2013
  • Editorial

Editoriale

by Rino Caputo

L’Università non sta bene e la cosa è da gran tempo conclamata. Ma, nei decenni del trascorso secondo Novecento, alle situazioni di stallo facevano seguito accelerazioni del riassetto del sistema e degli operatori che incontravano altresì, con relativamente buona armonia, le novità epistemologiche e metodologiche delle tecnologie della ricerca e della didattica, con l’apprestamento concomitante di relativamente adeguati sostegni finanziari. Le nozze, insomma, non si facevano coi fichi secchi.

Oggi, dopo la legge 240 del 2010, più nota come (famigerata) ‘legge Gelmini’, la ‘riforma’ del sistema, delle strutture e degli operatori, si misura con la ‘rivoluzione’ dei tagli: delle strutture e, soprattutto, degli operatori. La ratio è quella di concentrare, razionalizzare, funzionalizzare. L’organico docente, in particolare, è stato pressoché dimezzato dagli interventi apparentemente non punitivi ma, di fatto, restrittivi, volti, appunto, ad ‘asciugare’ le risorse. Della ricerca, certo. Ma, soprattutto, della didattica.

Ora, c’è chi ha cercato e cerca di cogliere nella crisi, nonostante tutto, l’opportunità di (un nuovo) sviluppo. Basterebbe, ad esempio, convertire la rigida modalità dell’impiego dell’organico di ruolo con la flessibile realtà dell’impegno gradualmente  e progressivamente ‘indeterminato’ del docente-ricercatore.

Ciò potrebbe favorevolmente tradursi in situazione feconda e, al limite, virtuosa, nel mondo della ‘distanza’. Si pensi, infatti, a come si sono evolute le tecnologie della didattica fin dal tempo del primo ‘insegnamento a distanza’. Oggi si insegna ‘nella distanza’, con parametri teorici e pratici mutati, e la trasmissione è biunivoca, multidirezionale, interattiva e con sempre nuove e inaspettate connotazioni.

Importante è, nella distanza, il passaggio del dare e del prendere, la relazione tra il dare e il prendere i prodotti del sapere e della sua trasmissione.

Così, forse, si potrà realizzare un motto (già) antico: lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti.

Nella temperie particolare attraversata attualmente dall’Università  di Roma “Tor Vergata” la situazione sopradescritta può costituire un autentico chairòs: un’opportunità, certo, ma, anche, una svolta più complessiva, soprattutto per le realtà più evolute della struttura accademica, a partire dalla Scuola IaD ovvero dal centro di produzione e trasmissione dell’università nella distanza.

Al nuovo Rettore, Giuseppe Novelli, scienziato innovatore e uomo di cultura di immediata sensibilità umanistica, che si appresta a iniziare il suo mandato sessennale, facciamo i più sentiti auguri di buon lavoro, convinti che ogni consapevole intervento riformatore sulle strutture e sulle persone non può avere il carattere distruttivo minacciato e, in qualche caso, effettuato, dalle più recenti politiche scolastiche e universitarie, bensì quel giusto equilibrio tra le necessità e le potenzialità, tra il dover essere e il voler essere.

E l’università nella distanza sarà parte integrante di questo proficuo cammino.

Rino Caputo