Numero 13/14 - 2017

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La cittadinanza attiva solidale come competenza promossa dalla valutazione per una scuola inclusiva e democratica

by Claudio De Luca

Le problematiche dell’educazione alla cittadinanza sono diventate uno dei temi centrali di riferimento della cultura pedagogica italiana e europea negli ultimi decenni. In particolare, in un’ampia e articolata letteratura scientifica sono stati trattati i rapporti tra l’educazione, i temi etico-politici della cittadinanza e il suo insegnamento nel sistema scolastico italiano, ma sono state trattate anche le problematiche che riguardano i rapporti tra le competenze sociali e civili e il sistema scolastico[1].

In realtà, i temi dell’educazione alla cittadinanza sono molto più ampi e significativi, soprattutto in relazione ad una nuova organizzazione della scuola e dell’extra-scuola per le grandi trasformazioni geopolitiche e culturali della società della globalizzazione determinate soprattutto dai processi migratori[2].

In questa prospettiva, riprendendo e sviluppando la mia ricerca precedente[3], vorrei focalizzare  alcuni dimensioni significative della pedagogia della cittadinanza in relazione alle dimensioni giuridico-pedagogiche del concetto di solidarietà e alla sua influenza nell’ambito dei processi di valutazione della scuola contemporanea.

Vorrei sviluppare questo mio ragionamento proponendo tre riflessioni: innanzitutto, vorrei analizzare alcuni aspetti del diritto-dovere della solidarietà, così come emerge in alcuni momenti dei Princìpi della Costituzione italiana e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea per passare, poi, alla focalizzazione di alcune dimensioni del concetto di solidarietà da considerare una competenza fondamentale nella scuola contemporanea. Infine, vorrei analizzare, sia pure nelle linee generali,  la fondamentale relazione tra i processi di valutazione del sistema scolastico e la competenza specifica della cittadinanza attiva solidale per favorire il senso di una scuola inclusiva e democratica.

1. La  dignità del cittadino-persona e il  diritto-dovere di solidarietà

I rapporti tra le problematiche educative e la riflessione giuridica su alcune tematiche di maggiore impatto sociale sono sempre più significativi e intrecciati. Questo aspetto è  evidente in diversi dibattiti proposti da insigni giuristi e per le implicazioni pedagogiche evidenti o sottese che i discorsi sulla democrazia e sulla solidarietà hanno determinato[4].

In questa prospettiva culturale una riflessione sui Princìpi fondamentali della Carta Costituzionale italiana connessi ad una analisi di alcuni articoli della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea potrebbe chiarire meglio l’importanza epistemologica e culturale del rapporto tra pedagogia e diritto, soprattutto per quanto concerne due categorie centrali della cultura filosofico-pedagogica e giuridica: la dignità e la solidarietà.

I Princìpi fondamentali della Carta Costituzionale possono orientare in modo significativo la costruzione di una  teoria pedagogica della persona-cittadino in relazione al tema del bene comune. Voglio chiarire che il concetto di persona-cittadino, per altro già sapientemente individuato e analizzato[5], rientra nella problematica dei “diritti sociali”, ma soprattutto della dimensione sociale dei diritti soggettivi che si sviluppano concretamente nelle relazioni etiche, sociali, e economico-politiche.

Se il primo articolo rivendica la centralità del lavoro e, nel contempo della sovranità popolare con i suoi specifici limiti di esercizio attivo, mostrando con chiarezza l’impostazione “lavorista” della nostra Costituzione[6], il problema  del rapporto tra soggettività dei diritti e esplicazione delle azioni umane in relazione al bene comune è  posto in maniera chiara nei successivi articoli 2 e 3   che rappresentano, a mio avviso, una chiara affermazione della relazione tra la dimensione pedagogica e le problematiche giuridiche sulla problematica dei diritti umani.

L’articolo 2, rivendicando  l’inviolabilità del diritto dell’uomo sia nella sua singolarità che nelle “formazioni sociali dove svolge la sua personalità”, lega la inviolabilità del diritto del cittadino-persona alla dignità umana che deve essere “pari” socialmente a quella degli altri cittadini dinanzi alla legge, così come è richiamato dal primo comma dell’art.3, e si deve esplicare attraverso uno sviluppo formativo nelle specifiche organizzazioni sociali che, inevitabilmente, è espressione di una azione educativa autonoma e eteronoma del soggetto-persona.

Il tema che l’art. 2 pone nella sua complessità, dunque, è quello della dignità. Questo concetto, molto considerato da parte dei teorici del diritto, come   un momento fondamentale, unitamente al concetto giuridico della libertà, non solo è espressione di quella “solidarizzazione giuridica” che caratterizza il senso e le prospettive del costituzionalismo europeo del secondo dopoguerra[7], ma rappresenta un paradigma fondante anche rispetto ai tradizionali concetti di uguaglianza, fraternità-solidarietà, nonché di giustizia e esprime una specifica dimensione pedagogica.

A mio avviso, la dimensione pedagogica è evidente  proprio perché il rapporto tra il diritto inviolabile del cittadino e l’adempimento dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” implica necessariamente uno sviluppo educativo della persona attraverso il suo miglioramento, il prendere cura di se stesso e, nello stesso tempo il prendersi cura degli altri, come due chiavi di lettura educative per comprendere il legame profondo tra la fattispecie giuridica e la sua realizzazione sociale.

L’art. 2 pone con chiarezza il diritto-dovere come adempimento solidale  e si lega al significato culturale e politico dell’art.1 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 (“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”), ma questo riferimento ha il suo sviluppo più significativo nella Carta di Nizza[8].

Difatti, di quest’ultimo documento normativo bisogna considerare, innanzitutto, il II comma del Preambolo quando vi si afferma che “l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà”; inoltre, il Capo I è espressamente orientato ad analizzare il tema della dignità.

In particolare, i primi tre articoli sono illuminanti: art. 1: “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata; art. 2: “Ogni individuo ha diritto alla vita. Nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato”; art.3 I Comma: “Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica”. La complessità delle argomentazione di carattere giuridico-teorico contenute nei predetti articoli richiederebbe una specifica trattazione a parte. È abbastanza evidente, però, che il concetto di dignità nella sua complessità filosofica rileva la sua centralità proprio come integrità fisico-psichica dell’individuo all’interno dello specifico contesto democratico. L’integrità è espressione del suo diritto alla vita, alla sicurezza, al lavoro e alla libertà, nella vita privata familiare, professionale e pubblica, di cui il concetto di “privacy” anche all’interno della nuova complessità della società “digitale” diventa una chiave di lettura fondamentale[9].

Ma la dignità è un diritto umano che si fonda se strettamente relazionato al principio di solidarietà e alla sua costruzione come diritto-dovere. Questa relazione è colta in modo esemplare nella Carta Costituzionale italiana ed è, invece,  più sfumata e statica da un punto di vista giuridico-sociale nella Carta di Nizza, laddove al capo IV si parla di solidarietà come diritto dei lavoratori  all’informazione e alla consultazione nell’ambito dell’impresa, al diritto di negoziazione e di azioni collettive, ma soprattutto alle condizioni di lavoro giuste ed eque, alla sicurezza e all’assistenza sociale, alla protezione della salute e alla tutela dell’ambiente.

Nella nostra Costituzione il diritto-dovere di solidarietà, così come si evince dal secondo comma dell’art.3 e da una serie di specifici riferimenti in altri luoghi fondamentali della Carta, testimonia la centralità dei processi solidaristici come fondamento della cittadinanza attiva.

La cittadinanza solidale è da considerare una categoria giuridico-pedagogica fondamentale, in quanto esprime una dimensione giuridico-storica che pone il soggetto giuridicamente definito a relazionarsi con il mondo circostante per cogliere quelle dinamiche storiche necessarie per far sfuggire il diritto a quella astratta dimensione della “fattispecie” a cui spesso veniva confinato[10]

2. La solidarietà come fondamento di una pedagogia della cittadinanza

La prospettiva pedagogica dell’art.2 è determinata dal fatto che il diritto del cittadino si sviluppa quando la sua formazione si esplica nella relazione politica di solidarietà, in quella economica e sociale. Il secondo comma dell’art. 3 in questo senso, che pone il problema del recupero sociale di ogni svantaggio in una dimensione di solidarietà, dà al cittadino nel suo esercizio di libertà etico-civile, in quanto membro della Repubblica, il compito di rimuovere gli ostacoli che limitano il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione di tutti alla vita della società anche in una dimensione più ampia che oggi potrebbe essere definita del vivere quotidiano e, quindi, estendibile a tutto il genere umano come principio della “cittadinanza universale”[11].

Il problema che pone il secondo comma dell’art. 3 è quello di uno spazio pedagogico intersoggettivo che costituisce il senso della relazione solidale come fondamento specifico della cittadinanza attiva. Cittadino attivo in questa prospettiva, quindi,  è colui che, in una visione etica della convivenza finalizzata al perseguimento del bene comune, è capace di contribuire, con la propria attività e le proprie competenze alla costruzione democratica e partecipata del processo democratico.

È un’idea di soggettività  che fa della persona un soggetto di diritti, per approdare a un concetto di cittadinanza che si attiva all’interno di una dimensione culturale fatta di un equilibrio pedagogico del diritto-dovere del cittadino di sviluppare la propria personalità  in quelle formazioni sociali dove necessariamente deve compiere il proprio inderogabile dovere di solidarietà e promuovere l’integrazione con l’altro e l’inclusione educativa delle sue azioni quotidiane in base alle regole con cui si deve confrontare.

Il problema che si pone, quindi, va al di là della concezione della cittadinanza attiva come “dono disinteressato”, o come specifica azione del volontariato sociale, ma diventa un’azione giuridicamente tutelata dall’ordinamento costituzionale italiano e europeo, che rivela in sé una specifica dimensione pedagogica.

Il cittadino, infatti, deve porsi al centro delle relazioni istituzionali non solo rispettando le leggi, ma proponendosi per il buon andamento della P.A (art.97). La dimensione economica del diritto-dovere deve realizzarsi  socialmente nel complesso concetto di non essere “in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana” (art. 41),  ma soprattutto un’azione di sussidiarietà verticale e orizzontale nella prospettiva della solidarietà sociale (Riforma costituzionale del titolo V del 2001, art. 118, comma IV della Costituzione)[12].

In questo si rivela la necessaria relazione tra dignità e azione solidale come recupero delle difficoltà proprie e dell’altro per favorire una autentica dimensione dell’inclusione educativa e sociale. In altri termini, il primo comma fonda la diversità dei cittadini e, nello stesso tempo, l’uguaglianza e la “pari dignità sociale” dinanzi alla legge. Questa dimensione della diversità, che deve esprimere una pari dignità sociale dinanzi alla legge, rafforza il tema pedagogico della formazione del cittadino che, proprio perché è diverso, trova nella “pari dignità” il  diritto inviolabile alla sua esistenza individuale e sociale.

In questa prospettiva è fondamentale l’enunciato costituzionale del principio di sussidiarietà, che legittima «l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale» (art.118, comma IV, Costituzione), traducendosi nella realizzazione pratica e quotidiana di quel principio di solidarietà che è archetipo valoriale fondante di ogni gruppo umano e che impegna tutti e ciascuno ad attivarsi per concorrere al «progresso materiale o spirituale della società» (art.4, comma II, Costituzione).

È abbastanza evidente, quindi, che il concetto di cittadinanza attiva può essere approfondito attraverso una profonda e meditata ibridazione culturale pedagogico-giuridica. In effetti, il concetto di cittadinanza attiva  può  essere rivisitato e ripensato  attraverso la rifondazione epistemologica di una pedagogia dei diritti che analizzi il processo formativo che si manifesta tra il diritto soggettivo della persona-cittadino di sviluppare pienamente la propria personalità e il dovere inderogabile della solidarietà, come condizione importante per sviluppare dal punto di vista formativo la  personalità del cittadino.

L’esercizio di libertà dei diritti si sviluppa in base a quelli che sono le potenzialità progettuali e formative della persone che, quindi, dovrebbero rispondere solo alle proprie convinzioni soggettive a meno che queste convinzioni siano contra legem. Ma, ed è questo uno dei temi caldi del dibattito culturale politico e giuridico contemporaneo, quale è il limite ai diritti, o meglio c’è un limite ai diritti della soggettività se sviluppano pienamente la personalità e le potenzialità del soggetto[13]?

A mio avviso, se la libertà individuale è tale solo in relazione al rispetto dell’altro e al dovere di solidarietà,  se incontra un’altra libertà, come senso e misura di essa, questa necessaria dimensione intersoggettiva fa sì che la libertà giuridicamente protetta della soggettività della persona-cittadino si esprima come responsabilità nei confronti della comunità. La libertà è assunzione personale del dono di esistere e dunque responsabilità di agire non solo per non ledere il diritto dell’altrui soggettività, ma soprattutto per costruire un’azione solidale nei confronti dell’altro. In questo senso  la libertà è, appunto, ricerca dell’altro e ricerca soprattutto di riaffermazione di diritti della persona e di solidarietà valoriale
[14]. La solidarietà, quindi, esprime una dimensione giuridico-pedagogica fondamentale e può essere considerata la competenza centrale da far acquisire agli studenti nell’ambito dei processi didattici e valutativi della scuola contemporanea.

3. La valutazione per promuovere una competenza di cittadinanza attiva solidale

La pedagogia della cittadinanza, dunque, rappresenta un momento fondamentale per comprendere il significato storico del diritto-dovere della solidarietà nel sociale, ma anche per definire uno degli aspetti fondamentali della scuola contemporanea. Infatti il tema della cittadinanza, unitamente a quello della didattica e della valutazione rappresenta uno dei momenti centrali per promuovere una scuola inclusiva e democratica.

Le trasformazioni  normative,  che hanno caratterizzato in modo estremamente significativo in questi ultimi decenni,  l’impianto culturale della scuola italiana si basano principalmente sulla difficile realizzazione dell’autonomia scolastica alla ricerca dell’efficienza, dell’efficacia e della realizzazione di una scuola democratica e inclusiva. Dalle competenze-chiave per l’apprendimento permanente nella scuola europea, in particolare, la normativa sul sistema scolastico italiano ha cercato di costruire un modello di scuola autonoma democratica e inclusiva, basata sul concetto pedagogico di cittadinanza attiva, sul sistema di valutazione, sulla inclusione-integrazione delle diversità delle possibilità di apprendimento di ciascun studente, fino al complesso e discutibile riordinamento sulla “buona scuola”, che deve avere ancora una sua possibile realizzazione politica[15].

È evidente che di queste complesse problematiche, alla luce delle mie riflessioni precedenti, vorrei porre l’attenzione sulla relazione tra i processi di valutazione e il concetto di cittadinanza attiva solidale che deve essere considerata come  una fondamentale competenza dello studente da realizzare in modo centrale nella scuola contemporanea.

L’idea di educazione alla cittadinanza si deve basare sul diritto-dovere di solidarietà che nella scuola contemporanea è la caratteristica fondamentale su cui gli sforzi per  la costruzione di una  scuola inclusiva e democratica dovrebbero focalizzarsi. Ma questo processo è legato strettamente alla valutazione, che deve essere considerata non solo  valutazione di un processo di apprendimento, di una competenza specifica dello studente, ma è da considerare l’orientamento  che la progettazione della scuola dell’autonomia deve definire e realizzare per la costruzione di valori condivisi socialmente e, quindi, espressione della solidarietà e della democrazia.

La cittadinanza è una idea pedagogica fondamentale che costituisce uno degli orientamenti fondamentali delle competenze-chiave per l’apprendimento permanente. Nella Raccomandazione del Parlamento  Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, delle otto competenze suggerite per sviluppare pienamente un quadro di riferimento europeo per il sistema di istruzione e di formazione le ultime tre competenze: 6. Competenze sociali e civiche, 7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità, 8. Consapevolezza  ed espressione culturale rappresentano l’architettura culturale di riferimento per promuovere l’educazione alla cittadinanza.

Problema, questo,  che i discorsi sviluppati dalla normativa introdotta con il curricolo “Cittadinanza e Costituzione” e, in particolare, con l’attuazione dell’art.1 della legge 30 ottobre, n. 169 pongono in modo estremamente significativo[16] È indubbio, infatti, che il significato del curricolo “Cittadinanza e Costituzione” non è solo quello dell’acquisizione di conoscenze specifiche per quanto riguarda la Carta Costituzionale e la normativa europea di riferimento, ma è la riaffermazione di quelle competenze sociali e civiche che esprimono qualcosa in più rispetto alle determinazioni fin qui assunte dalla normativa e dalla cultura di riferimento: il rispetto della persona umana senza discriminazioni, il senso civico, la responsabilità individuale e collettiva, la disponibilità all’accoglienza e alle possibilità dell’integrazione e dell’inclusione delle altre culture e etnie.

In questo senso il problema della pedagogia della cittadinanza si lega al tema della solidarietà che deve essere analizzata in tutta la sua complessità culturale e giuridica.  La solidarietà, nell’ambito della progettazione del curricolo nella scuola, deve essere considerata non solo come “valutazione del comportamento”, come è esplicitamente riferito dalla normativa, ma deve essere  espressione trasversale sia a livello verticale, nel senso che si può ritrovare in tutte dimensioni curricolari del sistema scolastico italiano dalla scuola dell’infanzia alla scuola superiore di II grado, sia a livello orizzontale tra le diverse reti di scuole che si basano sull’autonomia scolastica.

Questa acquisizione non può che legarsi al grande tema della valutazione così come è previsto dalla normativa e ampiamente dibattuto nell’ambito della letteratura scientifica contemporanea[17]. La valutazione deve essere considerata valutazione di processo nel senso che esprime un’attività o una serie di attività che devono necessariamente migliorare le competenze dello studente, quelle dell’insegnante e del dirigente scolastico all’interno della organizzazione complessiva del sistema-scuola.

La centralità della valutazione come processo di miglioramento complessivo del sistema scolastico, è stata fissata dal DPR 28 marzo 2013, n. 80, ed è legata, come stabilisce l’art.2 comma 1 “ai fini del miglioramento della qualità dell’offerta formativa e degli apprendimenti”,  alla “efficienza e efficacia del sistema formativo dell’istruzione e formazione[…]”, definita dalla Circolare n. 47 del 2014.

In questo contesto non bisogna neanche sottacere l’articolo 1 della L. 13 luglio 2015 n. 107, laddove nel progetto di “buona scuola” è chiaro il riferimento per dare “piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche” ai concetti di “partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva, per garantire il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e istruzione permanente ai cittadini”. Quello che è abbastanza evidente è la stretta correlazione tra il processo di valutazione e la competenza della cittadinanza attiva solidale.

Nel RAV (Rapporto di autovalutazione del sistema scolastico) il concetto fondamentale è dato dall’idea che la valutazione deve necessariamente migliorare le competenze chiave e di cittadinanza  che sono gli esiti, i risultati all’interno della valutazione del sistema, ma che devono essere considerate come un processo centrale per formare il cittadino-lavoratore e, quindi, per promuovere i processi di inclusione e di autentica democrazia nella scuola contemporanea[18].

Il senso del mio intervento, quindi, è stato quello di considerare la scuola democratica come una scuola che deve formare gli studenti a una competenza culturale e professionale di un cittadino solidale, che diventa uno dei cardini fondamentali per la definizione e la progettazione della scuola democratica del futuro.

Per formare gli studenti alla competenza della cittadinanza attiva solidale all’interno della scuola dell’autonomia è fondamentale considerarla non solo secondo i comportamenti tradizionalmente considerati: rispetto delle regole, capacità di creare rapporti positivi con gli altri, costruzione del senso della legalità nella comunità di riferimento, sviluppo dell’etica della responsabilità, ma soprattutto come una  specifica competenza nella capacità di orientamento e di risoluzione dei problemi.

La competenza della cittadinanza attiva solidale deve, quindi, svilupparsi  soprattutto come espressione del diritto-dovere della solidarietà e il sistema di valutazione deve sviluppare le sue strategie di analisi e di intervento nella situazione scolastica proprio per definire un profilo complessivo dello studente che presenti una competenza di cittadinanza attiva legata al principio di solidarietà.

La complessità di questo principio, dal punto di vista pedagogico, è da approfondire culturalmente e giuridicamente. È indubbio, però, che una scuola democratica e inclusiva deve fondarsi sulla competenza della cittadinanza attiva solidale e che ogni processo di valutazione, nell’ambito dell’organizzazione scolastica, nella relazione tra il contesto, gli esiti e i processi deve essere finalizzato a progettare e a costruire una scuola di tutti e di ciascuno.

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  1. Cfr. M. Santerini, La scuola della cittadinaza, Laterza, Roma 2010; S. Chistolini,a cura di,  Cittadinanza e convivenza civile nella scuola europea, Saggi in onore di Luciano Corradini, Armando, Roma 2006
  2. A. Portera, a cura di, Competenze interculturali, Franco Angeli, Milano 2013
  3. Cfr. C. De Luca, G. Spadafora, Per una pedagogia dei diritti, Formazione, Cosenza 2013; C. De Luca, Per una pedagogia della cittadinanza, Anicia, Roma 2014
  4. Cfr. S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma 2012; Id. Solidarietà. Un’utopia necessaria, Laterza, Roma 2014
  5. Cfr. S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., cap. V
  6. Cfr. A. Baldassarre, Diritti della persona e valori costituzionali, Giappichelli, Torino 1997
  7. Cfr. P. Becchi, Il principio di dignità umana, Morcelliana, Milano 2009
  8. Cfr. G. Ghezzi, G. Naccari, A. Torrice, Il libro bianco e la Carta di Nizza. Il futuro dei diritti sociali in Italia e in Europa, Ediesse, Roma 2002
  9. Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000/C 364/01) pubblicato sulla G.U. delle Comunità Europee, Preambolo II C., artt 1-2-3. Cfr. A. Beccaria, Anonymous. Noi siamo legione, Aliberti, Reggio Emilia
  10. Cfr. S. Rodotà, La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, II ed. ampliata, Feltrinelli, Milano 2012
  11. Cfr. G. Zagrebelsky, Intorno alla legge. Il diritto come dimensione del vivere comune, Einaudi, Torino 2009
  12. Costituzione della Repubblica Italiana, edizione aggiornata, artt. 2, 3, 4, 34, 97, 118
  13. Cfr. L. Violante, Il dovere di avere doveri, Einaudi, Torino 2014
  14. Cfr. R. Mancini, La buona reciprocità. Famiglia, educazione e scuola, Cittadella Editrice, Assisi, 2008
  15. Legge 13 luglio 2015, n. 107, G.U: Serie generale n. 162 del 15.7.2015
  16. Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE). Cfr. L. Le Piane, Cittadinanza e Costituzione. Per una pedagogia della solidarietà, Periferia, Cosenza 2012
  17. Cfr. A. Notti, a cura di, Valutazione e contesto educativo, PensaMultimedia, Lecce 2010;  D. Maccario, A scuola di competenze. Verso un nuovo modello didattico, SEI, Torino 2012
  18. Cfr. DPR 28 marzo 2013 n. 80. Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione, in particolare,  art.6. Cfr. L. Berlinguer con Carla Guetti, Ri-creazione. Una scuola di qualità per tutti e per ciascuno, Liguori, Napoli 2014