Università e qualità: un binomio necessario ma portatore di conflitto
Sabrina Ficco
Le procedure di assicurazione della qualità a livello universitario prendono l’avvio da alcune sollecitazioni esterne, in primo luogo quelle dettate dalla cultura della valutazione, della trasparenza, dell’accountability che crescono di pari passo con l’affermarsi di modelli di valutazione delle politiche pubbliche, aderenti, sin dalla fine degli anni Settanta, al modello del New Public Management[1]. In Italia, l’introduzione delle procedure di valutazione universitaria, a livello legislativo è stata preceduta da una serie di iniziative di innovazione didattica e organizzativa, promosse da soggetti tra i quali la Conferenza dei Rettori delle Università italiane, promotrice dell’adesione a sperimentazioni internazionali da una parte volte alla declinazione dell’istituzione universitaria verso un modello che con buon grado di approssimazione può definirsi “multiversitario”[2] e d’altra parte fortemente aderenti al modello del NPM quale approccio alle politiche pubbliche.
Secondo Stefani e Modica infatti:
L’autonomia di un’istituzione pubblica assume (…) significato reale solo se è associata all’attribuzione di precise responsabilità chi è chiamato a governarla ed alla messa a punto di procedure di valutazione degli obiettivi raggiunti. Autonomia, responsabilità e valutazione divengono quindi momenti complementari di un unico procedimento testo al miglioramento del sistema formativo superiore. Con il dispiegarsi dell’autonomia degli atenei si è così ampiamente sviluppato l’interesse per la valutazione delle attività universitarie, cosicché non sembrano più sussistere obiezioni di principio allo svolgimento di analisi qualitative e quantitative su di esse e, soprattutto, all’uso dei risultati di queste analisi per stimolare, anche tramite il riallocamento di risorse, il raggiungimento di obiettivi strategici fissati dagli organi di governo dell’ateneo e per controllare in itinere l’efficacia delle scelte operative adottate[3].
Le righe sopra riportate appartengono a un contributo del 1997 e si riferiscono a riflessioni sull’allora nascente tema della valutazione, avviate a partire dal 1991. Sono trascorsi molti anni da allora e le pratiche sulla valutazione universitaria, attraversando fasi di cambiamento, approfondimento, precisazione, e variazioni e sistematizzazione degli schemi di responsabilità, hanno raggiunto un certo grado di articolazione e sistematicità. Eppure sussistono numerosissime obiezioni, di principio e di merito, sulla pratica della valutazione nell’istituzione universitaria e sull’uso dei risultati da essa emergenti, soprattutto se questi sono finalizzati alla ricollocazione di risorse già esigue.
Oggi, come è noto, la valutazione del sistema universitario e della ricerca spetta all’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, istituita nel 2006 e operativamente entrata in funzione nel 2010[4], che sta portando a regime un sistema integrato di valutazione basato sulla autovalutazione della didattica e della ricerca, sull’accreditamento iniziale e periodico e sulla valutazione esterna.
In questo contributo ci soffermeremo in maniera particolare sull’aspetto della valutazione della didattica, concentrando l’attenzione su alcuni elementi emergenti da questo esercizio nel corso di Laurea in modalità blended in Educazione professionale dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata. Tralasceremo perciò gli aspetti legati alla valutazione della ricerca, che nel panorama della valutazione universitaria è in questo momento il tema più dibattuto e controverso. Prima di proporre alcune riflessioni stimolate dal compimento degli adempimenti valutativi obbligatori per i corsi di studio, si ritiene però opportuno percorrere brevemente le modalità in cui il tema della valutazione e della trasparenza della didattica è stato introdotto nell’ordinamento universitario italiano, sino a raggiungere la configurazione attuale prevista dal sistema di Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento che, per il versante della didattica, si sostanzia nelle attività di compilazione della cosiddetta “Scheda Unica Annuale dei Corsi di Studio” (d’ora in avanti, SUA CdS).
La valutazione della formazione universitaria in Italia: tappe, attori, schemi di responsabilità, interazioni con il sistema attuale di Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento
Sabrina Ficco
Alcuni contributi ricostruiscono con chiarezza e linearità i processi culturali e i percorsi normativi che hanno introdotto nell’università italiana il tema della valutazione[5]; a questi si rimanda per una ricostruzione chiara e dettagliata di tali processi, spesso paralleli, descritti con puntualità nei loro momenti di interconnessione. A partire dalla base di conoscenze fornita da tali contributi, in questa sede si provvederà a ricostruire per tappe schematiche l’introduzione del tema della valutazione e della qualità della didattica, tralasciando come già anticipato il tema della valutazione della ricerca, che esula dalle finalità di questo contributo.
La valutazione della didattica comporta la messa in atto di processi complessi che partono dalla progettazione dei corsi e che arrivano alla misurazione degli indicatori di efficacia ed efficienza, passando per diversi momenti di valutazione interna ed esterna. Tale sistema si è nel tempo ampliato, perfezionato e consolidato in una serie di pratiche da svolgere secondo scadenze continue e prestabilite che, nonostante alcuni cambiamenti nella denominazione e nelle piattaforme tecnologiche utilizzate, si avvicinano oggi sempre più ad un sistema integrato di raccolta, conservazione, supporto alla documentazione e comunicazione dei dati: il sistema SUA CdS, previsto nel sistema di Autovalutazione, Valutazione e Accreditamento (d’ora in avanti AVA), introdotto dalla Legge 240/2010, dal DL 27 gennaio 2012 n. 19 e recepito dal DM 30 gennaio 2012, n. 47, come modificato dal DM 23 dicembre 2013, n. 1059.
Ma qual è il processo culturale e normativo che ha condotto alle attuali modalità di valutazione della qualità della formazione universitaria? Il dibattito sulla valutazione nel sistema universitario italiano è stato molto produttivo a partire dai primi anni Novanta sino alla prima metà degli anni Duemila; in questo arco di tempo il tema è comparso non solo nel dibattito politico e accademico, ma anche nell’ordinamento legislativo del nostro Paese. È infatti negli anni compresi tra il 1991 e il 2007 che le iniziative della Conferenza dei Rettori delle università italiane da una parte, e l’introduzione di nuove norme dall’altra, determinano attenzione, sperimentazione di dispositivi e nuovi obblighi in tema di valutazione della formazione universitaria.
In particolare, la CRUI tra il 1991 e il 2006 si fa promotrice di una serie di progetti pilota volti a introdurre innovazione nella progettazione e nella gestione della didattica universitaria, attenzione al dialogo con il territorio e con il mondo del lavoro, e a favorire l’installazione di processi sistematici di assicurazione di qualità ispirati a quelli in uso nei contesti aziendali. In particolare, nel 1994, la Commissione Europea promuove un esperimento di valutazione della qualità dei sistemi universitari al quale la CRUI prende parte. Da tale partecipazione prendono avvio importanti progetti che hanno proposto, tra le altre cose, modelli allora innovativi di valutazione come Campus e CampusOne. I progetti CRUI precedentemente citati hanno approfondito la valutazione della qualità della didattica e dei servizi delle università, un tema nuovo per quel periodo. A questi progetti va il merito di aver promosso un’inedita attenzione ad elementi quali gli abbandoni degli studi, la durata dei percorsi di studio, l’integrazione con il mondo del lavoro (placement, tirocini), etc. ed agli aspetti gestionali di tutti i processi legati alla formazione universitaria. Il progetto Campus One, in particolare, ha proposto un modello per l’autovalutazione e la valutazione dei Corsi di Studio volto ad evidenziare gli elementi minimi (dimensioni) necessari per effettuare un’analisi del sistema di gestione e dei risultati (osservando elementi delle dimensioni e processi ad esse sottostanti), con l’obiettivo di attivare azioni di miglioramento[6]. Sin da queste prime esperienze, i promotori delle iniziative evidenziano i rischi connessi all’introduzione di profonde innovazioni di processo; la resistenza culturale, la difesa della libertà di insegnamento, soprattutto laddove i processi di qualità incidono sulla sfera di diritti e doveri dei docenti, il rischio elevato della burocratizzazione e ripetitività nelle procedure di assicurazione qualità e della tenuta della documentazione necessaria[7]. Tali rischi negli anni si sono trasformati in criticità persistenti.
Nei medesimi anni in cui si svolgono le sperimentazioni sopra citate, il tema della valutazione universitaria viene introdotto nell’ordinamento legislativo e vi si consolida. È precisamente con la legge finanziaria del 1994[8] che i Nuclei di Valutazione sono introdotti all’interno dell’università, intesi in prima accezione come estensori della logica della buona amministrazione già introdotta in altri ambiti della politica pubblica[9]. Contemporaneamente – anche se entrerà in funzione solo nel 1996 – Il Ministero istituisce l’Osservatorio per la valutazione del sistema universitario[10]. L’Osservatorio segna l’introduzione di un sistema duale di valutazione, che combina l’attività di valutazione delle singole università con quella del sistema universitario nel suo complesso[11]. Successivamente nel 1999 l’Osservatorio viene sostituito dal Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario[12], al quale viene assegnato il compito di fissare i criteri generali per la valutazione delle attività delle università; è in questo frangente che l’idea di “qualità” comincia ad eccedere quella di “buona amministrazione”. Il medesimo provvedimento introduce infatti la valutazione delle attività didattiche da parte degli studenti frequentanti e la redazione da parte dei nuclei di valutazione di una relazione annuale sui relativi dati[13]. In questa fase, poiché non sono previsti momenti di valutazione esterna o meccanismi di accreditamento, la valutazione avviene a livello locale, determinando una spinta ancora molto debole per poter produrre un cambiamento dall’interno del sistema[14]. Un momento di cambiamento accelerato è segnato dalle due riforme degli ordinamenti didattici, introdotte con i DM 509/99 e 270/2004. L’introduzione e l’immediata revisione dei nuovi ordinamenti disegnati sul Processo di Bologna aprono la strada a molteplici riflessioni sulla qualità dei percorsi di studio; in rapida successione assistiamo all’introduzione per ogni corso di laurea di un sistema di valutazione della qualità, rispondente a criteri nazionali e internazionali, che riguardi tanto l’organizzazione quanto i risultati della formazione e alle raccomandazioni rivolte agli organi accademici a prestare attenzione, in sede di progettazione dei corsi, ai livelli di occupabilità e al coordinamento con il mondo esterno[15]. Seguono l’elaborazione criteri per verificare la sostenibilità dell’offerta formativa[16], nonché l’introduzione dei cosiddetti “requisiti minimi” per l’attivazione dei corsi[17].
Più recentemente, il DM n. 270/04 inserisce riferimenti espliciti ad attività di valutazione ed assicurazione della qualità nelle strutture didattiche e identifica il processo di valutazione come sostegno per il miglioramento della didattica universitaria, prevedendo strumenti per il monitoraggio dell’offerta formativa. Il DM 27 gennaio 2005 n. 15 introduce la Banca dati dell’offerta formativa e la verifica del possesso dei requisiti minimi. Inoltre, l’art. 1 del D.M. 31 ottobre 2007, n. 544, include tra i requisiti necessari per l’attivazione annuale dell’offerta formativa degli Atenei anche la trasparenza della didattica, intesa quale condizione necessaria per una corretta comunicazione, rivolta agli studenti e a tutti i soggetti interessati, sulle caratteristiche dei corsi di studio attivati.
Tutti gli elementi di cui sopra evidenziano che la valutazione della formazione universitaria si è nel tempo costituita come un processo complesso che attraversa la progettazione dei corsi, la misurazione degli indicatori di efficacia ed efficienza, la comunicazione esterna, l’interazione con gli stakeholders. L’attenzione a tutti gli elementi sopra citati confluisce ora in una serie di adempimenti da svolgere con scadenze predefinite attraverso un portale informatizzato unico, come previsto dalle disposizioni che istituiscono il sistema AVA[18] che Capano et alii definiscono “strumento di governo e di indirizzo sistemico”[19].
Il sistema AVA si fonda su alcune fasi, intese come processo integrato, interagenti verso l’obiettivo comune del miglioramento continuo dell’istituzione singola, delle sue componenti interne e del sistema universitario nel suo complesso; tali fasi sono l’accreditamento iniziale, l’accreditamento periodico (la verifica ex post della persistenza di requisiti che hanno condotto all’accreditamento inziale e del possesso di ulteriori requisiti di qualità di efficienza e di efficacia), l’autovalutazione e la valutazione esterna.
La valutazione periodica consiste nella stima dei risultati conseguiti nella didattica, nella ricerca e nell’assicurazione di qualità. La valutazione della formazione erogata prevede un ampio lavoro di riflessione auto-valutativa, buona parte del quale si svolge nell’ambito della compilazione della SUA CdS e dell’esercizio di Riesame annuale, strumenti principali che il sistema AVA prevede per la valutazione della formazione e dell’assicurazione di qualità dei corsi di studio. La SUA CdS serve infatti a esplicitare l’offerta formativa di ateneo, definire la domanda di formazione, chiarire i ruoli e le responsabilità di gestione del sistema di Assicurazione di qualità dell’ateneo e di corsi di studio e registrare le attività di autovalutazione e di riesame. Il portale raccoglie, a partire dal 2012-2013, la “storia” dei corsi di studio, aggregando quanto precedentemente gestito attraverso la Banca dati dell’Offerta formativa (come specificato anche in relazione alle citate norme sulla trasparenza) con tutte le informazioni relative alle attività di autovalutazione, riesame e valutazione esterna previste per ogni corso di studio. Il sistema, inoltre, interagisce con altri portali deputati alla comunicazione con i portatori di interesse e, pertanto, liberamente consultabili in rete, come ad esempio il portale “Universitaly – L’Università italiana a portata di click” (www.universitaly.it).
La compilazione della SUA CdS, onere dei responsabili dei corsi di studio, prevede la raccolta tutti i dati relativi alla programmazione dell’offerta formativa (ordinamento didattico, manifesto degli studi, percorso di studio in breve, percorso di formazione, descrizione dei risultati di apprendimento secondo i descrittori di Dublino, descrizione dei metodi di accertamento), definisce l’organizzazione e le responsabilità della Assicurazione di Qualità a livello di Corso di Studio, stabilisce la programmazione dei lavori e la scadenza di attuazione delle iniziative. I contenuti della SUA CdS descrivono inoltre l’esperienza dello studente, mettendo in evidenza le infrastrutture (aule, laboratori, biblioteche) e i servizi disponibili (internazionalizzazione, orientamento, tutorato, placement). La sezione “Qualità” richiede inoltre l’analisi sia dei dati di ingresso, di percorso e di uscita riferiti alle coorti di studenti per ciascun anno accademico sia dei dati emersi dai questionari di valutazione compilati dagli studenti nel corso dell’anno precedente; tale sezione registra inoltre gli esiti della discussione ed elaborazione del Rapporto di Riesame annuale, che riveste particolare importanza, in quanto momento programmato da ciascun corso di studi secondo scadenze prestabilite ed utile per “l’idoneità, l’adeguatezza e l’efficacia”[20] della formazione progettata e offerta e per individuare e promuovere tutte le misure correttive e azioni di miglioramento individuate come necessarie. Il Riesame viene condotto sotto la guida e responsabilità del responsabile del corso di studio e del gruppo a ciò deputato, al quale partecipa obbligatoriamente almeno uno studente; tale attività mira a verificare e valutare, di anno in anno e con cadenza ciclica, gli interventi volti al miglioramento della gestione del corso di studio. In altre parole, il Riesame annuale monitora e controlla la validità della progettazione, la verifica dell’efficacia degli interventi migliorativi e la pianificazione di azioni di miglioramento, in accordo con i piani di Qualità degli atenei e tenendo in attenta considerazione le osservazioni messe a disposizione dalle relazioni annuali delle Commissioni Paritetiche docenti-studenti[21]. In sostanza, la SUA CdS supporta la documentazione dell’intera attività di ciascun corso di studi nell’anno accademico concluso e l’evoluzione delle attività di gestione dello stesso conformemente al sistema di Assicurazione di Qualità.
Una lettura dei dati quantitativi
Loredana Pedata
Entrando nello specifico del caso di studio del corso di laurea in Educatore professionale, di seguito sarà fornita una lettura dei dati ottenuti mediante la valutazione SUA effettuata rispetto agli anni accademici 2013-14 e 2014-15. Da considerare, nell’interpretazione dei dati, un fattore determinante: il questionario che gli studenti compilano è uguale per tutto l’ateneo e per tutti i corsi, dunque nel caso di ESA non è esattamente corrispondente alle esigenze specifiche della modalità blendend.
A.A. 2013-2014
Nell’ambito della valutazione della didattica del Corso di Laurea triennale in “Educatore Professionale” della Facoltà di Medicina, è stato somministrato il questionario di rilevazione dell’opinione degli studenti frequentanti obbligatorio ai sensi della L.370/99 durante l’anno accademico 2013-2014.
Dai risultati emerge che i soggetti rispondono alla gran parte degli item fornendo delle risposte con punteggio abbastanza alto, salvo in alcuni casi di seguito descritti.
Il questionario, costruito con 26 item, prevede modalità di risposta di gradimento di tipo likert con punteggi compresi tra 1 e 10; lo stesso è stato compilato da un massimo di 116 studenti, i quali hanno fornito per gran parte degli item risposte con valori medio alti o comunque superiori a 7, cut off considerato per identificare una valutazione almeno sufficiente della caratteristica identificata.
Troviamo alcune eccezioni: gli item D9 e D23 ottengono una valutazione media insoddisfacente (circa 6) e sono gli item relativi rispettivamente alla “possibilità di frequentare lo stesso corso se avessero avuto una diversa programmazione didattica”, oppure che riguardano “la conformità delle aule”, rispettivamente con punteggi di media pari a 6.66 (ds 3.95) e 6.41 (ds 4.10).
Gli item D8 (m 5.54, ds 3.97), D16 (m 5.19. ds 4.49), D17 (m 4.63, ds 3.76), D18 (m 4.25, ds 4,78) e D19 (m 4.94, ds 3.86) ottengono una valutazione decisamente insoddisfacente (inferiore a 6) e riguardano la frequenza agli altri insegnamenti, l’utilità delle attività integrative, della disponibilità del docente a chiarimenti e quanto lo stesso fosse presente nel momento in cui lo studente decideva di contattarlo. In tutti questi casi la valutazione effettuata dagli studenti è decisamente bassa; questo aspetto andrebbe curato nel corso di una rivalutazione didattica organizzativa finalizzata ad ottenere la soddisfazione dello studente.
Al contrario le modalità di esame sono definite “chiare” da gran parte degli studenti, come pure “la disponibilità dei docenti al contatto”, che ottengono punteggi che oscillano fra il 9 e il 10.
Stesso discorso riguarda il materiale didattico che viene considerato di ottima qualità e ottiene punteggi molto alti.
L’opinione collettiva degli studenti 2013-2014 è quella di seguire un corso di laurea che fornisce indicazioni utili per sostenere l’esame, il che li spinge probabilmente ad accompagnare alla frequenza delle lezioni una regolare attività di studio.
Di seguito in tabella sono riportate, a titolo esemplificativo, alcune domande tratte dal questionario somministrato (Cfr. tabella 1).
AA 2014-2015
Agli studenti dell’anno A.A. 2014-2015 è stato proposto il medesimo questionario di gradimento dell’anno precedente.
Il numero di risposte fornite va da 9 a 63 per gli item del questionario.
Anche in questo caso gran parte degli item ottengono risposte con valori medio alti o comunque superiori a 7, cut off considerato per identificare una valutazione almeno sufficiente della caratteristica identificata.
Nel caso dell’item D9 (m 6.59, ds 3.96) che valuta la “possibilità di programmare diversamente le attività didattiche” si ottiene in media una valutazione dagli studenti considerata insoddisfacente con un punteggio uguale a 6. Aspetto rimasto immutato rispetto alla valutazione degli studenti fornita per il precedente anno accademico. Le differenze sono da tenere in considerazione esclusivamente per i discostamenti dal corso di laurea in generale.
Se consideriamo gli item D7 e D8 relativi ai docenti e agli insegnamenti, la valutazione da parte degli studenti risulta decisamente insoddisfacente con un valore inferiore a 6, con un punteggio di media rispettivamente di 5.78 (ds 3.55) e 3.33 (ds 2.98). Nel primo caso le valutazioni dei docenti peggiorano rispetto all’anno precedente: i docenti sembrano essere stati meno presenti secondo quanto ritengono gli studenti. Il secondo è relativo alla frequenza di altri insegnamenti la cui valutazione resta inferiore al punteggio 6 e scende ulteriormente rispetto all’anno precedente.
Per quanto riguarda gli item D17, D18 e D19, relativi alla disponibilità del docente a fornire aiuto allo studente in vista dell’esame e per chiarimenti durante l’ora di ricevimento, come anche l’item che valuta eventuali difficoltà nella preparazione dell’esame da “non frequentante”, i punteggi risultano molto bassi, rispettivamente in media di 3.63 (ds 3.22), 3.07 (ds 4.52), 5.26 (ds 3.93), analoghi a quelli dell’anno precedente. Questi punteggi risultano essere piuttosto bassi in media anche rispetto all’andamento delle risposte in generale.
La valutazione dell’utilità delle attività integrative migliora nel corso del tempo: i punteggi non sono più bassi come quelli ottenuti nell’anno precedente.
Anche l’item D23 ottiene una valutazione più positiva rispetto all’anno 2013-2014: gli studenti in questo anno accademico trovano un miglioramento nelle strutture che li accolgono per le lezioni e ne danno una valutazione positiva.
Valutando i punteggi più alti considerati “ottimi”, cioè quelli compresi fra 9 e 10, possiamo riassumere come gli studenti apprezzino le modalità di spiegazione e la disponibilità dei docenti che rimangono analoghe rispetto all’anno passato, in più troviamo una percezione di maggiore qualità dei docenti.
Anche gli orari di svolgimento dell’attività didattica, le conoscenze preliminari utili a comprendere i trattati, la motivazione fornita dal docente e la proporzione del carico di studio ottengono ottime valutazioni da parte degli studenti 2014-2015.
Infine, dalle risposte al questionario, gli studenti appaiono interessati e soddisfatti rispetto agli insegnamenti svolti, come anche motivati a studiare in proprio materiali “aggiuntivi” rispetto alle lezioni proposte dai docenti.
Nel complesso sembrano esserci degli aspetti che rimangono stabili nel tempo o addirittura peggiorano nella valutazione della qualità che ne danno gli studenti e sui quali sarebbe opportuno intervenire. Come ad esempio la valutazione della frequenza di altri insegnamenti, la disponibilità del docente a fornire aiuto allo studente in vista dell’esame e per chiarimenti durante l’ora di ricevimento, come pure le eventuali difficoltà nella preparazione dell’esame permangono nel vissuto dello studente.
Le attività integrative e strutture che li accolgono durante le lezioni sono invece considerate migliorate rispetto all’anno precedente.
Alcuni elementi importanti su cui riflettere riguardano una “distanza” percepita eccessiva tra studenti e docenti. Questo dato dovrebbe stimolare una riflessione accurata e dunque una revisione delle modalità, qualità e quantità dell’interazione didattica.
Elementi fondamentali per il raggiungimento di buoni livelli di soddisfazione rispetto al corso di laurea e per il buon esito del percorso formativo dello studente.
I dati della SUA alla luce delle interviste non standard
Angela Spinelli
La qualità della didattica è una questione che può essere analizzata da più punti di vista, sia di processo sia di prodotto e – in ogni caso – è in stretta relazione con le attività di valutazione che si intraprendono per monitorare e modificare l’offerta formativa, come l’analisi dei dati qualitativi e la contestualizzazione argomentativa svolta dimostrano.
Come dettagliatamente descritto precedentemente, allo stato la norma prevede che, per i corsi di studio universitari, si utilizzino dei questionari di valutazione che hanno per oggetto il corso disciplinare e, contemporaneamente, l’organizzazione complessiva del corso di studio che gli studenti svolgono in modo anonimo a fine corso e che sono la principale fonte di informazione. I dati così ottenuti sono elaborati a livello di ateneo e utilizzati per svolgere attività di analisi e riesame per individuare azioni correttive e migliorative.
Il processo qui descritto in estrema sintesi, ovviamente, non esaurisce le possibilità di analisi e valutazione, ma offre uno sguardo privilegiato perché in uso sul territorio nazionale e perché fa emergere dati comparabili sia in termini di sviluppo temporale del medesimo corso di studio, sia in termini di corsi di studio della medesima classe di laurea ma appartenenti ad atenei diversi[22].
I dubbi metodologici sulla bontà di un approccio valutativo siffatto sono molti, ma non riguardano il tema del presente articolo che analizza i dati riguardanti il Corso di Laurea in Educatore professionale dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, erogato in modalità blended (mix presenza/distanza) dalla Scuola IaD per comprenderne l’evoluzione, il gradimento e le potenzialità che – ad oggi – siamo convinte siano ancora in parte inespresse rispetto all’uso delle nuove tecnologie.
Infatti, una caratteristica unica di questo corso è l’esser svolto in parte in presenza e in parte a distanza, offrendo una soluzione che privilegia studenti-lavoratori e studenti che, seppur giovani e impegnati professionalmente solo in modo parziale, non hanno la possibilità di frequentare. Queste caratteristiche, che sono vincoli progettuali e organizzativi, nel tempo possono trasformarsi in una grande opportunità a patto che le tecnologie che consentono l’interazione didattica comincino ad essere percepite positivamente e maneggiate con crescente sicurezza e consapevolezza sia dai docenti, sia dagli studenti.
Dunque, a corredo del lavoro presentato precedentemente, legato alla valutazione istituzionale del corso, che offre dati di tipo quantitativo comparabili in modalità diacronica si è scelto di approfondire la valutazione degli studenti con delle interviste qualitative di tipo non standard, secondo un approccio di indagine che offre un approfondimento sulla percezione degli studenti e sulla loro esperienza diretta dell’offerta formativa in termini di contenuti e di relazione didattica con i docenti e con gli altri studenti. Allo scopo sono state svolte sei interviste in profondità sia con studenti attivi nelle proposte formative a distanza di tipo sincrono (es.: webseminar) e collaborativo (es.: forum disciplinari), sia con studenti che hanno preferito utilizzare una modalità classica di fruizione, quasi interamente asincrona.
I risultati ottenuti sono abbastanza coerenti con quelli dei questionari, anche se emerge in modo sorprendente una consapevolezza riguardo alla necessità di rispettare tempi autonomi di studio, fruizione dei materiali, interazioni asincrone che non vincolino gli studenti ad orari e appuntamenti obbligatori e prestabiliti; gli studenti che si iscrivono a distanza, infatti, hanno delle caratteristiche specifiche e tendenzialmente ricorrenti: preferiscono rinunciare consapevolmente a qualche livello di interazione (specialmente fra i pari) piuttosto che rinunciare nell’insieme alla possibilità di studiare. Questo è facilmente spiegabile se relazionato al profilo dell’utente medio del corso di laurea in oggetto: tendenzialmente già occupato e non giovanissimo o neo-diplomato.
Gli intervistati, in merito alle aspettative che nutrivano nei confronti del corso già prima dell’iscrizione, hanno dichiarato che sono state mantenute, in alcuni casi con una percezione davvero molto elevata (“ottima”) della percezione dichiarata. Sempre sulla fase di ingresso al corso è da segnalare una diffrazione fra le competenze necessarie per affrontare serenamente il corso e quelle realmente possedute:
che si lavori da soli a distanza è preventivato, anche gli studenti a distanza incontrano difficoltà a seguire, il problema invece è rispetto alla formazione precedente, che non sempre è sufficiente …
Questo dato emerge anche nei questionari di valutazione standard, che evidenziano basse competenze in ingresso per le materie medico-scientifiche. Gli studenti intervistati hanno dichiarato di essere interessati e disponibili ad affrontare moduli extra-curriculari (facoltativi) di compensazione in ingresso per poter affrontare con maggior sicurezza lo studio curriculare.
L’offerta formativa a distanza è giudicata estremamente funzionale ai ritmi e alle necessità di vita di un profilo/studente adulto, occupato, in parte già professionalizzato; nella discussione di come le tecnologie possano potenziare le dinamiche di apprendimento individuale e di relazione didattica con docenti e studenti emerge, però, una contraddizione: se da un lato gli studenti confermano la necessità di avere maggiore disponibilità da parte dei docenti ad un contatto uno ad uno, dall’altro non si dichiarano interamente disponibili a partecipare ad appuntamenti e scadenze fisse di attività sincrone molti a molti.
Aspetti positivi della distanza? È comoda perché chi lavora e ha famiglia diversamente non potrebbe studiare né frequentare e preferisce allungare piuttosto che rinunciare …
Questo elemento è solo in apparenza sorprendente se si guarda alla soglia di partecipazione ai webseminar disciplinari e professionali offerti, che nella maggior parte dei casi non godono di una partecipazione diffusa e costante.
Gli studenti intervistati dichiarano di aver scelto di frequentare un corso di studio a distanza proprio per essere svincolati da appuntamenti di formazione vincolanti dal punto di vista spazio-temporale, pur nella consapevolezza che questo comporta un maggiore sforzo individuale in termini di studio e comprensione del materiale. I materiali didattici offerti, d’altra parte, sono giudicati molto positivamente, specialmente dal punto di vista contenutistico. Discorso leggermente diverso merita, invece, l’organizzazione didattica degli stessi per cui i suggerimenti emersi hanno riguardato in particolare il maggior impiego di prove di verifica in itinere (anche in autovalutazione) individuate come strumenti di mediazione importante fra il corso e lo studio individuale. Altro elemento di cui gli studenti paiono avvertire il bisogno è l’introduzione più capillare di linguaggi e codici alternativi al testo, quali – ad esempio – video-lezioni, filmati, mappe, sempre però pensate in termini di utilizzo individuale e asincrono.
Questa richiesta di potenziamento di un’offerta didattica non collaborativa fa riflettere chi, come la Scuola IaD, da anni è impegnata nella riflessione teorica su questi metodi: gli studenti, infatti, pur comprendendo in termini teorici i vantaggi della collaborazione e della condivisione di spazi di apprendimento e discussione con i docenti e gli altri studenti non si dichiarano completamente disponibili a corrispondere ad una proposta formativa organizzata fortemente in questi termini. Questo è un dato molto importante da considerare ai fini della valutazione e rimodulazione dell’offerta formativa perché, in questo specifico caso, le necessità individuate a livello teorico (e proposte dalla letteratura nazionale e internazionale, nonché dall’evoluzione tecnologica) non sono realmente sentite dagli studenti del corso.
Una alternativa potrebbe essere quella di proporre attività sincrone in momenti tradizionalmente estranei all’attività accademica come la sera e il fine settimana. Questa proposta, emersa durante le interviste, ben si sposa con la richiesta di spendere maggiore attenzione nei confronti delle professionalità e delle esperienze pregresse di cui gli studenti adulti e lavoratori sono portatori, secondo un approccio che da pedagogico si fa andragogico e accoglie le specificità di una parte di studenti che non sono più identificabili con le caratteristiche/variabili tradizionali.
Certamente questo è un tema che esula dalla presente analisi, riguardando maggiormente riflessioni e scelte politiche universitarie, nonostante ciò va sottolineato come necessità e scommessa del corso di laurea che – sebbene non unico – accoglie ormai in modo consolidato questo nuovo profilo studente.
La compilazione della SUA tra mero adempimento e impulso al miglioramento
Sabrina Ficco
Le riflessioni precedentemente riportate e promosse da soggetti a vario titolo coinvolti nel Corso di Educazione professionale (due docenti e un tutor) non avrebbero probabilmente avuto luogo se non opportunamente sollecitate dal faticoso esercizio, ormai triennale, di compilazione della Scheda unica annuale del corso di Studio. In questo senso, appare pertinente l’osservazione di Stefani, la quale osserva che:
(…) il solo fatto di mettere in atto un meccanismo di analisi – monitoraggio – valutazione – feedback, cioè di agire sulle procedure, spinge il sistema verso ulteriori livelli di qualità (…) la qualità non è un concetto statico, bensì un processo dinamico e continuo, essa presuppone una disposizione all’apertura, all’autocritica, una coscienza di sé e delle proprie responsabilità, una volontà costruttiva di miglioramento[23].
La compilazione della Scheda SUA da una parte, infatti, comporta un numero di adempimenti formali continuativi nel tempo e ravvicinati, che prevedono una condivisione di responsabilità da parte dei Coordinatori di corso con il gruppo di AQ e il gruppo di riesame, pena la derubricazione degli stessi a meri adempimenti formali e la degradazione di ogni riflessione avviata sul tema del miglioramento a ulteriore onere, impossibile da realizzare in assenza di risorse aggiuntive di tempo e personale di supporto. In questo senso l’interazione continua tra «gruppi di soggetti che altrimenti opererebbero come federazione di attori diversamente motivati e fortemente indipendenti»[24.Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario, Modello informativo per l’accreditamento Corsi di Studio. Rapporto finale del gruppo di ricerca “Valutazione della didattica e accreditamento”, Roma, 2004, p. 5] promuove l’introduzione di un sistema di regolazione dei comportamenti degli attori volto ad avviare un effetto di «composizione che a sua volta richiede un’adesione sostanziale e non formale a valori quali progettualità, socialità, comunicazione, coordinamento, corresponsabilità»[24].
La riflessione avviata a partire dall’analisi dei dati che la compilazione della SUA CdS impone di analizzare ha promosso in effetti il bisogno di un approfondimento ulteriore, condotto con strumenti non solo quantitativi, delle necessità di un bacino di studenti che si è mostrato caratterizzato da un livello di competenze in ingresso molto basso (come evidenziato dai test d’accesso, obbligatori per il Corso, appartenente alle Professioni sanitarie della riabilitazione) e da carriere che procedono con lentezza e a fatica, come evidenziato dagli indicatori relativi ai dati di percorso degli studenti, che mostrano alti tassi di abbandono soprattutto nel momento delicato del passaggio al secondo anno, un numero medio di crediti conseguiti basso e elevati tassi di inattività degli studenti.
In particolare negli anni 2014 e 2015, in sede di riesame, sono stati individuati interventi correttivi relativi a una migliore calibrazione del carico didattico, a un miglioramento dell’orientamento degli studenti in fase iniziale del percorso, da realizzarsi sia attraverso la promozione di attività sincrone di presentazione e introduzione del corso sia attraverso un monitoraggio costante e attento della progressione didattica degli studenti. Tali iniziative, benché non sufficienti a intercettare gli studenti inattivi e prevenire gli abbandoni, sembrano aver prodotto un netto miglioramento della progressione didattica degli studenti attivi, dato emerso di recente in sede di compilazione del riesame per l’anno 2016.
Ancora, dati di criticità del corso riguardano il numero esiguo di laureati censiti da Almalaurea: anche a questo proposito il gruppo di riesame si è interrogato sulla possibilità di poter integrare forme alternative e metodologicamente diverse di valutazione, attraverso le quali perfezionare le rilevazioni già attuate e conoscere in maniera più approfondita le esigenze insoddisfatte e quelle pienamente soddisfatte di chi abbia già partecipato al percorso, sia in relazione al gradimento dello stesso, sia in relazione alla sua efficacia esterna.
Le riflessioni prodotte in sede di Riesame annuale risultano nei tre anni molto ricche ed articolate in termini di progettualità futura. Non tutte le proposte di miglioramento, tuttavia, sono state ugualmente efficaci o praticabili, anche a causa dell’assenza di risorse umane e materiali aggiuntive su cui ripartire un numero crescente di obiettivi e oneri. A ciò si aggiunga il fatto che le scadenze ravvicinate – e talora serrate – del processo di AQ dei corsi di studio non aiutano a far sì che le proposte di miglioramento possano essere condotte con il necessario livello di approfondimento progettuale e operativo; anzi, gli obiettivi individuati divengono ulteriori adempimenti cui assoggettarsi e il cui mancato raggiungimento nei tempi prestabiliti comporta la produzione di adeguate giustificazioni. Per questo motivo, gli obiettivi di miglioramento possono essere degradati anch’essi a mero adempimento formale di quanto programmato.
Conclusioni
Sulla base dell’esperienza condotta nel corso di laurea in Educazione professionale, sembra di poter affermare che la SUA risulta uno strumento ipercomplesso, talora utilizzato con puro approccio compilativo; tuttavia, nel nostro caso tali adempimenti hanno favorito la promozione di una molteplicità di riflessioni che altrimenti non avrebbero avuto luogo in maniera condivisa.
La possibilità di reperire risorse umane e materiali per realizzare i miglioramenti ipotizzati potrebbe essere seriamente considerata quale utile strumento da affiancare agli adempimenti formali, approccio che consentirebbe anche di considerare gli strumenti di valutazione fuori dalla logica prevalente che li considera quasi esclusivamente in un’ottica statica e “punitiva”.
Al contrario, quali che siano le soluzioni (amministrative, economiche, gestionali) alle questioni che emergono, l’approccio valutativo è l’unico strumento di potenziale miglioramento che un sistema complesso, qual è quello universitario, può utilizzare per la programmazione a breve e medio termine.
Riferimenti bibliografici
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Riferimenti normativi (in ordine cronologico)
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Decreto M.U.R.S.T. del 22 febbraio 1996 Istituzione dell’Osservatorio per la valutazione del sistema universitario
Legge. 19 ottobre 1999, n. 370, Disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tecnologica
Decreto Ministeriale 3 novembre 1999, n.509 Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei.
Decreto Ministeriale 4 aprile 2000, n. 178 Modalità di funzionamento del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario e durata del mandato dei componenti.
Decreto Ministeriale 8 maggio 2001 n. 115 Programmazione del sistema universitario per il triennio 2001-2003.
Decreto 22 ottobre 2004, n.270, Modifiche al regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509.
Legge 24 novembre 2006, n. 286, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria.
Decreto del Presidente Della Repubblica, 1 febbraio 2010, n. 76 Regolamento concernente la struttura ed il funzionamento dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), adottato ai sensi dell’articolo 2, comma 140, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.
Legge 30 dicembre 2010, n. 240 Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario.
Decreto Legislativo 27 gennaio 2012, n. 19, Valorizzazione dell’efficienza delle università e conseguente introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione di risorse pubbliche sulla base di criteri definiti ex ante anche mediante la previsione di un sistema di accreditamento periodico delle università e la valorizzazione della figura dei ricercatori a tempo indeterminato non confermati al primo anno di attività, a norma dell’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240.
Decreto Ministeriale 30 gennaio 2013 n. 47 Decreto autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica.
Decreto Ministeriale 23 dicembre 2013, n. 1059 Autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica Adeguamenti e integrazioni al DM 30 gennaio 2013, n.47.
Sitografia
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- Il New Public Management è uno stile di governance emerso nei primi anni Ottanta definibile come stile di gestione del settore pubblico che, sull’esempio delle pubbliche amministrazioni anglosassoni soprattutto, vuole integrare le pratiche gestionali tradizionali del settore pubblico con stili di gestione orientati al risultato tipici del settore privato. Tale tendenza ha coinvolto anche il settore dell’Istruzione superiore durante gli anni Ottanta e Novanta ha determinato una decisiva ricalibrazione dell’immagine pubblica e del modo in cui le università e le altre istituzioni di higher education definiscono e giustificano la propria esistenza come istituzioni. La tradizionale cultura professionale accademica della ricerca libera convive oggi con la pressione istituzionale sulla performatività dell’istituzione, di cui sono indicatori concreti tutte le pratiche miranti alla misura dei risultati, alla pianificazione strategica, alla performance, al controllo di qualità e all’audit. Per un’efficace sintesi e orientamento sul tema, ricollocato nel contesto specifico delle istituzioni formative (scuola e università) in lingua italiana si veda E. Grimaldi, Discorsi e pratiche di Governance nella scuola, Milano, Franco Angeli, 2010 ↩
- La suggestione di pensare l’istituzione universitaria come Multiversity, come istituzione con più finalità (con l’idea di Multi- in opposizione a Uni-versity) è proposta nel 1963 da Clark Kerr, rettore dell’Università della California. Per “Multiversity” si intende una comunità universitaria che sappia valorizzare le differenze della società su cui va a incidere e sappia rispondere alle mutevoli esigenze culturali ed economiche di un determinato periodo senza perdere una ampia visione di futuro, cfr. A. Balsamo, La “Terza Missione” dell’Università: una via contro la disoccupazione giovanile?, in «Bollettino Adapt», 2014, http://www.bollettinoadapt.it/la-terza-missione-delluniversita-una-via-contro-la-disoccupazione-giovanile/ (accesso ottobre 2015). L’università diventa un’istituzione multi-obiettivo deputata alla formazione dei cittadini (anche permanente), alla produzione di servizi e alla creazione di impresa legata alla scoperta scientifica e tecnologica; cfr. in proposito G. Capano, Una riforma coraggiosa per l’università, Bologna, Il Mulino, 2004. I progetti Crui cui si farà cenno nei passaggi successivi ben si sposano, nelle loro finalità, con questa idea di istituzione universitaria legata al territorio e propensa a creare integrazione culturale e professionale e trasferimento di conoscenza di qualità ↩
- L. Modica e E. Stefani, «L’attività di valutazione della didattica universitaria. L’esperienza della Conferenza dei Rettori», in L. Modica e E. Stefani (a c. di), Valutazione delle attività didattiche universitarie. Le esperienze condotte dalla CRUI, Documenti, Vol. 5, 1997, Roma, CRUI, p. 4, http://web.unicam.it/sgq/documenti/cruival.pdf (accesso ottobre 2015) ↩
- L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca è istituita con la Legge 24 Novembre 2006, n. 286 – Art. 2, c. 138, 139, 140, 141. Il successivo DPR 1 febbraio 2010, n. 76 (Regolamento ANVUR) ne disciplina il funzionamento ↩
- Si vedano in proposito, tra i molti, D. Rizzi e P. Silvestri, La valutazione del sistema universitario italiano: una storia recente, presentato al Convegno “Qualità del processo formativo ed esiti sul mercato del lavoro” Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 16-17 novembre 2001 e A. Masia e M. Morcellini, L’Università al futuro. Sistema, progetto, innovazione, Milano, Giuffrè, 2009 ↩
- A tale proposito, si veda il modello sintetizzato nel documento a cura di R. Mirandola, A. Squarzoni, E. Stefani, M. Tronci, CampusOne: Il modello di valutazione, i primi risultati presentato al convegno “La valutazione : un indispensabile strumento di garanzia e di governance” Roma, 8 ottobre 2003, http://www.crui.it/data/allegati/links/928/Stefani.pdf, p. 8 e il modello, aggiornato e riveduto, in A. Squarzoni ed E. Stefani, Assicurazione della Qualità dei Corsi di Studio universitari: il modello CRUI, Roma, CRUI, 2011, http://www.fondazionecrui.it/pubblicazioni/Documents/valutazione/AQ%20CdS%20universitari%20-%20il%20modello%20CRUI.pdf (accesso a ottobre 2015). Entrambi i modelli prevedono già gli elementi essenziali sui quali si basa attualmente il sistema di valutazione dei corsi di studio, con particolare riferimento agli aspetti di autovalutazione ↩
- Cfr. Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, Rapporto finale sulle attività di valutazione Campus: 1999-2000, Roma, CRUI 2001, p. 27, http://www.crui.it/data/allegati/links/913/rapporto_finale_campus1999_00.pdf ↩
- L.537/93 ↩
- In particolare si fa qui riferimento alle contemporanee innovazioni che incentivano il sistema dei controlli interni introdotte al’inizio degli anni Novanta nella Pubblica Amministrazione. A tale proposito si veda D. Rizzi, P. Silvestri, op. cit., p. 1 ↩
- L’Osservatorio è previsto dall’articolo 5, comma 23, della Legge 24 dicembre 1993 n.53; L’istituzione dell’Osservatorio presso l’allora Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica è avvenuta con il D.M. del 22 febbraio 1996. L’articolo 1 di tale decreto attribuisce all’Osservatorio le finalità di valutare i risultati relativi all’efficienza e alla produttività delle attività di ricerca e di formazione e di verificare i piani di sviluppo e di riequilibrio del sistema universitario ↩
- D. Rizzi, P. Silvestri, op. cit., p. 6 ↩
- Il Comitato Nazionale per la valutazione del sistema universitario è istituito dalla Legge 19 ottobre 1999, n. 370; mentre il successivo il D.M. 178 del 4 aprile 2000 ne regola il funzionamento ↩
- Si veda l’art. 1, comma 2, della L.370/1999 ↩
- D. Rizzi, P. Silvestri, op. cit., p.11 ↩
- Cfr. DM n.115 dell’8 maggio 2001 ↩
- Cfr. documento Miur –Cnvsu n. 12 del 12 luglio 2001 ↩
- Cfr. documento Miur –Cnvsu 17/2001; più in particolare, sui passaggi sin qui descritti relativi agli anni tra il 1999 e il 2004, si veda la dettagliata ricostruzione di A. Masia e M. Morcellini, op. cit., p. 129 e segg. ↩
- Il sistema di Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento è introdotto dalla Legge 240/2010, dal DL 27 gennaio 2012 n. 19 e recepito dal DM 30 gennaio 2012, n. 47, nonché modificato dal DM 23 dicembre 2013, n. 1059 ↩
- M. Regini, G. Capano, M. Rosta, M. Turri, «Conclusioni e nuove sfide», in G. Capano e M. Regini (a c. di), Come cambia la governance: università italiane ed europee a confronto, Roma, Fondazione CRUI, 2015, p. 79 ↩
- Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca, Autovalutazione, valutazione e accreditamento del sistema Universitario italiano, 2013, p.6, http://www.anvur.org/attachments/article/26/documento_finale_28_01_13.pdf (accesso ottobre 2015) ↩
- Cfr. Id., pp. 13-16 e 39–42 ↩
- Sul tema della valutazione degli atenei, dei corsi di studio e della produzione scientifica dei docenti ci sono stati studi, confronti, polemiche e posizioni estremamente complesse e frastagliate. A titolo di esempio si riporta il dibattito comparso sulla rivista «Roars, Return on Accademic Research» (http://www.roars.it/online/), animato molto spesso dalle posizioni del prof. Stefano Semplici dell’Università di Roma Tor Vergata ↩
- E. Stefani, La valutazione della qualità: uno strumento al servizio del sistema universitario, 2003, pp. 9-10, http://www.unive.it/media/allegato/dprog/documenti/campusone/M3_1_Stefani.pdf (accesso ottobre 2015) ↩
- Ibidem ↩
- Il New Public Management è uno stile di governance emerso nei primi anni Ottanta definibile come stile di gestione del settore pubblico che, sull’esempio delle pubbliche amministrazioni anglosassoni soprattutto, vuole integrare le pratiche gestionali tradizionali del settore pubblico con stili di gestione orientati al risultato tipici del settore privato. Tale tendenza ha coinvolto anche il settore dell’Istruzione superiore durante gli anni Ottanta e Novanta ha determinato una decisiva ricalibrazione dell’immagine pubblica e del modo in cui le università e le altre istituzioni di higher education definiscono e giustificano la propria esistenza come istituzioni. La tradizionale cultura professionale accademica della ricerca libera convive oggi con la pressione istituzionale sulla performatività dell’istituzione, di cui sono indicatori concreti tutte le pratiche miranti alla misura dei risultati, alla pianificazione strategica, alla performance, al controllo di qualità e all’audit. Per un’efficace sintesi e orientamento sul tema, ricollocato nel contesto specifico delle istituzioni formative (scuola e università) in lingua italiana si veda E. Grimaldi, Discorsi e pratiche di Governance nella scuola, Milano, Franco Angeli, 2010 ↩
- La suggestione di pensare l’istituzione universitaria come Multiversity, come istituzione con più finalità (con l’idea di Multi- in opposizione a Uni-versity) è proposta nel 1963 da Clark Kerr, rettore dell’Università della California. Per “Multiversity” si intende una comunità universitaria che sappia valorizzare le differenze della società su cui va a incidere e sappia rispondere alle mutevoli esigenze culturali ed economiche di un determinato periodo senza perdere una ampia visione di futuro, cfr. A. Balsamo, La “Terza Missione” dell’Università: una via contro la disoccupazione giovanile?, in «Bollettino Adapt», 2014, http://www.bollettinoadapt.it/la-terza-missione-delluniversita-una-via-contro-la-disoccupazione-giovanile/ (accesso ottobre 2015). L’università diventa un’istituzione multi-obiettivo deputata alla formazione dei cittadini (anche permanente), alla produzione di servizi e alla creazione di impresa legata alla scoperta scientifica e tecnologica; cfr. in proposito G. Capano, Una riforma coraggiosa per l’università, Bologna, Il Mulino, 2004. I progetti Crui cui si farà cenno nei passaggi successivi ben si sposano, nelle loro finalità, con questa idea di istituzione universitaria legata al territorio e propensa a creare integrazione culturale e professionale e trasferimento di conoscenza di qualità ↩
- L. Modica e E. Stefani, «L’attività di valutazione della didattica universitaria. L’esperienza della Conferenza dei Rettori», in L. Modica e E. Stefani (a c. di), Valutazione delle attività didattiche universitarie. Le esperienze condotte dalla CRUI, Documenti, Vol. 5, 1997, Roma, CRUI, p. 4, http://web.unicam.it/sgq/documenti/cruival.pdf (accesso ottobre 2015) ↩
- L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca è istituita con la Legge 24 Novembre 2006, n. 286 – Art. 2, c. 138, 139, 140, 141. Il successivo DPR 1 febbraio 2010, n. 76 (Regolamento ANVUR) ne disciplina il funzionamento ↩
- Si vedano in proposito, tra i molti, D. Rizzi e P. Silvestri, La valutazione del sistema universitario italiano: una storia recente, presentato al Convegno “Qualità del processo formativo ed esiti sul mercato del lavoro” Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 16-17 novembre 2001 e A. Masia e M. Morcellini, L’Università al futuro. Sistema, progetto, innovazione, Milano, Giuffrè, 2009 ↩
- A tale proposito, si veda il modello sintetizzato nel documento a cura di R. Mirandola, A. Squarzoni, E. Stefani, M. Tronci, CampusOne: Il modello di valutazione, i primi risultati presentato al convegno “La valutazione : un indispensabile strumento di garanzia e di governance” Roma, 8 ottobre 2003, http://www.crui.it/data/allegati/links/928/Stefani.pdf, p. 8 e il modello, aggiornato e riveduto, in A. Squarzoni ed E. Stefani, Assicurazione della Qualità dei Corsi di Studio universitari: il modello CRUI, Roma, CRUI, 2011, http://www.fondazionecrui.it/pubblicazioni/Documents/valutazione/AQ%20CdS%20universitari%20-%20il%20modello%20CRUI.pdf (accesso a ottobre 2015). Entrambi i modelli prevedono già gli elementi essenziali sui quali si basa attualmente il sistema di valutazione dei corsi di studio, con particolare riferimento agli aspetti di autovalutazione ↩
- Cfr. Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, Rapporto finale sulle attività di valutazione Campus: 1999-2000, Roma, CRUI 2001, p. 27, http://www.crui.it/data/allegati/links/913/rapporto_finale_campus1999_00.pdf ↩
- L.537/93 ↩
- In particolare si fa qui riferimento alle contemporanee innovazioni che incentivano il sistema dei controlli interni introdotte al’inizio degli anni Novanta nella Pubblica Amministrazione. A tale proposito si veda D. Rizzi, P. Silvestri, op. cit., p. 1 ↩
- L’Osservatorio è previsto dall’articolo 5, comma 23, della Legge 24 dicembre 1993 n.53; L’istituzione dell’Osservatorio presso l’allora Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica è avvenuta con il D.M. del 22 febbraio 1996. L’articolo 1 di tale decreto attribuisce all’Osservatorio le finalità di valutare i risultati relativi all’efficienza e alla produttività delle attività di ricerca e di formazione e di verificare i piani di sviluppo e di riequilibrio del sistema universitario ↩
- D. Rizzi, P. Silvestri, op. cit., p. 6 ↩
- Il Comitato Nazionale per la valutazione del sistema universitario è istituito dalla Legge 19 ottobre 1999, n. 370; mentre il successivo il D.M. 178 del 4 aprile 2000 ne regola il funzionamento ↩
- Si veda l’art. 1, comma 2, della L.370/1999 ↩
- D. Rizzi, P. Silvestri, op. cit., p.11 ↩
- Cfr. DM n.115 dell’8 maggio 2001 ↩
- Cfr. documento Miur –Cnvsu n. 12 del 12 luglio 2001 ↩
- Cfr. documento Miur –Cnvsu 17/2001; più in particolare, sui passaggi sin qui descritti relativi agli anni tra il 1999 e il 2004, si veda la dettagliata ricostruzione di A. Masia e M. Morcellini, op. cit., p. 129 e segg. ↩
- Il sistema di Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento è introdotto dalla Legge 240/2010, dal DL 27 gennaio 2012 n. 19 e recepito dal DM 30 gennaio 2012, n. 47, nonché modificato dal DM 23 dicembre 2013, n. 1059 ↩
- M. Regini, G. Capano, M. Rosta, M. Turri, «Conclusioni e nuove sfide», in G. Capano e M. Regini (a c. di), Come cambia la governance: università italiane ed europee a confronto, Roma, Fondazione CRUI, 2015, p. 79 ↩
- Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca, Autovalutazione, valutazione e accreditamento del sistema Universitario italiano, 2013, p.6, http://www.anvur.org/attachments/article/26/documento_finale_28_01_13.pdf (accesso ottobre 2015) ↩
- Cfr. Id., pp. 13-16 e 39–42 ↩
- Sul tema della valutazione degli atenei, dei corsi di studio e della produzione scientifica dei docenti ci sono stati studi, confronti, polemiche e posizioni estremamente complesse e frastagliate. A titolo di esempio si riporta il dibattito comparso sulla rivista «Roars, Return on Accademic Research» (http://www.roars.it/online/), animato molto spesso dalle posizioni del prof. Stefano Semplici dell’Università di Roma Tor Vergata ↩
- E. Stefani, La valutazione della qualità: uno strumento al servizio del sistema universitario, 2003, pp. 9-10, http://www.unive.it/media/allegato/dprog/documenti/campusone/M3_1_Stefani.pdf (accesso ottobre 2015) ↩
- Ibidem ↩